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Quesito
Buongiorno padre Angelo,
torno a contattarla perchè vorrei tanto avere il suo autorevole parere in un’altra questione di morale matrimoniale.
1) A cappello di tutto, avrei prima di tutto necessità di chiederle un chiarimento sul fine del matrimonio, più volte da lei ricordato, che è il perfezionamento degli sposi, altrove (sempre nelle sue risposte) espresso anche come santificazione degli sposi. Dato che queste espressioni ricorrono spesso ma senza essere esplicitate, penso perchè già esplicite in se stesse, ma non per me, non avendone trovato traccia nei suoi interventi, volevo chiederle se poteva spiegarmi chiaramente cosa si intende con perfezionamento/santificazione degli sposi e perchè questo è il primo fine del matrimonio e la procreazione solo il secondo.
2) Il nocciolo però della mia domanda è un altro, relativo a situazioni che si possono venire a creare in un matrimonio. Situazioni di attrito, in cui uno dei due sposi non si comporta come sarebbe giusto. Ciò che è giusto si ricava dalla morale, da ciò che Dio tramite i suoi comandamenti ha stabilito essere bene e male. Questo in generale può essere facile e condivisibile, poi però nel particolare, il bene e il male possono declinarsi fino ad arrivare a generare situazioni concrete in cui ognuno dei due ritiene di avere soggettivamente ragione e pare impossibile convergere su un’unica ragione oggettiva condivisa.
Come si dirimono situazioni del genere, in cui ognuno dei due ritiene di essere in ragione e rivolge all’altro un appello alla ragionevolezza che l’altro, ritenendosi anche lui nel giusto, respinge e riformula anzi a sua volta nei confronti dell’altro?
3) Ora, un passo successivo. Il coniuge che ritiene di star subendo una ingiustizia, una mancanza nei propri confronti, decide di fare un passo indietro e pur meritando l’opposto da santo (la santificazione di cui si parlava in apertura) decide di accettare e di offrire questa ingiustizia, questa mancanza di amore nei propri confronti, immolandosi. Non so esattamente come si può chiamare un atto di questo tipo, in cui si accetta di subire ciò che non è giusto per amore…è un atto di carità?… di umiltà?… di misericordia? Ad ogni modo, da quanto ho avuto modo di capire leggendola, atti di questo tipo all’interno del matrimonio, sono meritori e quindi sono ritenuti profondamente degni di stima e giusti.
4) Cosa succede però se la mancanza che un coniuge mette in atto non solo intacca ingiustamente il bene dell’altro coniuge ma anche di persone a lui care? Se intaccasse solo il proprio, la santificazione nel matrimonio richiederebbe che uno faccia un atto (di carità?) offrendo il proprio dispiacere/sofferenza per la mancanza ricevuta, ma se questa mancanza va ad intaccare anche il giusto rispetto da portare ad altri, es i propri genitori o altri familiari o il culto stesso per la propria religione, come è giusto comportarsi? In questo secondo caso accettare l’ingiustizia significa anche permettere che venga compiuta verso chi non ne ha colpa, non può deciderne e anzi meriterebbe di ricevere il contrario… ci sono i primi 3 comandamenti e il 4° onora il padre e la madre… come ci si deve comportare quando ricomporre una lite familiare significherebbe non solo accettare un dispiacere per sè ma commettere anche una ingiustizia nei confronti di altre persone care, come ad esempio non portare la giusta compagnia a un parente anziano, non restituire con le proporzionate giuste opere quanto si è ricevuto dai genitori, non portare culto come si vorrebbe…? Fare queste cose senza il coniuge non può essere la soluzione perchè questo significherebbe portare un dispiacere ancor maggiore. Cosa è giusto fare in queste situazioni? Rinunciare? Sentendosi non solo feriti per la mancanza subita verso di sè ma profondamente in colpa e pieni di vergogna per venire meno ai propri giusti obblighi verso le persone care consapevole che non ci si sta comportando bene verso di loro? Continuare a insistere col coniuge, cercando di fargli capire che l’opera che gli si richiede vale la pena di un sacrificio, inevitabilmente però arrabbiandosi, vedendo che il cuore dell’altro si indurisce continuando ad anteporre le proprie fatiche (sicuramente richieste ma in maniera ragionevole)?
5) Arrabbiandosi…ho scritto…in questi casi si commette peccato mortale quando si arriva a gridargli contro di cattivo muso che non si sta comportando bene?
Spero padre che riuscirà prima o poi a rispondermi e magari a pubblicare questa mia. Le sue precedenti mi sono state di enorme aiuto.
Dio la benedica, grazie
Alessia
Risposta del sacerdote
Cara Alessia,
1. alla tua prima domanda rispondo così: è necessario distinguere tra fine immediato del matrimonio e fine ultimo
Il fine ultimo del matrimonio, come del resto di qualsiasi altro stato di vita, è la santificazione.
Nel matrimonio la santificazione viene raggiunta secondo un percorso proprio, che è quello appunto del matrimonio e della vita di famiglia.
2. Il fine immediato del matrimonio è il perfezionamento vicendevole, tenendo presente che quando si dice perfezionamento vicendevole s’intende la donazione totale di se stessi.
Nella donazione totale di se stessi vi è inclusa quella dell’intimità coniugale, che viene contraddetta dalla contraccezione.
3. Alla seconda domanda, che sottintende una divergenza di opinioni non per quanta riguarda l’osservanza dei comandamenti di Dio, ma il menage della vita quotidiana: certo, si deve giungere ad una condivisione piena in tutto, ricorrendo anche alle armi segrete della preghiera e dei sacrifici per ammorbidire il cuore del partner e anche il proprio cuore.
Ma se nonostante questo rimane una certa irriducibilità io direi che è bene mettere in pratica quanto Dio insegna per bocca di San Paolo: “Noi, che siamo i forti, abbiamo il dovere di portare le infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi. Ciascuno di noi cerchi di piacere al prossimo nel bene, per edificarlo. Anche Cristo infatti non cercò di piacere a se stesso, ma, come sta scritto: Gli insulti di chi ti insulta ricadano su di me” (Rm 15,1-3).
Anche questo è amore, ed è di quello sopraffino: si rinuncia infatti alle proprie opinioni e ai propri gusti per compiacere la persona che si ama.
Sono convinto che non di rado il Signore premia un atteggiamento del genere accordando l’ammorbidimento dell’atteggiamento dell’altro.
3. Alla terza domanda, che è intimamente legata alla seconda, la tua conclusione è esatta. Si tratta di atti di carità, di umiltà e di misericordia.
A questi atti si possono aggiungere anche altre motivazioni, ricongiungibili alla carità: accettare in espiazione dei propri peccati, in espiazione dei peccati altrui, per la conversione dei peccatori, per le necessità della Chiesa e del mondo.
Si tratta di atti santificatori e meritori.
4. Alla quarta domanda: è certamente lodevole e meritorio subire alcuni capricci del coniuge per amore di pace e per la santificazione vicendevole.
Ma se il comportamento del coniuge va a provocare ingiustizie nei confronti di altri allora non si può subire.
Possiamo porgere l’altra guancia per noi stessi, ma dobbiamo reagire quando vediamo il prossimo angariato o trattato ingiustamente.
San Giovanni Crisostomo afferma che “essere pazienti con le ingiurie proprie è degno di lode, ma passare sopra alle ingiustizie contro Dio (e S. Tommaso aggiunge anche quelle contro il prossimo) è il colmo dell’empietà” (Super Mat., hom. 5).
In questo caso allora è necessario far prevalere il buon senso, le esigenze di giustizia e di carità.
Queste discussioni portano malessere e tensioni nelle famiglie.
Ma il bene degli altri può richiedere anche questo.
Nei casi estremi non si può escludere la separazione se questa fosse l’unica strada percorribile per il bene di coloro che sono gravemente calpestati nei loro diritti.
5. Le arrabbiature in questo caso non sono peccato mortale.
Non dobbiamo dimenticare che l’ira in quanto emozione non è né buona né cattiva. Dipende dall’uso che se ne fa.
Anche Nostro Signore ha alzato la voce contro gli scribi e i farisei per il loro bene. Così come con atteggiamenti forti ha cacciato i venditori dal Tempio.
Che il Signore benedica anche te.
E per questo ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo