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Quesito
Padre Angelo buonasera,
il mio nome è Marco e mi permetto di disturbarla per un quesito. Anche Lei nelle varie risposte e riflessioni ricorda che il Libro della Genesi non è un testo scientifico, ma vuole invece sottolineare il senso di ciò che afferma. Mi chiedo perchè tanti cristiani siano convinti che la fallacia e provvisorietà del nostro corpo siano conseguenze del peccato originale. Lo saranno senz’altro per la pena che ci arreca questo sentirci sempre appesi ad un filo, privi come siamo della fiducia nel Signore e nella Sua provvidenza. Ma sentire anche da ambiti religiosi che, se non avessimo peccato, il corpo non si sarebbe mai ferito, non avrebbe potuto prender fuoco o altre fandonie mi sembra proprio invece che vada controcorrente con l’affermazione iniziale, e che cioè Genesi non è un libro di scienza. Il corpo è fatto di atomi e DNA che per loro natura son così, non perchè il peccato originale li ha mutati. Il corpo è il veicolo che trasporta l’Essenziale, le nostre molecole si rinnovano totalmente ogni sette anni ma io sono sempre io. Allora? Ciò che è essenziale è la mia parte spirituale, il corpo mi deve dare il valore del passaggio da una realtà esteriore alla coscienza, il valore buono della provvisorietà, altrimenti non apprezzerei neanche la vita umana da custodire e proteggere. E che dire quando si sente una mamma dire al figlio: "stai attento, altrimenti ti fai male", dovremmo pensare che così non sarebbe successo se non si fosse commesso il peccato originale?. L’inventore di Mastermind, un giuoco di memoria che conoscerà afferma:"quando cerchi una verità preparati a scoprirne più d’una". S. Agostino stesso ha filosofato molto su questo cosa, il poter non morire o il non poter morire, oppure del fatto che è vero che esiste la possibiltà di ammalarsi ma ciò può voler anche dire che forse non mi ammalerò mai. Che ne pensa?
La ringrazio per l’attenzione e continui sempre con il desiderio di essere rivolti alla Verità.
Marco
Risposta del sacerdote
Caro Marco,
1. è vero che il libro della Genesi (soprattutto dal capitolo primo all’undicesimo) non è un libro scientifico, ma non è vero che contenga solo il significato delle cose.
Contiene molte verità essenziali per la nostra fede.
2. Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice: “Tra tutte le parole della Sacra Scrittura sulla creazione, occupano un posto singolarissimo
i primi tre capitoli della Genesi… esprimono, con il loro linguaggio solenne, le verità della creazione, della sua origine e del suo fine in Dio, del suo ordine e della sua bontà, della vocazione dell’uomo, infine del dramma del peccato e della speranza della salvezza” (CCC 289).
Come vedi, non si parla di senso, ma di verità.
3. A proposito del peccato originale sempre il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma: “Il racconto della caduta (Gen 3) utilizza un linguaggio di immagini, ma espone un avvenimento primordiale, un fatto che è accaduto all’inizio della storia dell’uomo. La Rivelazione ci dà la certezza di fede che tutta la storia umana è segnata dalla colpa originale liberamente commessa dai nostri progenitori” (CCC 390).
Come puoi notare, anche qui si distingue tra linguaggio immaginifico e avvenimento primordiale, e cioè un fatto che è realmente accaduto.
4. Inoltre il Catechismo della Chiesa Cattolica elenca le conseguenze del peccato originale:
“L’armonia nella quale essi erano posti, grazie alla giustizia originale, è distrutta;
la padronanza delle facoltà spirituali dell’anima sul corpo è infranta;
l’unione dell’uomo e della donna è sottoposta a tensioni;
i loro rapporti saranno segnati dalla concupiscenza e dalla tendenza all’asservimento.
L’armonia con la creazione è spezzata: la creazione visibile è diventata aliena e ostile all’uomo.
A causa dell’uomo, la creazione è «sottomessa alla caducità» (Rm 8,20).
Infine, la conseguenza esplicitamente annunziata nell’ipotesi della disobbedienza si realizzerà: l’uomo tornerà in polvere, quella polvere dalla quale è stato tratto. La morte entra nella storia dell’umanità” (CCC 400).
5. Come vedi, il peccato originale è stato la causa di tanti altri mali.
San Tommaso dice che dopo il peccato originale l’uomo soffre una quadruplice ferita, di una quadruplice privazione.
Ecco le sue parole: "In virtù della giustizia originale, la ragione controllava perfettamente le forze inferiori dell’anima ed era a sua volta perfezionata da Dio, al quale stava soggetta. Questa giustizia originale fu persa a causa del peccato del primo uomo.
E, così, tutte le forze dell’anima rimasero prive, in qualche modo, dell’ordine secondo cui naturalmente inclinavano alla virtù. Questa privazione va sotto il nome di vulneratio naturae (ferita della natura).
Ora quattro sono le potenze dell’anima che possono essere soggetto di virtù: la ragione, la volontà, l’appetito irascibile e quello concupiscibile. Esse vengono perfezionate rispettivamente dalla prudenza, dalla giustizia, dalla fortezza e dalla temperanza.
La ragione, privata del suo ordine alla verità, è ferita dall’ignoranza (vulnus ignorantiae). La volontà, priva del suo ordine al bene, è ferita dalla malizia (vulnus malitiae). L’appetito irascibile, privo del suo ordine a ciò che è arduo e difficile, è ferito dalla debolezza (vulnus infirmitatis). L’appetito concupiscibile, privo del suo ordine a ciò che è secondo ragione, è ferito dalla concupiscenza (vulnus concupiscentiae)” (Somma teologica, I-lI, 85, 3).
I peccati personali diminuiscono ulteriormente l’inclinazione al bene e accentuano queste ferite, sicché “la ragione rimane offuscata nel giudizio di coscienza (hebetatur praecipue in agendis), la volontà diventa restìa al bene, aumenta la difficoltà per il retto operare e si accende la concupiscenza" (Ib.).
6. Scrivi: “Ma sentire anche da ambiti religiosi che, se non avessimo peccato, il corpo non si sarebbe mai ferito, non avrebbe potuto prender fuoco o altre fandonie mi sembra proprio invece che vada controcorrente con l’affermazione iniziale”.
Qui dimentichi due cose: che l’uomo creato da Dio non soltanto godeva della grazia, e cioè dell’amicizia e della comunione con Dio, ma anche che per grazia era preservato nell’incorruttibilità da quelle realtà cui naturalmente la sua vita sarebbe andata incontro.
Godeva pertanto dei doni preternaturali e non pativa del vulnus ignorantiae.
La sua condotta era guidata sempre da pieno dominio su se stesso.
È per questo che si parla di Paradiso terrestre, che ha profonde analogie col Paradiso celeste.
Di quel Paradiso terrestre l’uomo se ne è volontariamente privato e si è ritrovato in uno stato di natura decaduta.
7. Sono d’accordo con te nel riconoscere invece che alcune conclusioni che se ne tirano fuori sono fantasiose: come ad esempio quelle che hai citato.
Sarebbe sufficiente dire che l’uomo prima del peccato originale non era ferito dal vulnus dell’ignoranza e che pertanto in tutto era signore di se stesso.
Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo