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Quesito

Caro Padre,
Vorrei porle un quesito, come da oggetto, sulla balneazione di massa. Nel libro dello scrittore cattolico Rino Cammilleri, "Vita di Padre Pio", si dice che il Santo era contrario ad essa quando fu introdotta (infatti iniziò durante il fascismo, quindi ai suoi tempi).
La lettura di questo passo del libro mi ha portato a riflettere. Questa usanza ormai consolidata nel popolo italiano presenta in effetti degli inconvenienti: il fatto di dover stare in costume, al mare, può portare a pensieri non proprio innocenti…
Lei cosa ne pensa della questione?
La saluto e come sempre le assicuro le mie preghiere e il ricordo nella Messa
Lorenzo


Risposta del sacerdote

Caro Lorenzo,
il problema che tu mi poni è senza dubbio complesso e legato al comune senso del pudore.
Ti riporto solo un passo di quanto ho scritto nelle mie dispense scolastiche. Ma puoi trovare indirettamente la risposta alla tua domanda.
 
La nudità, quando è uscita dalle mani di Dio, non era impudica. Lo è diventata dopo il peccato originale.
Essa, soprattutto quando è finalizzata a mettere in mostra gli organi sessuali (esibizionismo), suscita la veemenza delle passioni, ravviva la fantasia, stimola a pensare o a desiderare il corpo altrui in termini strumentali.
Sotto questo aspetto, evidentemente, è impudica. E lo è talvolta, in maniera ancora più forte, quando si copre di quei veli che servono soltanto ad acuire il desiderio libidinoso.
Di fronte a questo, come si è visto, la persona reagisce col pudore.
G. Campanini scrive: “Il pudore è il rifiuto di presentarsi agli altri totalmente risolti nella propria corporeità, di apparire e di essere per l’altro tutto e solo corporeità, offerta totalmente senza veli e senza misteri, a uno sguardo che non sia reso lucido e comprensivo dell’amore.
Il pudore, costituisce un invito a ricercare – dietro lo stimolo rappresentato dall’incompleto svelamento della corporeità e da una sfera di silenzio e di segreto – il mistero racchiuso, al di là del corpo e insieme con esso, nell’essere” (Dizionario enciclopedico di teologia morale, voce pudore, p. 866).
Tuttavia non davanti a qualsiasi nudo si provano tali reazioni. Presso certe tribù tropicali è praticato un nudismo naturalistico, che solitamente non genera fastidi, a meno che non vengano fissate le parti genitali con intenzione strumentale. In questo caso, dicono gli etnologi, chi è “guardato” reagisce occultando la propria nudità.
Un fenomeno analogo succede per l’abbigliamento, soprattutto di quello usato per la balneazione e per lo sport. È un fatto, ad esempio, che nelle spiagge viene meno il senso della vergogna, mentre al contrario suscita scandalo chi con quell’abbigliamento va per le strade, nelle scuole, in chiesa e in qualunque altro luogo pubblico.
Così pure diversa è la reazione di fronte alla nudità di un’opera d’arte da quella esibita nella pornografia.
Max Scheler, uno dei più acuti pensatori moderni sul tema del pudore, ha scritto: “Possiamo paragonare il pudore addirittura ad una fine paura che circonda e bagna il corpo umano… Quest’aura mi sembra che gli scultori greci, nelle più significative rappresentazioni dell’Afrodite, l’abbiano espressa con arte impareggiabile: come se il loro rispettoso senso osasse rappresentare nuda la dea solo perché essi nello stesso tempo, sentivano in se stessi la possente forza dell’anima di dissimulare, agli occhi del volgo, la sua nudità mediante la perfetta rappresentazione di quell’avvolgimento quasi palpabile di pudore, in un modo assai più profondo di quanto non lo consentisse un qualsiasi rivestimento” (Pudore e sentimento del pudore, p. 44).
Lo stesso discorso vale per competizioni sportive in cui si usano abbigliamenti che susciterebbero scandalo se usati in altro contesto.
La spiegazione va ricercata nel fatto che in certe situazioni si realizzano finalità o valori che assorbono il senso del pudore. Ci si trova dinanzi ad un motivo nuovo che, dirigendo l’attenzione altrove, impedisce che essa si lasci attrarre dalla concupiscenza.
Quando si ammira un’opera d’arte, non è la nudità che “primo et per se” balza all’attenzione. C’è un valore che vi è custodito e che da essa traspare, per cui la persona, a contatto con una realtà adeguata alla sua dignità, si trova a suo agio, o comunque non prova disagio. Infatti qui la persona non si sente avvilita, strumentalizzata, ma piuttosto esaltata per la bellezza dei valori espressi. Questo fa capire come la nudità non si identifichi semplicemente con l’impudicizia. Vi sono infatti circostanze in cui la nudità non è impudica. E ciò avviene quando funzioni oggettive (sport, balneazione, arte, prestazioni mediche ed infermieristiche…) lo esigono.
Come vi sono manifestazioni affettive così cariche di significato personale da assorbire il pudore, così si danno situazioni oggettive capaci di non far sentire imbarazzo per la totale o parziale nudità.
Pertanto cessa il pudore all’interno di un rapporto coniugale perché gli organi genitali non sono dissociati dall’insieme della corporeità umana, anzi della persona che si fa dono.
Gli organi genitali vengono occultati invece quando possono essere intesi come semplici organi fisici ed evacuatori. Come tali provocano una sensazione di disgusto. Scrive Scheler: “Con queste disposizioni la natura stessa pone, per così dire, l’alternativa: o pudore o disgusto… Essa in tal modo preclude all’impudicizia l’accesso ai giardini dove sboccia la vita, affidando in un certo senso alla nausea il compito di tener lontani coloro che vi si accostano senza pudore” (Ib., p.105).
Se poi qualcuno intende approfittare anche della parziale nudità altrui per guardarlo in maniera strumentale, lo si dovrà imputare non a motivi oggettivi, ma a una sua personale deviazione o depravazione.
Con questo appare ancor meglio delineata la funzione del pudore. Esso interviene a proteggere il significato di gesti e di azioni suscettibili di intenzioni e interpretazioni non univoche, ma ambigue, in modo tale da annullare i fraintendenti.

Ti ringrazio per le tue preghiere e per il ricordo nella Messa. Ci tengo molto.
Prometto di fare altrettanto per te. Ti benedico.
Padre Angelo