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Alla Sua cortese attenzione
Ci sono delle cose che mi turbano all’interno della Santa Chiesa.
Una coppia di cari amici, lei divorziata lui mai sposato ma conviventi, hanno cercato di accostarsi alla Chiesa. Il sacerdote non li ha voluti confessare e ha detto a lui che per essere in grazia di Dio dovrebbe lasciarla e trovare un’altra donna.
Sono perfettamente d’accordo sul fatto che essi siano in peccato mortale e comprendo la decisione di non confessarli, sinceramente però mi domando dove si colloca in questa prospettiva la misericordia. Non si sceglie chi amare, così come un omosessuale non sceglie il suo orientamento sessuale, dunque la domanda è la seguente: tutti i divorziati che hanno trovato un nuovo amore sono esclusi dalla partecipazione ai sacramenti? Non potranno mai salvarsi?
Una donna che abortisce, cioè stronca una vita sul nascere, può ricevere l’assoluzione mentre una persona divorziata non può accostarsi ai sacramenti?
Attendo Sue.
Cordialmente,
Irene S.
Cara Irene,
1. nelle tue affermazioni ci sono delle cose giuste e altre che vanno rettificate.
Do per scontato che quanto mi hai riferito sia tutto quello che il sacerdote ha detto alla persona in questione.
Ebbene, se il sacerdote se limitato a dire solo quello evidentemente è stato sbrigativo e non ha aiutato il penitente come doveva.
2. Probabilmente queste due persone convivono non perché disprezzano il matrimonio, che anzi lo vorrebbero fare, ma perché sanno che non possono perché una di loro è già sposata.
Persuaso che molti matrimoni sono celebrati con superficialità il sacerdote avrebbe dovuto suggerire di ricorrere al tribunale ecclesiastico per verificare la presenza di elementi che abbiano reso nulla la celebrazione.
Secondo la normativa che Papa Francesco ha dato ai tribunali ecclesiastici questa sentenza non deve essere protratta per le lunghe, ma deve essere data entro un anno.
Non è difficile per dei giudici esperti trovare elementi invalidanti.
Ottenuta la sentenza, i due possono celebrare il sacramento.
3. Nell’attesa di questa sentenza non possono ricevere i sacramenti se non cercano di vivere in castità come è doveroso per ogni cristiano e se nello stesso tempo cercano di evitare di fare la Santa Comunione là dove sono conosciuti per semplici conviventi.
Penso che fin qui sei d’accordo anche tu.
4. Fai poi delle affermazioni che come minimo vanno precisate.
Dici: “Non si sceglie chi amare”.
Invece sì. Si deve scegliere chi amare. Non basta lasciarsi trasportare dall’istinto.
Per fare un caso limite, se uno s’innamora di un consacrato non basta che dica “ho diritto di amarlo” perché il consacrato in quanto tale appartiene esclusivamente al Signore.
Ugualmente se uno si innamorasse di una donna felicemente sposata non basta che dica: all’amore non si comanda, ma voglio amarla (sessualmente) anch’io perché quella donna appartiene al marito con vincolo esclusivo e indissolubile.
Penso che anche su questo sei d’accordo.
5. Poi vai avanti dicendo “così come un omosessuale non sceglie il suo orientamento sessuale”.
Non entro sul tema dell’omosessualità, ma solo restando all’esempio che hai fatto se uno dicesse “il mio orientamento è quello di amare molte donne” e, fuori dai denti, “il mio orientamento è quello di essere un donnaiolo” cosa gli diresti? Che ha diritto di sposare molte donne contemporanemente?
E se uno dicesse “il mio orientamento è quello di amare (sessualmente) i bambini”. Anzi, se dicesse “mi sono innamorato di quel bambino” cosa gli diresti? Che non si sceglie chi amare?
Dio ci ha dato l’intelligenza. Come nel paradiso terrestre così anche ora ci dà il permesso di cibarsi di tutti i frutti ad eccezione di quelli proibiti perché ci fanno male.
Penso che anche su questo sei d’accordo.
6. Ed ecco la tua domanda: tutti i divorziati che hanno trovato un nuovo amore sono esclusi dalla partecipazione ai sacramenti? Non potranno mai salvarsi?
Tu sai bene che la Chiesa non si esprime in maniera tranciante come si evincerebbe dalle tue parole.
Ecco di fatto quanto si legge nella Familiaris consortio n. 84:
“La Chiesa istituita per condurre a salvezza tutti gli uomini e soprattutto i battezzati, non può abbandonare a se stessi coloro che – già congiunti col vincolo matrimoniale sacramentale – hanno cercato di passare a nuove nozze. Perciò si sforzerà, senza stancarsi, di mettere a loro disposizione i suoi mezzi di salvezza.
(…)
Insieme col Sinodo, esorto caldamente i pastori e l’intera comunità dei fedeli affinché aiutino i divorziati procurando con sollecita carità che non si considerino separati dalla Chiesa, potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita.
Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio. La Chiesa preghi per loro, li incoraggi, si dimostri madre misericordiosa e così li sostenga nella fede e nella speranza.
La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall’Eucaristia.
C’è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all’Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio.
La riconciliazione nel sacramento della penitenza – che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico – può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in concreto, che quando l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione, «assumono l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi.
(…)
Agendo in tal modo, la Chiesa professa la propria fedeltà a Cristo e alla sua verità; nello stesso tempo si comporta con animo materno verso questi suoi figli, specialmente verso coloro che, senza loro colpa, sono stati abbandonati dal loro coniuge legittimo.
Con ferma fiducia essa crede che, anche quanti si sono allontanati dal comandamento del Signore ed in tale stato tuttora vivono, potranno ottenere da Dio la grazia della conversione e della salvezza, se avranno perseverato nella preghiera, nella penitenza e nella carità”.
7. C’è infine l’ultima domanda: “Una donna che abortisce, cioè stronca una vita sul nascere, può ricevere l’assoluzione mentre una persona divorziata non può accostarsi ai sacramenti?”.
La domandaè mal posta perché l’assoluzione si può dare solo a chi è pentito.
Se una donna che ha abortito non è pentita di ciò che ha fatto non si riconcilia con Dio e non può ricevere l’assoluzione.
Se invece è pentita e ha il proposito di non più farlo riceve non solo il perdono ma anche tutti gli aiuti della grazia.
Così se una persona divorziata è pentita di quanto ha fatto e sinceramente si dispone ad una forma di vita non più in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio – secondo le indicazioni di Familiaris consortio 84 – può ricevere i sacramenti.
Con la speranza che l’insegnamento della Chiesa ti abbia portato qualche luce in più, ti ricordo volentieri al Signore e ti benedico.
Padre Angelo