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Quesito
Caro Padre Angelo,
in caso di evento bellico, è lecito sacrificare la vita come in questo esempio: un soldato si fa esplodere per ottenere l’uccisione di uno o più nemici?
Cosa dice la morale cristiana, la quale ammette la legittima difesa?
Mi ricordi nelle sue preghiere come sto facendo io.
Ave Maria
Leonardo
Risposta del sacerdote
Caro Leonardo,
1. non sunt facienda mala ut eveniant bona, vale a dire: non si può mai fare il male a fin di bene.
In altre parole, il fine buono non giustifica i mezzi cattivi.
Lo ricorda anche San Paolo in Rm 3,8: “E non è come alcuni ci fanno dire: «Facciamo il male perché ne venga il bene»; essi ci calunniano ed è giusto che siano condannati”.
2. Perché un’azione sia buona è necessario innanzitutto che sia buona in se stessa e non soltanto nelle sue motivazioni.
Dice Sant’Agostino: “Quanto agli atti che sono per se stessi dei peccati (cum iam opera ipsa peccata sunt), come il furto, la fornicazione, la bestemmia, o altri atti simili, chi oserebbe affermare che, compiendoli per buoni motivi (causis bonis), non sarebbero più peccati o, conclusione ancora più assurda, che sarebbero peccati giustificati?” (Contra mendacium, VII, 18).
3. Ora, come insegna la Chiesa e come riconosce anche la retta ragione, vi sono azioni che sono intrinsecamente cattive che non possono mai diventare oneste con la giustificazione di un fine buono.
Tra queste azioni intrinsecamente cattive vanno annoverate quelle indicate dal Concilio Vaticano II quando scrive: “Omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario; tutto ciò, che viola l’integrità della persona umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, gli sforzi per violentare l’intimo dello spirito; tutto ciò, che offende la dignità umana, come le condizioni infraumane di vita, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni del lavoro con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno, e non come persone libere e responsabili” (Gaudium et spes, 27).
4. Inoltre in guerra l’obiettivo non può essere quello dell’uccisione del nemico.
È lecito disarmarlo, renderlo inoperante. Talvolta, a motivo della persistenza e dell’ostinazione dell’aggressore, si potrà tollerare che venga ucciso nel tentativo di disarmarlo. Ma l’uccisione diretta per il semplice motivo che si tratta di un nemico non è mai lecita.
5. Giovanni Paolo II in Veritatis splendor ha detto: “Se è lecito, talvolta, tollerare un minor male morale al fine di evitare un male maggiore o di promuovere un bene più grande, non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene (cfr. Rm 3,8), cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali” (VS 80).
6. Questa dottrina della Chiesa si trova esposta anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica: “Un’intenzione buona (per esempio, aiutare il prossimo) non rende né buono né giusto un comportamento in se stesso scorretto (come la menzogna e la maldicenza). Il fine non giustifica i mezzi. Così, non si può giustificare la condanna di un innocente come un mezzo legittimo per salvare il popolo” (CCC 1753).
7. “È quindi sbagliato giudicare la moralità degli atti umani considerando soltanto l’intenzione che li ispira, o le circostanze (ambiente, pressione sociale, costrizione o necessità di agire, ecc.) che ne costituiscono la cornice. Ci sono atti che per se stessi e in se stessi, indipendentemente dalle circostanze e dalle intenzioni, sono sempre gravemente illeciti a motivo del loro oggetto; tali la bestemmia e lo spergiuro, l’omicidio e l’adulterio. Non è lecito compiere il male perché ne derivi un bene” (CCC 1756).
Con l’augurio di un felice proseguimento delle feste pasquali, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo