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Quesito

Caro padre Angelo,
Tra un mese dovró iniziare il terzo anno di scuola superiore, un anno interessante e all’insegna della scoperta della filosofia…mi so imbattendo in questi giorni nello sfoglio del libro di filosofia e non pensavo che gli autori facessero di Sant’Agostino una perfetta fonte di dottrina luterana e protestante….. io mi sono imbattuto molte volte in Sant’Agostino…. le sue opere sono interessanti e sapevo già che egli considerasse gli uomini una massa dannata…ma come ho capito da ciò che è stato scritto dal libro di filosofia Sant’Agostino considerare il peccato originale un qualcosa di ancora operante, e non distrutto dal battesimo come io pensavo, e come io ho capito per Sant’Agostino la massa umana rappresentata da Adamo ha già scelto nel primo peccato , nella persona stessa del primo uomo, la strada della perdizione, e quindi saremmo tutti destinati alla dannazione avendo già scelto di dannarci nella persona di Adamo con il peccato originale…..ora Dio avrebbe predestinato alcuni alla salvezza, per sua grazia, per motivi imperscrutabili, mentre gli altri sono destinati alla dannazione…..ma ora ciò che viene da chiedermi è: la libertà dell’uomo, il suo libero arbitrio… dove lo mettiamo?…non. Credo proprio eh vi sia posto in questo ragionamento è cosa di più grave sto convincendomi che Sant’Agostino davvero sia il precursore della dottrina protestante…. padre se non fosse così allora Pelagio non sarebbe un eretico…..o sbaglio? Mi illumini padre affinché davvero possa considerare Sant’Agostino un padre della chiesa , sì, ma cattolica non luterana…
grazie per la risposta che mi darà e mi parli per favore anche di Pelagio… più nello specifico della discussione e della lotta di Sant’Agostino contro questa eresia.
Grazie padre e scusi se in alcuni punti abbia rimarcato e ripetuto concetti già esposti.
Giuseppe


Risposta del sacerdote

Caro Giuseppe,
1. va premesso che Sant’Agostino è stato un grande nella storia del pensiero filosofico e molto più all’interno della teologia.
È considerato uno dei quattro grandi padri della Chiesa occidentale, insieme con Ambrogio, Girolamo e Gregorio Magno.
Ma il pensiero di Agostino non s’identifica in tutto con quello della Chiesa.
Tuttavia a proposito dell’oggetto della tua mail mi piace ricordare che è stato definito il doctor gratiae (il dottore della grazia).

2. Per il peccato originale va riconosciuto che Sant’Agostino è stato il primo a elaborare in maniera chiara e netta il carattere di colpa che ricade su tutti gli uomini partendo dall’espressione di San Paolo “nel quale tutti hanno peccato” (in quo omnes peccaverunt).
La dizione “peccato originale” è entrata nella tradizione cristiana proprio con Sant’Agostino.
In forza di questo peccato l’umanità è “massa perditionis” o “massa damnata” (Sermone 26,13; La città di Dio 21,12) perché si trasmette come eredità infettiva o difettiva (pena del peccato) e assoggetta l’uomo al peccato, all’ignoranza e alla morte, sebbene non privi l’uomo di essere ad immagine divina.
Il peccato originale si accompagna ad uno stato di rottura dell’amicizia con Dio.
Viene rimesso nel Battesimo, ma l’uomo continua ad essere segnato dalle conseguenze di tale peccato, in particolare dalla concupiscenza della carne.
Sul modo della trasmissione del peccato originale la Chiesa non ha sposato il pensiero di Agostino secondo il quale avverrebbe per via generativa e non già per propagazione.

3. Per quanto concerne la grazia e la dottrina della predestinazione va tenuto presente che il pensiero di Sant’Agostino ha subito un’importantissima evoluzione.
Il mutamento più caratteristico concerne proprio il concetto di predestinazione.
Dio secondo i suoi imperscrutabili disegni e a prescindere dalla cooperazione alla grazia dei singoli avrebbe deciso di salvare una determinata parte degli uomini mentre avrebbe lasciato altri alla perdizione.
Mentre i primi li porta infallibilmente alla salvezza indipendentemente dai loro meriti posteriori che sono unicamente dono della grazia di Dio, i dannati li abbandona alla perdizione.
Questo abbandono non è da intendersi in nessun modo come un’azione attiva di Dio, come avviene per coloro che si salvano, ma nel senso che Dio permette che si dannino. Si comporterebbe con loro in maniera passiva.
E questo perché secondo Sant’Agostino l’azione della grazia è “irresistibile”  sicché raggiunto un uomo lo porta infallibilmente alla salvezza.
A dire il vero Agostino non usa mai la parola “irresistibilità”. Dice però che la grazia è “efficacissima, è “semper invicta” (mai vinta) (Enchiridion 95, 102).
A proposito dei dannati Sant’Agostino parla, sì, di “predestinati alla perdizione eterna”, ma non parla mai – a differenza di Calvino – di una predestinazione al peccato.

4. Fatte queste premesse, l’affermazione di san Paolo secondo il quale “Dio vuole che tutti gli uomini si salvino” (1 Tm 2,4) viene intesa da Sant’Agostino in maniera abbastanza singolare, per non dire artificiosa e insostenibile.
Dice infatti che va intesa così: Dio vuole salvare quelli che ha deciso di salvare, oppure che salva tra tutte le categorie degli uomini, tra i re, tra le persone comuni, tra i nobili e gli ignobili, tra i dotti e gli ignoranti, oppure che Dio porta a volere che tutti gli uomini si salvino.
Sicché la volontà salvifica generale di Dio non sarebbe generale, ma limitata.

5. Questo pensiero di Agostino fu subito combattuto all’interno della Chiesa, in modo particolari dai monaci di Marsiglia. Essi erano certamente contrari al pensiero di Pelagio, ma non concordavano con la soluzione di Agostino che ritenevano incompatibile con la Sacra Scrittura e che portava ad un grave pericolo per la vita morale, insinuando una specie di fatalismo.
Cassiano nelle Collactiones Patrum definisce questo pensiero di Agostino “ingens sacrilegium”, un ingente o enorme sacrilegio.
Sant’Agostino si difenderà con lo scritto sulla predestinazione dei Santi e sul dono della perseveranza scritti poco prima della sua morte.

7. Indubbiamente queste affermazioni potevano essere sfruttate da Lutero e dai suoi per parlare della doppia predestinazione e anche per negare la libertà morale nell’uomo.
Per questo nel tuo libro di filosofia la dottrina di Lutero, che era un monaco appartenente all’ordine degli agostiniani, in maniera troppo spiccia si è voluto agganciare Lutero ad Agostino, per il quale invece la grazia consiste in una partecipazione alla natura divina e non semplicemente in una benevolenza esterna che lascia l’uomo nella sua corruzione di peccatore, come affermano i protestanti.
Sant’Agostino dice che “se Dio si umiliò fino a farsi uomo, fu per elevare l’uomo fino a farlo Dio” (Sermone 166). E precisa: lo fa Dio “deificandolo con la sua grazia, poiché nel giustificarlo lo deifica facendolo figlio di Dio e, perciò stesso, Dio”.
Ora quest’opera indubbiamente è tutta frutto dell’azione preveniente di Dio (ecco la grazia preveniente) che l’uomo accoglie liberamente non con le sole proprie forze, ma perché soccorso dalla grazia di Dio.

8. Questo Lutero lo disse contro i pelagiani, secondo i quali l’uomo può giungere alla perfezione senza l’aiuto della grazia, con le sole proprie forze, e contro i semipelagiani che legavano l’accoglienza della grazia alla buona volontà dell’uomo.

9. Certo in Sant’Agostino rimane un’ombra sul concetto di predestinazione e sulla volontà salvifica di Dio, che di fatto sarebbe limitata.
Quest’ombra è stata sfruttata unilateralmente dai protestanti per giungere alle loro eretiche conclusioni.

10. Pertanto sant’Agostino, il doctor gratiae, è padre della Chiesa cattolica e non della Chiesa luterana.
Sebbene sulla grazia non abbia detto tutto (la teologia andrà avanti su questo punto soprattutto per opera di San Tommaso) e sebbene nel suo pensiero vi sia anche qualche ombra, tuttavia Sant’Agostino rimane il primo a parlarne e a porre le premesse di discussioni che andranno avanti anche dopo di lui, soprattutto nelle dispute “de auxiliis” tra domenicani e gesuiti nelle quali i domenicani, con l’aiuto di Sant’Agostino, accusavano i gesuiti di essere semipelagiani.
Personalmente ho conosciuto degli ottimi gesuiti i quali riconoscevano con me la fondatezza del pensiero dei domenicani.

11. Chiedi infine qualche cosa su Pelagio.
Pelagio era un monaco laico, molto colto, probabilmente oriundo della Britannia, che visse a Roma verso la fine del IV secolo. Godeva di grande ascendenza fra i fedeli di quella città.
A lui si unì un altro monaco laico, Celestio, più intransigente, che prima era stato avvocato.
Questo due monaci confidando troppo nella forza della volontà che poterono sperimentare nella loro vita ascetica e monastica riconobbero nell’uomo anche dopo il peccato originale la piena capacità di operare il bene e persino di mantenersi immune dal peccato (impeccantia).
La dottrina pelagiana incontrò opposizione quando i suoi autori, in seguito all’invasione gotica del 410, si rifugiarono da Roma a Cartagine.
Pelagio ripartì presto da Cartagine alla volta della Palestina.
Celestio invece chiese di essere ordinato sacerdote, ma fu accusato di eresia da parte del diacono Paolino di Milano, che si era trasferito in Africa, e siccome rifiutava di ricredersi, il sinodo di Cartagine del 411 lo scomunicò.
Gli vennero imputate proposizioni erronee riguardanti il peccato originale e la naturale attitudine dell’uomo a operare il bene.
Gli errori principali furono questi due: Adamo, creato mortale, sarebbe morto anche senza il peccato (proposizione 1) e che l’uomo può vivere senza peccato e osservare con facilità i comandamenti di Dio (proposizione 5).
Il Concilio di Cartagine del 418, al quale parteciparono più di 200 vescovi, ratificò la condanna di questi e altri errori.

Ti ringrazio per la paziente attesa della risposta.
Ti auguro ogni bene per i tuoi studi e per il tuo futuro, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo