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Quesito

Caro Padre Angelo, 
La ringrazio per la Sua pazienza nel leggere e rispondere alle nostre domande; è uno strumento davvero utile per accrescere la nostra formazione cattolica.
Se possibile, vorrei avere due chiarimenti:
1- Vi è differenza di significato e "impegno" fra rispettare una promessa e seguire un voto? (Ad esempio se vi sia differenza fra fare promessa di obbedienza e voto di obbedienza ecc.)
2- Perchè una persona divorziata non può più risposarsi e partecipare all’Eucarestia mentre un sacerdote che rinuncia al sacerdozio (se non sbaglio) può sposarsi e partecipare alla Comunione? Cioè, in entrambi i casi non si è "rotto" il vincolo di una promessa di un sacramento? 

La ringrazio e prego per Lei.
Buona continuazione.
Chiara


Risposta del sacerdote

Cara Chiara,
1. la differenza tra promessa e voto sta nel fatto che nel voto c’è un obbligarsi. È come se ci si desse una legge.
Infrangerlo è come violare una legge.
La promessa è un impegnarsi col Signore.

2. Cerco di illustrare con un esempio tale differenza.
Posso pattuire con una persona di consegnarle un’automobile. E questo patto lo metto per scritto, anche davanti ad un notaio.
Alla morte del donatore vi è l’obbligo della consegna della macchina.
Se non lo si fa, si può andare in grane giudiziarie.
Analogamente, fare un voto significa vincolarsi in maniera stringente.
Non soddisfare ad un voto significa commettere peccato. E se la materia ha una certa consistenza, può essere anche peccato grave. È come essere infedeli a Dio.
La promessa di dare una macchina non è ancora un obbligo. E, sebbene quando la si fa, la si vuole rivestire di una certa fedeltà, tuttavia non c’è lo stretto obbligo di consegnarla né si incorre in processi giudiziari.
Certo, fare una promessa al Signore e poi non mantenerla non è una bella cosa. Ma non c’è ancora lo stretto obbligo.

3. Inoltre il voto riveste l’azione che si compie di un significato nuovo: s’intende trasformare l’azione o la vita di una persona in un atto di lode per il Signore. Sicché si vuole che quell’azione o quella vita sia tutta dedicata a Dio.

4. A motivo di questo obbligarsi davanti a Dio il voto non si può fare se non vi è la certezza morale di poterlo osservare.
Proprio a motivo di questo obbligo o legame, nessuno si può svincolare da solo, ma deve ricorrere all’autorità della Chiesa.
Se si tratta di un voto privato può dispensarlo o commutarlo solo il parroco.
Se invece si tratta di un voto pubblico, come quello che fanno i religiosi, si deve ricorrere all’autorità ecclesiastica, che a seconda che il voto sia temporaneo o definitivo può essere il Moderatore generale dell’Istituto oppure il sommo Pontefice.

5. Mi domandi poi perché “una persona divorziata non può più risposarsi e partecipare all’Eucarestia mentre un sacerdote che rinuncia al sacerdozio (se non sbaglio) può sposarsi e partecipare alla Comunione?”.
Il motivo è semplice: l’indissolubilità del matrimonio è di diritto naturale e divino. Per questo il papa non può dispensare da un vero matrimonio, rato e consumato, e concedere di passare a nuove nozze.
Il celibato ecclesiastico invece non è di istituzione divina, ma ecclesiastica. È un obbligo che ha messo la Chiesa latina. Le Chiese Orientali, anche cattoliche, non hanno questo obbligo. Ragion per cui molti sacerdoti presso di loro sono sposati.
Allora la Chiesa può dispensare da quello che ha stabilito lei.
Ma non può dispensare da quello che ha stabilito Dio.

Ti ringrazio per la preghiera promessa.
La ricambio di cuore e ti benedico.
Padre Angelo