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Quesito
Caro Padre Angelo,
sono sempre io Lorenzo.
Mi dispiace se la disturbo ancora una volta ma volevo delle delucidazioni a proposito di questi miei dubbi.
Uno è questo: durante la giornata in certi momenti mi sento (non so come spiegarlo) attratto verso il male e non verso il bene.
Sento che la mia volontà sia inclinata verso il male e che non riesca a seguire il Signore Gesù.
In questi momenti mi capita di compiacermi (non del tutto ma in parte) delle le persone bestemmiano e peccano.
Dopo un pò mi scompare.
Volevo chiederle cosa significa tutto questo.
Preghi per me per sapere quale strada il Signore mi indicherà.
Cordialmente la saluto e le auguro ogni bene.
Lorenzo
Risposta del sacerdote
Caro Lorenzo,
1. in noi, dopo il peccato originale, esiste una reale inclinazione al male.
È stato Gian Giacomo Rousseau a dire che l’uomo è nativamente buono e viene inclinato al male dagli altri stando in società.
2. La Sacra Scrittura ricorda che Adamo ed Eva prima del peccato originale vivevano in perfetta armonia.
Dopo il peccato sono iniziate le accuse e i disaccordi.
Adamo incolpa Eva per il peccato originale.
Inoltre tende a dominare la sua sposa, mentre essa sente giusta attrazione verso di lui.
3. L’inclinazione al male la ereditiamo tutti.
San Giovanni (1 Gv 2,16) nella sua prima lettera parla di una triplice concupiscenza: quella degli occhi, nella quale i santi Padri vi hanno visto l’avidità delle ricchezze, la concupiscenza della carne nei piaceri legati al mangiare, al bere e alla vita affettiva.
Vi è poi una terza concupiscenza alla quale dà il nome di superbia della mente.
4. L’inclinazione al male viene poi rafforzata dai peccati personali, i quali passano come atto, ma rimangono come reato, e cioè come dipendenza.
Quando questi non vengono emendati e anzi sono ripetuti, sorgono in noi le catene dei vizi, che trovano alimento nelle tare ereditarie e nelle tentazioni che giungono dall’esterno.
5. Per queste catene, l’uomo sperimenta nella propria vita quanto diceva S. Paolo: “Io non riesco a capire neppure ciò che faccio. Infatti non faccio quello che voglio, ma quello che detesto” (Rm 7,15), e “Trovo questa legge in me: quando voglio fare il bene, il male è alla mia portata” (Rm 8,21).
Anche Ovidio aveva detto qualcosa di simile quando scrisse: “Video meliora, proboque, peiora sequor” (vedo il bene, lo approvo, ma faccio il peggio.
6. Questa incapacità di uscire con le proprie forze dal peccato aveva portato un pensatore del nostro tempo, M. Blondel, a dire che l’uomo da solo non può essere costante nel bene e che, per vivere secondo natura, ha bisogno di una forza soprannaturale.
7. Non possiamo dimenticare che su queste inclinazioni al male punta molto il diavolo il quale, come ricorda San è Pietro è il nostro nemico numero uno: “Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze sono imposte ai vostri fratelli sparsi per il mondo” (1 Pt 5,8-9).
Quella certa compiacenza per i peccati altrui penso che venga soprattutto di qui. È la tentazione, alla quale dismo chiamati a resistere e che dobbiamo vincere.
8. Giovanni Paolo II ha descritto tutto questo in Veritatis splendor (VS) con le seguenti parole: “Ragione ed esperienza dicono non solo la debolezza della libertà umana, ma anche il suo dramma.
L’uomo scopre che la sua libertà è misteriosamente inclinata a tradire questa apertura al Vero e al Bene e che troppo spesso, di fatto, egli preferisce scegliere beni finiti, limitati ed effimeri.
Ancor più, dentro gli errori e le scelte negative, l’uomo avverte l’origine di una ribellione radicale, che lo porta a rifiutare la Verità e il Bene per erigersi a principio assoluto di se stesso…
La libertà, quindi, ha bisogno di essere liberata. Cristo ne è il liberatore: egli ‘ci ha liberati perché restassimo liberi’ (Gal 5,1)” (VS 86).
9. Come si rimedia alle inclinazioni al male?
Attraverso l’acquisizione delle virtù morali che sono delle forze o strumenti con cui l’uomo, con la grazia di Dio, cerca di custodire e incrementare il proprio orientamento al bene.
Questi strumenti consentono all’uomo di compiere il proprio dovere in maniera ferma (firmiter), facile (expedite) e piacevole (delectabiliter).
La forza conferita dalle virtù non crea alcuna necessità o compulsività.
È una forza che non diminuisce la libertà e non sfocia nell’abitudinarietà.
È una forza che rimane in qualche modo all’interno della libertà stessa, facendola diventare più grande.
Ti auguro di crescere incessantemente nell’acquisizione delle virtù, con l’aiuto della grazia di Dio.
Così sarai libero dalle catene del peccato e potrai volare in alto, come desideri e come il Signore vuole.
Ti assicuro anche per questo il mio ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo