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Buonasera padre Angelo,
le volevo chiedere se era lecito inserire il nome del confessore nella formula di assoluzione sacramentale (ad es. “E io Angelo ti assolvo..”). L’ ho sentito fare da alcuni sacerdoti che mi conoscevano.
Grazie per il suo prezioso servizio.
Dio la benedica.
N.


Carissimo,
1. di per sé non è lecito.
Se la Chiesa non lo prevede vuol dire che ci sarà un buon motivo.

2. Sottolineare il proprio nome dà l’idea di ricevere il perdono di un uomo.
Ma quando il sacerdote dice “Io ti assolvo” in quel momento agisce in persona Christi e in persona Ecclesiae.

3. “In persona”non significa semplicemente facendo le veci, ma come identificandosi con Cristo.
È Cristo infatti che assolve, servendosi della voce e della persona del suo ministro.
Ma l’individualità del ministro in quel momento quasi scompare per lasciar posto alla persona di Cristo e della Chiesa.

4. Infatti “Solo Dio assolve e rimette i peccati in forza della sua autorità.
I sacerdoti fanno l’una e l’altra cosa in modo ministeriale: cioè in quanto le parole del sacerdote in questo sacramento agiscono strumentalmente, come negli altri sacramenti” (San Tommaso, Somma teologica, III, 84, 3, ad 3).

5. Il prete, come uomo, non ha alcun potere di assolvere dai peccati.
Nelle Costituzioni apostoliche (opera dei primi secoli della Chiesa) si legge: “Giudica, o vescovo, appoggiandoti sul tuo potere, come Dio”.
Il prete assolve solo perché in quel momento è una cosa sola con Dio.
Per questo San Tommaso, parlando della necessità di conservare il segreto di quanto si è saputo in confessione dice che “il sacerdote è a conoscenza di quei peccati non come uomo, ma come Dio” (Somma teologica, Suppl., 11, 1, ad 2).

Ti auguro una felice festa del Sacratissimo Cuore di Gesù e dei santi Apostoli Pietro e Paolo.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo