Questo articolo è disponibile anche in:
Italiano
Quesito
Caro Padre Angelo,
Molti auguri per il nuovo anno nella speranza di trovarla bene.
Mi capita spesso di interrogarmi su quale misura di carità si debba usare nell’esprimere il proprio giudizio rispetto a personalità pubbliche, o istituzionali.
Non so se avrà tempo e modo di rispondere, ma anche in questo caso mi contenterei della più semplice delle risposte, anche perché qui la confusione mi deriva dall’aver letto troppo. Si tratta di una serie di comportamenti in cui peraltro mi capita di cadere spesso e a cui purtroppo per anni non ho prestato alcuna attenzione.
1. Quale è la materia grave della detrazione? Qualcuno dice: un peccato grave occulto. Qualcun altro dice: un difetto grave occulto. C’è tanta differenza. Nel secondo caso, dire per amore di conversazione che un cantante è stonato o che uno studioso è impreparato sarebbe grave. Sarebbero forse gravi anche tutte le recensioni negative che si fanno di libri, film, ristoranti e simili.
2. Fino a che punto è lecito, senza un grave motivo (che non c’è praticamente mai), esprimere i propri sospetti o riportare giudizi negativi altrui, precisandolo? Alcuni sembrano non fare differenza tra una cosa detta in forma dubitativa o meno. Ma i propri dubbi spesso si esprimono sperando di essere confutati.
3. Chi non ha ancora restituito la fama, ammesso che sia possibile, ma ne ha il proposito anche tenue e implicito, può dirsi in grazia se assolto in confessione?
Mi scuso se le faccio tante domande. Potrà pensare che sarebbe meglio le facessi di persona a chi conosco. Ma, come vede, cerco di tenerle in astratto. Purtroppo, mentre sulla spiritualità personale posso trovare molto appoggio in tante persone, sacerdoti e non, sulla dottrina questo non è facile. Per esempio, dell’obbligo di restituzione ho appreso solo leggendo.
Un caro saluto e una preghiera per lei con una intenzione particolare per l’Ordine dei predicatori nella provincia di Alessandria, che, da lontano, mi è cara per motivi familiari e nel ricordo di san Pio V.
Giulio
Risposta del sacerdote
Caro Giulio,
1. credo che non sia possibile una casistica fatta in maniera astratta perché qui si tratta di fatti concreti nei quali sono da tenere presenti tutte le cosiddette circostanze morali, che sono sette.
Infatti, a proposito dei peccati gravi e occulti, talvolta potrebbe essere necessario rivelarli qualora compromettessero il bene comune.
2. La stessa cosa vale anche per i difetti occulti: ci sono difetti di ordine naturale che ordinariamente non sono colpevoli.
Altre volte, soprattutto se possono nuocere ad altri, potrebbe essere doveroso denunciarli.
3. Inoltre va tenuto presente che nelle conversazioni amichevoli o familiari ci si comunica la propria opinione su determinati eventi o su determinate affermazioni.
È lecito e anche doveroso confrontarsi con gli altri. Quante volte capita di dover correggere le proprie impressioni!
4. Evidentemente tutto deve essere fatto in un contesto di carità e non di disprezzo verso le persone.
Un conto è disapprovare un errore o un comportamento, mentre un altro conto è il disprezzo per la persona.
5. Come vedi, conviene tenere la regola aurea data dalla Sacra Scrittura che comanda in generale di non essere maldicenti, senza scendere a dettagli.
San Paolo annovera anche i maldicenti tra quelli che non erediteranno il Regno di Dio: ““O non sapete che gli ingiusti non erediteranno il Regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il suo Regno” (1 Cor 6,9-10).
La nuova traduzione al posto di maldicenti scrive calunniatori. Il greco “loidoroi” significa ambedue le cose. Tuttavia calunniatori è riduttivo rispetto a maldicenti. La parola latina “malédici” significa maldicenti.
Evidentemente non lo erediteranno se non si pentono.
6. Mi pare che sia sufficiente dire quanto afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica:
“Il rispetto della reputazione delle persone rende illecito ogni atteggiamento ed ogni parola che possano causare un ingiusto danno. Si rende colpevole:
– di giudizio temerario colui che, anche solo tacitamente, ammette come vera, senza sufficiente fondamento, una colpa morale nel prossimo;
– di maldicenza colui che, senza un motivo oggettivamente valido, rivela i difetti e le mancanze altrui a persone che li ignorano;
– di calunnia colui che, con affermazioni contrarie alla verità, nuoce alla reputazione degli altri e dà occasione a erronei giudizi sul loro conto” (CCC 2477).
7. Per la terza domanda che mi hai posto la risposta è chiaramente affermativa.
Ti ringrazio per la preghiera per me e anche per l’Ordine dei Predicatori (domenicani) al quale appartengo.
Con il desiderio che questa preghiera sia perseverante perché “molto giova la preghiera del giusto fatta con insistenza” (Gc 5,16) ti benedico e contraccambio volentieri la mia.
Padre Angelo