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Quesito

Egregio Padre Angelo,
Vorrei porle un quesito, per così dire, etico.
Spesso noi credenti ci troviamo a pregare per la conversione di una persona cara, o a consigliare a un amico, a un parente, di lasciare certi ambienti e certe compagnie. Ora, mi chiedo: non è un po’ fariseo pregare per il nostro caro e non per le persone con cui commette peccato (ad esempio, che so, un giovane che si droga con altri ragazzi suoi amici, o che vive in un ambiente di vita libertino), o, anche se si prega per loro, non lo si fa certo con la stessa intensità, amore e fervore con cui lo si fa per il proprio caro? E quando si consiglia a una persona di lasciare certe compagnie con cui vive lontano da Dio, ma anche solo da una vita retta, non si è ingiusti e parziali verso le suddette “compagnie”?
Come fa un credente a essere giusto in questi casi?
Soprattutto la preghiera per la conversione chiede tanto impegno interiore, è difficile riuscire a farla per molte persone e, anzi, spesso si ha la tendenza ad avercela con le “cattive compagnie” che “guastano” il proprio caro, senza per questo voler giudicare le singole persone. Si pensi al caso di una donna tradita che prega per il ritorno e la conversione del marito affinché sia libero dalle seduzioni di un’altra donna o a dei genitori il cui figlio viene trascinato a rovinarsi la vita, ad esempio se frequenta giri malavitosi oppure anche solo semplicemente ragazzi maleducati o vandali. In entrambi i casi, come in molti altri, per di più, queste persone vanno con le “cattive compagnie” liberamente, nessuno certo glielo impone. Pertanto come fa un credente a essere imparziale?
Grazie e spero di non aver posto una domanda sciocca, che nasce dal fatto che io vorrei riuscire ad amare tutti con lo stesso amore con cui Dio ama tutti, ma devo fare i conti con la mia sensibilità naturale (peraltro molto accentuata), con l’affetto, i legami ecc.
Un caro saluto, e una preghiera per la Sua opera meritoria, che spero vorrà ricambiare per me.
Grazie.
Alessia


Risposta del sacerdote

Carissima, 
1. non è farisaico pregare anzitutto per i nostri cari.
È un’esigenza del cuore. Anzi, è un dovere.
Con i nostri cari abbiamo dei vincoli, dei legami. In altre parole, abbiamo dei doveri.

2. Come abbiamo doveri di ordine materiale, così abbiamo anche doveri di ordine spirituale.
È vero che dobbiamo amare tutti, ma per qualcuno abbiamo dei doveri di giustizia che non abbiamo per altri.
Il Signore non ci chiede di essere imparziali. Ci chiede invece di prendersi cura dei nostri cari se sono malati, provvedere alle loro necessità, assisterli.
Sono dei doveri dei genitori verso i figli, dei figli verso i genitori, dei fratelli verso le sorelle, verso i congiunti che non abbiamo nei confronti degli altri.

3. Ecco che cosa si legge nelle Sacre Scritture: “Se poi qualcuno non si prende cura dei suoi cari, soprattutto di quelli della sua famiglia, costui ha rinnegato la fede ed è peggiore di un infedele” (1 Tm 5,8). 
“Dunque si deve avere una carità maggiore verso i congiunti”, conclude San Tommaso (Somma teologica, II-II, 26, 7, sed contra).
Il motivo per cui vanno amati per primi i genitori è questo: dopo Dio sono i primi a darci l’esistenza.

4. Gesù ha detto di amare il prossimo come se stessi. 
Dunque il primo amore lo dobbiamo a noi stessi e a quelli che con noi costituiscono un solo corpo e un solo cuore, come avviene in una famiglia.

5. Questo amore perdura anche qualora si uscisse dalla propria famiglia perché si sposa o per qualunque altro motivo.
Dice la Sacra Scrittura: “Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia, non contristarlo durante la sua vita. Anche se perdesse il senno, compatiscilo e non disprezzarlo mentre sei nel pieno del vigore… Chi abbandona il padre è come un bestemmiatore, chi insulta la madre è maledetto dal Signore” (Sir 3,12-13; Sir 3,16).
E anche: “Il Signore vuole che il padre sia onorato dai figli, ha stabilito il diritto della madre sulla prole. Chi onora il padre espia i peccati, chi riverisce la madre è come chi accumula tesori. Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli, sarà esaudito nel giorno della sua preghiera. Chi riverisce suo padre vivrà a lungo; chi obbedisce al Signore dà consolazione alla madre” (Sir 3,2-6).

6. Non va dimenticato che i nostri cari sono le prime persone che il Signore ci ha affidato perché noi le custodiamo per la vita eterna.
Certo, l’amore per i nostri cari non è esclusivo ma si dilata nell’amore del prossimo, soprattutto dei più bisognosi.
E come avviene nell’ordine materiale, così deve avvenire anche in quello spirituale, cominciando dalla preghiera.

7. Ed è proprio per questo che il Signore ci insegna a pregare dicendo: “Padre nostro” e non “Padre mio”. Sottintendendo con questo che tutto quello che noi chiediamo per noi stessi e per i nostri cari, lo domandiamo contemporaneamente per tutti, nemici compresi.
Ciò non esclude che anche all’interno del nostro prossimo si debba pregare in modo speciale e non soltanto generico anche per alcune persone come ad esempio per coloro che sono costituiti in autorità. Per questa San Paolo dice: “Raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità” (1 Tm 1-4).

8. Non va dimenticato infine che Gesù Cristo ha pregato per alcuni in particolare, come ad esempio per San Pietro: “Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercati per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga meno. E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli” (Lc 22,31-32).
E ancora: “Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi” (Gv 17,9).
Ti auguro ogni bene, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo