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Quesito

Gentile padre Angelo,

sono una mamma, di un bambino senza cervello, che ha deciso al quinto mese  di interrompere la gravidanza, dopo essermi accertata che il bambino con la sua venuta al mondo, non  sarebbe  potuto vivere.
Sono stata male e ne soffro ancora, mi sono confrontata con alcuni amici, alcuni dei quali  preti, uno in particolare teologo del movimento della vita, ha appoggiato la mia scelta.
Mi sono chiesta: che senso ha portare avanti una gravidanza con eventuale rischio per la mia vita, e con una responsabilità verso altri figli,  quando si ha la certezza  che quella vita non ha alcuna possibilità di sopravvivere, se non alcuni momenti temporali?
Che senso ha far nascere quel figlio, da me tanto amato e voluto, e farlo diventare oggetto di studio, un oggetto di laboratorio, per poterlo meglio classificare?
Perché questo è il rischio che avrei corso!!!
Già, non può immaginare la rabbia, lo sconforto, quando appresi una tarda mattina, la notizia certa, di quella terribile malformazione, da uno specialista ecografo, considerato tra i più competenti nel settore, ma ahimè, per me, tra i più spregevoli, per crudeltà di espressione.
 Infatti nel momento in cui mi disse, con la freddezza d’animo che lo caratterizzava, di interrompere la gravidanza, continuava con il suo assistente a descrivere quella  patologia, come la dimostrazione che quello era uno dei tanti casi prevedibili e già incontrati nella letteratura medica, ma ancor più sconcertante  e riprovevole  è stato quando descriveva quel volto attribuendogli una somiglianza  quasi fierina.
Ed è stato in quel preciso momento che io, tra le lacrime silenziose, e un nodo alla gola, ho capito che avevo la responsabilità di difendere mio figlio da tutti, di proteggerlo da un qualsiasi crudele, spietato, accanimento medico.
Pensare che quell’esserino  più o meno identificato come essere umano, ma che per me era semplicemente mio figlio, poteva essere utilizzato come pezzo di ricambio, mi inorridiva ancora di più.
E allora, se è vero come Lei dice che ‘‘‘‘Ogni persona va pertanto accolta e servita, fino a quando il Signore la chiamerà" è anche vero che il Signore mi ha donato la maternità, mi ha donato la sua fede, mi ha donato un’intelligenza ed il  buon senso, ma mi lasciato nella  fragilità di una  mamma che a modo suo ha voluto risparmiare a suo figlio la crudeltà umana.
Per questo io ho scelto: la Sua dignità.
L’abbraccio forte e che il Signore la protegga.


Risposta del sacerdote

Carissima,
1. alla lettura della tua missiva, non ho potuto non essere partecipe della sofferenza che hai vissuto e che tuttora vivi.
Hai sempre dinanzi a te la sentenza dello “specialista ecografo”, che ti ha agghiacciato con la sua freddezza luciferina.
Hai dinanzi a te i consiglieri, tra i quali un teologo del movimento per la vita. Alcuni di questi consiglieri sono stati per te come gli amici di Giobbe, i quali, anziché sollevarti dalla sofferenza, di fatto l’hanno aggravata.

2. Tu hai pensato di evitare al tuo bambino di essere utilizzato come un pezzo di ricambio. Ma intanto è stata attuata su di lui una crudeltà ancora più grande, senza che nessuno ti garantisca che la sua carne non sia stata usata per obiettivi strumentali.
Il Magistero della Chiesa ricorda che “i cadaveri di embrioni o feti umani, volontariamente abortiti o non, devono essere rispettati come le spoglie degli altri esseri umani” (Donum Vitae I,4).
E se questo vale per i feti abortiti, vale molto di più per un bambino che muore per anencefalia. I genitori hanno il diritto che il bambino morto non venga vivisezionato o usato per studi o ricerche. Hanno il diritto che quel corpicino venga prima battezzato, e poi, una volta morto, rispettato come tutti gli altri cadaveri. Quel corpicino non è proprietà della scienza o dei medici o degli specialisti.

3. Tu mi chiedi che senso abbia portare avanti una gravidanza che ha come esito la nascita di un bambino che avrà poche ore di vita.
Io ti rispondo che intanto quel bambino è vivo, e ha diritto alla vita, immediatamente da Dio, non da suoi genitori o ai medici.
Accettando un concepimento, hai accettato di metterti a servizio di quel bambino e dei disegni eterni di Dio su di lui e su di voi.
Portare avanti una gravidanza come la tua, carissima M., non sarebbe stato tempo perso né per te, né per il tuo bambino, né per la tua famiglia, né per la Chiesa né per il mondo intero.
La luce della fede illumina anche questi momenti, che da un punto di vista umano sono tremendamente bui.
Quante preghiere e quanti sentimenti si sarebbero trasformati in merito preziosissimo, che ha i suoi effetti benefici per sempre.

4. Il bambino anencefalo è una persona umana, di pari dignità a quella di tutti gli altri. Ha pertanto un valore incomparabile, e verso di lui si deve avere un atteggiamento di rispetto e di cura analogo a quello che si ha con qualunque altro feto e neonato.
Anche nei confronti di un bambino anencefalo Gesù dice: “l’avete fatto a me” (Mt 25,40).
Già Pio XIInel famoso discorso alle ostetriche (29.X.1951) disse: “Uomo è il bambino, anche non ancora nato; allo stesso grado e per lo stesso titolo che la madre.
Inoltre ogni essere umano, anche il bambino nel seno della madre, ha il diritto alla vita, diritto che proviene immediatamente da Dio, non dai genitori, né da qualsiasi società e autorità umana.
Quindi non vi è nessun uomo, nessuna autorità umana, nessuna scienza, nessuna indicazione medica, eugenica, sociale, economica, morale, che possa esibire o dare un valido titolo giuridico per una diretta, deliberata disposizione sopra una vita umana innocente, vale a dire una disposizione che miri alla sua distruzione”.

5.Nell’enciclica Evangelium vitae Giovanni Paolo II. Pronunciando in maniera grave l’insegnamento della Chiesa, scrive: “Dichiaro che l’aborto diretto, cioè voluto come fine o come mezzo, costituisce sempre un disordine morale grave, in quanto uccisione deliberata di un essere umano innocente.
Tale dottrina è fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta, è trasmessa dalla Tradizione della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale.
Nessuna circostanza, nessuna finalità, nessuna legge al mondo potrà mai rendere lecito un atto che è intrinsecamente illecito, perché contrario alla Legge di Dio, scritta nel cuore di ogni uomo, riconoscibile dalla ragione stessa, e proclamata dalla Chiesa” (EV 62).
Benedetto XVI ha detto che “l’amore di Dio non fa differenza fra il neoconcepito ancora nel grembo di sua madre e il bambino o il giovane o l’uomo maturo o l’anziano. Non fa differenza perché in ognuno di essi vede l’impronta della propria immagine e somiglianza (Gn 1,26). Non fa differenza perché in tutti ravvisa il volto del suo Figlio Unigenito, in cui ‘ci ha scelti prima della creazione del mondo,… predestinandoci a essere suoi figli adottivi… secondo il beneplacito della sua volontà’ (Ef 1,4-6)” (27.2.2006).

6. Sono certo che avrai detto tutto in confessione, perché un peso così grande non lo si porta tranquillamente nella propria coscienza. E il confessore ti avrà detto quello che dovevi fare.
Giovanni Paolo II, sempre in Evangelium vitae, scrive: “Un pensiero speciale vorrei riservare a voi, donne che avete fatto ricorso all’aborto. La Chiesa sa quanti condizionamenti possono aver influito sulla vostra decisione, e non dubita che in molti casi s’è trattato d’una decisione sofferta, forse drammatica. Probabilmente la ferita nel vostro animo non si è ancor rimarginata. In realtà, quanto è avvenuto è stato e rimane profondamente ingiusto. Non lasciatevi prendere, però, dallo scoraggiamento e non abbandonate la speranza. Sappiate comprendere, piuttosto, ciò che si è verificato e interpretatelo nella sua verità.
Se ancora non l’avete fatto, apritevi con umiltà e fiducia al pentimento: il Padre di ogni misericordia vi aspetta per offrirvi il suo perdono e la sua pace nel sacramento della Riconciliazione. Vi accorgerete che nulla è perduto e potrete chiedere perdono anche al vostro bambino, che ora vive nel Signore.
Aiutate dal consiglio e dalla vicinanza di persone amiche e competenti, potrete essere con la vostra sofferta testimonianza tra i più eloquenti difensori del diritto di tutti alla vita. Attraverso il vostro impegno per la vita, coronato eventualmente dalla nascita di nuove creature ed esercitato con l’accoglienza e l’attenzione verso chi è più bisognoso di vicinanza, sarete artefici di un nuovo modo di guardare alla vita dell’uomo” (EV 99).

7. Infine devo darti un consiglio anche per il consigliere teologo del movimento per la vita.
Questo teologo sa che l’aborto diretto non è mai lecito e che anche il solo consigliare aborto è un peccato che fa incorrere in una scomunica.
In un decalogo approntato dalla C.E.I. in materia di aborto e pubblicato in tutte le chiese (9.6.1978) si legge tra l’altro:
“1. Nessuna legge umana può mai sopprimere la legge divina.
2. Ogni creatura umana, fin dal suo concepimento nel grembo materno, ha diritto a nascere.
3. L’aborto volontario e procurato, ora consentito dalla legge italiana, è in aperto contrasto con la legge naturale scritta nel cuore dell’uomo ed espressa nel comandamento “non uccidere”.
4. Chiunque opera aborto, o vi coopera in modo diretto, anche con il solo consiglio, commette peccato gravissimo che grida vendetta al cospetto di Dio e offende i valori fondamentali della convivenza umana.
5. Il personale sanitario, medico e paramedico, ha il grave obbligo morale dell’obiezione di coscienza, come è prevista pure dall’art. 9 della legge in corso.
6. Il fedele che si macchia dell’abominevole delitto dell’aborto si esclude immediatamente esso stesso dalla comunione con la Chiesa ed è privato dei sacramenti”.

8. La scomunica riservata al vescovo è sancita dal can. 1398 del Codice di diritto canonico.
Essa tocca la madre, il medico, l’infermiere, il mandante e anche il consigliere. È una pena severa (latae sententiae)
Giovanni Paolo II in Evangelium vitae e “colpisce tutti coloro che commettono questo delitto conoscendo la pena, inclusi anche quei complici senza la cui opera esso non sarebbe stato realizzato: con tale reiterata sanzione, la Chiesa addita questo delitto come uno dei più gravi e pericolosi, spingendo così chi lo commette a ritrovare sollecitamente la strada della conversione. Nella Chiesa, infatti, la pena della scomunica è finalizzata a rendere pienamente consapevoli della gravità di un certo peccato e a favorire quindi un’adeguata conversione e penitenza” (EV 62).
Come vedi, ho sottolineato in grassetto che per incorrere nella scomunica è necessario sapere che al peccato è congiunta anche questa sanzione.
Tu, cara M., non lo sapevi. Ma il teologo, come qualsiasi prete, lo sa.
Come vedi, ho sottolineato anche la parola complice, perché il consiglio del teologo è stato determinante.
E in buone maniere, per il bene del teologo, potresti farglielo sapere.

Intanto ti ringrazio di avermi dato la possibilità di tornare su un problema tanto delicato, nella speranza di aver contribuito a tenere più chiare le idee.
Ti assicuro la mia preghiera, e, mentre anch’io mi affido volentieri al tuo bambino che vive nel grembo di Dio, ti benedico.
Padre Angelo