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Quesito

Caro Padre Angelo
ho appena letto la risposta che Lei ha dato a S. in data 5.1.2009,
La mia domanda è molto semplice: desidererei un approfondimento sul tirare a sorte e quando possiamo essere certi che l’apertura della Bibbia a caso (posta in essere anche da S. Agostino) scada nella forma idolatrica della bibliomanzia?
Grazie per la sua risposta, fin da ora.
La Mater Sapientiae vegli su di Lei e su tutti i Suoi confratelli, impegnati nel ministero dell’evangelizzazione.
Daniela


Risposta del sacerdote

Cara Daniela,
1. ti porto il limpido pensiero di san Tommaso tratto dalla Somma teologica, (II-II, 95, 8) il quale ha scritto in un periodo in cui la sorte veniva praticata abbastanza spesso, nonostante i richiami contrari delle leggi ecclesiastiche le severe condanne.
Ai suoi tempi andava per la maggiore un’opera scritta nel 1151 da Graziano, insigne canonista, dove si trovano raccolte leggi e sentenze ecclesiastiche: «Le sorti con le quali nei vostri affari decidete ogni cosa, e che i Padri hanno condannato, altro non sono che divinazioni e malefici. Perciò vogliamo che esse siano condannate, e che non siano più nominate fra i cristiani: e affinché non siano praticate le proibiamo sotto pena di scomunica» (Decreto di Graziano 2, 26, 5, 7).

2. Che cosa s’intende per sorte o sortilegio:
“Si ha la sorte o il sortilegio quando si compie un atto con il fine di arguire dall’osservazione del suo risultato qualcosa di occulto” (Somma teologica, II-II, 95, 8).

3. La sorte o sortilegio è di tre specie:
“Se da questo giudizio delle sorti si vuole sapere a chi si deve assegnare qualcosa, cioè dei beni materiali, onori, dignità, castighi o altro, abbiamo la sorte divisoria.
Se invece si vuole sapere il da farsi, abbiamo la sorte consultoria.
Se infine si vuole conoscere il futuro, si ha la sorte divinatoria” (Ib.).

4. Se tirando a sorte uno pensa di lasciarsi guidare dalle stelle “la sua è un’opinione stolta e falsa, e quindi aperta all’intervento diabolico.
Perciò tale divinazione è superstiziosa e illecita” (Ib.).

5. Se la sorte è “affidata alla fortuna, come può accadere solo nella sorte divisoria, l’azione sembra che non presenti altro vizio che quello di una certa leggerezza: come se alcuni, non riuscendo ad accordarsi nel dividere una certa cosa, decidessero di affidare la divisione al sorteggio, quasi affidando alcaso la parte che ciascuno deve prendere” (Ib.).
Alcuni codici civili, soprattutto per dividere l’eredità, se non vi sono altre vie percorribili talvolta prevedono il ricorso alla sorte.

6. Altre volte nella sorte ci si affida ad una causa spirituale.
Può accadere che per i mezzi usati ci si affidi al demonio, come si legge nella Scrittura: «Il re di Babilonia è fermo al bivio all’inizio delle due strade, per interrogare le sorti: agita le frecce, interrogagli dèi domestici, osserva il fegato» (Ez 21,21).
“Ora, questi sortilegi sono illeciti e proibiti dai Canoni” (Ib.).

7. “Altre volte invece il giudizio è atteso da Dio, secondo le parole dei Proverbi «Nel grembo si getta la sorte, ma la decisione dipende tutta dal Signore» (Pr 16,33). E tali sorteggi, come afferma S. Agostino (Enarr in Ps. 30,16), non sono riprovevoli” (Ib.).

8. “Tuttavia anche in questi casi in quattro modi può insinuarsi la colpa.
Primo, se si ricorre alle sorti senza necessità: poiché ciò si riduce a tentare Dio. Da cui le parole di S. Ambrogio: «Chi viene eletto a sorte sfugge al giudizio umano» (In Lc 1, su 1,8).
Secondo, se uno, anche in caso di necessità ricorre al sortilegio senza la debita riverenza. Da cui le parole di S. Beda: «Se qualcuno stretto dalla necessità pensa di ricorrere a Dio mediante le sorti, sull’esempio degli Apostoli, osservi che gli Apostoli si accinsero a ciò solo dopo aver radunato l’assemblea dei fratelli, e dopo aver pregato Dio» (In Act. 1,26).
Terzo, se i responsi divini vengono adoperati per gli interessi terreni. Infatti S. Agostino scrive: «Quanto a coloro che traggono le sorti dalle pagine del Vangelo, sebbene sia preferibile far questo che consultare i demoni, tuttavia a me dispiace questa consuetudine di volgere i divini oracoli agli interessi terreni, e alle vanità della vita presente» (Epist. 55,20).
Quarto, se si ricorre al sorteggio nelle elezioni ecclesiastiche, che devono svolgersi sotto l’ispirazione dello Spirito Santo. Per cui S. Beda nota che «Mattia, ordinato prima della Pentecoste, fu scelto a sorte» perché nella Chiesa non era stata ancora infusa la pienezza dello Spirito Santo; «in seguito invece i sette diaconi furono chiamati all’ordinazione non a sorte, ma mediante la scelta dei discepoli» (In Act. 1,26). Diverso pero è il caso delle cariche civili, che sono ordinate a disporre dei beni terreni, e nell’assegnazione delle quali spesso gli uomini ricorrono alle sorti, come anche nella spartizione dei beni temporali” (Ib.).

8. “Tuttavia nei casi di urgente necessità è lecito chiedere mediante le sorti, con la debita riverenza, il giudizio di Dio. Da cui le parole di S. Agostino: «Se in tempo di persecuzione i ministri di Dio discutono su chi di essi debba rimanere e chi invece fuggire per evitare che la Chiesa rimanga abbandonata in seguito alla fuga o alla morte di tutti, se non si può finire diversamente la discussione. mi pare che si debba ricorrere al sorteggio, per stabilire chi deve fuggire e chi invece rimanere» (Epist. 228).
E altrove egli dice: «Se tu hai del superfluo da dare a chi non ha, e ti trovi nell’impossibilità di dare a due persone, nel caso che ti si presentassero due individui di cui né l’uno né l’altro può giustificare la tua preferenza, sia per l’indigenza, sia per qualche legame con te, non potresti fare nulla di più giusto che tirare a sorte la persona da beneficare con l’offerta che non puoi dare a entrambi» (De doctr. christ. 1,28)” (Ib.).

Ecco dunque l’approfondimento richiesto e i limiti perché il nostro affidarsi al Signore non sia una tentazione di Dio, ma un atto di riverenza.
Ti ringrazio. ti ricordo al signore e ti benedico.
Padre Angelo