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Quesito
Carissimo padre Angelo,
Dio la benedica
Nel corso della mia vita di cristiana alcune volte, in rari momenti, vivo uno stato di gioia indescrivibile e totale abbandono a Dio, altre invece uno stato di disperazione e tristezza o, più semplicemente, distacco.
L’attraversare l’uno o l’altro momento sembra indipendente dall’essere o meno in grazia di Dio, mi confesso regolarmente anche con frequenza settimanale, ovviamente frequento la S.Messa e lo faccio con amore, con autentico desiderio di avvicinarmi sempre più a Gesù
Ho letto che l’amore di Dio è come il sole che ci scalda, le nuvole che impediscono che il sole arrivi a noi sono il peccato
Mi chiedo allora cosa è veramente il peccato, è qualcosa di molto più radicato e sottile dei peccati che riconosciamo e confessiamo?
Quello che vediamo e di cui siamo consapevoli è solo la minima parte del male che ci affligge? Io confesso diligentemente le mie "pagliuzze" e magari ho delle "Travi" che mi trafiggono l’anima e non me ne accorgo? Ho alcuni comportamenti che non rientrano (credo) nei canoni del peccato, ma che confesso comunque, sono vittima dell’attaccamento al lavoro, spesso mi lascio prendere dalla disperazione (è una cosa che vivo male,mi sembra di non confidare in Dio) Per questo non sento sempre il calore di Dio su di me? E’ una grazia che ci fa il Signore quella di vedere la nostra vita a nudo, al di là dei comandamenti che abbiamo violato?
Grazie della risposta
Germana
Risposta del sacerdote
Cara Germana,
1. possiamo sentire la presenza di Dio anche dal calore o dal senso di pienezza,
Ma per essere buoni cristiani non è necessario avvertire sempre una certa emozione.
Inizialmente il Signore ci trae con legami di dolcezza e di bontà.
Più avanti non fa sentire questi legami perché lo cerchiamo rinnovando il nostro fervore. E così, senza accorgercene, andiamo avanti.
Talvolta questo sentire viene meno per motivi di stanchezza psichica e anche fisica.
E talvolta viene meno perché il Signore vuole che cerchiamo Lui e non le consolazioni che provengono dall’unione con Lui.
2. Certo, in questo venir meno del fervore sensibile può svolgere una buona parte la presenza del peccato.
Il peccato mortale lo distrugge semplicemente.
Il peccato veniale lo attenua. Anzi talvolta ci si trascina con una certa mediocrità, quasi per inedia.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice che “il peccato veniale indebolisce la carità; manifesta un affetto disordinato per dei beni creati; ostacola i progressi dell’anima nell’esercizio delle virtù e nella pratica del bene morale” (CCC 1863).
3. Per vedere le travi che gravano sul nostro occhio è necessario ricevere un lume particolare dal Signore. E questo lume bisogna domandarlo nella preghiera chiedendo al Signore di donarci un cuore puro (Sal 51,12) e di assolversi dalle colpe che non vediamo (Sal 19,13).
4. In ogni caso è necessario tenere presente l’obiettivo, che è la santificazione.
Per questo occorre che “anche noi, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù” (Eb 12,1-2).
Non si può correre se non deponiamo ciò che è di peso e il peccato che ci assedia.
Inoltre come Gesù che “di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce” (Eb 12,2 ) dobbiamo saper accettare la croce che il Signore ci manda per purificarci. Quella croce, che se è ben portata, ci stimola a tenere lo sguardo sempre fisso su Gesù.
Questo è il segreto della santificazione.
5. Infine dobbiamo essere persuasi ogni caso di quanto diceva San Gregorio Magno, papa: “nella nostra vita l’anima è come una nave che risale la corrente del fiume. Non le è permesso fermarsi in nessun luogo perché, se non si tende verso l’alto, si è destinati a tornare in basso” (Regola pastorale, III, 34).
Già S. Agostino aveva detto qualcosa di analogo: “Aggiungi sempre, avanza sempre, progredisci sempre. Non fermarti lungo la via, non indietreggiare, non deviare. Chi non va avanti, si ferma; torna indietro chi si volge di nuovo alle cose da cui si era allontanato” (Sermone 169, c. 15, n. 18).
S. Bernardo ha scritto qualcosa di equivalente: “Nella via della vita, non progredire equivale a regredire” (In via vitae non progredi regredi est; Serm. II in festo Purif., n. 3).
Ti assicuro la mia preghiera, ti saluto e ti benedico.
Padre Angelo