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Salve Padre Angelo.
Qualche settimana fa ho visto alcuni documentari fatti dagli Avventisti del Settimo Giorno. Il documentario riguardava esclusivamente la festività del Sabato, dunque non ho avuto problemi a vederlo. Mi sono posto la seguente domanda. Esiste un motivo teologico, oltre che storico, del nostro abbandono della festività del Sabato?
So bene che già nelle scritture si accenna a celebrazioni domenicali (“Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa” Gv 20:26 oppure “Fui preso dallo spirito nel giorno del Signore” Ap 1:10), però in effetti non c’è niente che lasci indicare che si deve celebrare la Domenica al posto del Sabato.
In soldoni: perché non celebriamo entrambi i giorni ma solo la Domenica?
Grazie della sua disponibilità.
Dio la benedica.
Manuele
Caro Manuele,
1. abbiamo tre testi nel Nuovo Testamento che fanno riferimento al culto domenicale.
1 Cor 16,1-2: “Riguardo poi alla colletta in favore dei santi, fate anche voi come ho ordinato alle Chiese della Galazia.
Ogni primo giorno della settimana ciascuno di voi metta da parte ciò che è riuscito a risparmiare”.
È vero che non si fa riferimento alla celebrazione del culto né si dice che quanto si è messo da parte debba essere portato nell’assemblea.
Ma è presumibile che sia stato così tanto più che San Paolo chiama la colletta “liturgia”, “servizio sacro” (cfr 2 Cor 9,12).
Inoltre in 1 Cor 11,20 San Paolo fa riferimento al radunarsi insieme per la cena del Signore, soprattutto quella celebrata di domenica, come si vede nel secondo testo che adesso viene presentato.
2. Il secondo testo è di Atti 20,7-12: “Il primo giorno della settimana ci eravamo riuniti a spezzare il pane, e Paolo, che doveva partire il giorno dopo, conversava con loro e prolungò il discorso fino a mezzanotte.
C’era un buon numero di lampade nella stanza al piano superiore, dove eravamo riuniti.
Ora, un ragazzo di nome Eutico, seduto alla finestra, mentre Paolo continuava a conversare senza sosta, fu preso da un sonno profondo; sopraffatto dal sonno, cadde giù dal terzo piano e venne raccolto morto.
Paolo allora scese, si gettò su di lui, lo abbracciò e disse: «Non vi turbate; è vivo!».
Poi risalì, spezzò il pane, mangiò e, dopo aver parlato ancora molto fino all’alba, partì” (At 20,7-12).
Secondo il modo ebraico di computare la giornata questa celebrazione avvenne già nel primo giorno dopo il sabato, che era iniziato dal tramonto del sole.
L’espressione ci eravamo riuniti a spezzare il pane sembra rimandare ad un’esperienza comune.
L’annotazione della presenza di molte lampade non è puramente coreografia, ma lascia intuire che si trattava di una celebrazione che rimanda al trionfo della luce sulle tenebre, al trionfo della vita sulla morte.
Se si tiene presente che in Atti 2,42 si afferma che i credenti erano perseveranti nello spezzare il pane, tutto lascia pensare che questa perseveranza avvenisse soprattutto di domenica.
Inoltre mentre nella narrazione dei miracoli in genere non viene indicato in quale giorno fossero compiuti perché il giorno della settimana non aveva alcuna rilevanza, qui invece viene detto che la risurrezione di Eutico avviene nel primo giorno della settimana, nel giorno memoriale della risurrezione di Cristo. Il che fa capire che proprio nel giorno della risurrezione erano soliti radunarsi per l’eucaristia.
3. Il terzo testo è Apocalisse 1,10 dove Giovanni scrive: “Fui preso dallo Spirito nel giorno del Signore e udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva…”.
Giorno del Signore è la denominazione più bella data a quel primo giorno dopo il sabato.
Signore indica Dio nella sua potenza divina.
Anche gli imperatori romani, proprio perché si consideravano dei, si facevano chiamare Signore, Kyrios.
Nella traduzione greca dell’Antico Testamento detta dei LXX (settanta) il nome Signore (Kyrios) traduce più di 6.000 volte la dicitura Jahwè Adonai o Eloim.
Ora con molti segni Cristo ha manifestato in maniera inequivoca la propria divinità. Ma il segno più grande senza dubbio è la sua risurrezione dai morti per una vita nuova, immortale, gloriosa e incorruttibile.
Ecco la motivazione teologica che tu vai cercando.
4. Di quel medesimo tempo (seconda metà del primo secolo) abbiamo uno scritto importante, che non fa parte del Nuovo Testamento, sebbene gli sia contemporaneo, la Didachè nella quale si legge: “Nel giorno del Signore, riuniti, spezzate il pane e rendete grazie dopo aver confessato i vostri peccati” (13,1).
Certamente il giorno del Signore è il giorno in cui il Signore è risorto, la domenica di Pasqua, ma indica anche il giorno memoriale della risurrezione del Signore.
Interessante anche che nella Didachè si dica di confessare i propri peccati. Questo fa riferimento a quanto dice San Paolo: “Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna” (1 Cor 11,28-29).
5. Un’ulteriore testimonianza la troviamo nella lettera di Barnaba: “Per questo noi trascorriamo l’ottavo giorno nella gioia, perchè in questo giorno Gesù risorse dai morti e, dopo essere apparso visibile, salì ai cieli” (Epistola di Barnaba 15, 9).
6. Pertanto se non c’è alcuna indicazione esplicita che asserisca che il culto domenicale debba sostituire quello del sabato, tuttavia di fatto fu così.
Ora la Sacra Tradizione, che è un rivo essenziale della Divina Rivelazione, si esprime anche attraverso i fatti e la consuetudine di vita della Chiusa primitiva.
Questa prassi è probante soprattutto perché è caratteristica di tutte le comunità cristiane, dovunque e da sempre (quod ubique, quod ab omnibus, quod a semper creditum est: ciò che dappertutto, ciò che da tutti, ciò che da sempre è stato creduto).
Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo