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Quesito

Caro P. Angelo
sono quel giovane in ricerca vocazionale che tempo fa le scrisse per chiederLe consiglio su letture spirituali.
Ebbene, torno ad abusare della sua pazienza per porgerLe due domande!
Da qualche tempo infatti, mi ritrovo a vivere la situazione di alcuni Santi: la c.d. “notte oscura”.
Non però come la vissero Loro, ma in modo diverso: cioè, a lunghi momenti di grande fervore e amore verso N.S.G.C., di grandi doni e grazie da parte sua, si avvicendano periodi più brevi in cui resta l’affetto ma scompare la passione, scompare l’intimità, talvolta scompare proprio Lui!
Questo mi provoca grande sofferenza anche perchè in questi periodi viene meno anche la mia difesa contro il peccato, il mio desiderio di fare adorazione eucaristica, recitare rosari (l’unica cosa che si salva, è forse la liturgia delle ore).
Come devo affrontare questo periodo?

Secondo: fin dai primi tempi della mia vocazione (o presunta tale) mi sono sempre chiesto se Egli mi chiama alla vita presbiterale diocesana o alla vita religiosa, come frate.
Come discernere su questo punto fondamentale? Quali criteri usare?
Grazie ancora per la sua pazienza e disponibilità.
D.


Risposta del sacerdote

Caro D.
1. quanto tu mi hai descritto nel primo punto corrisponde ai sintomi della cosiddetta notte oscura.
Tuttavia prima che uno arrivi alla notte oscura dello spirito ce ne vuole di cammino!
Non posso negare a priori che la tua sia la notte oscura dello spirito. Ho però i miei dubbi, dal momento che solo alcuni grandi santi l’hanno passata.
Tanto più che tu stesso parli di un venir meno della difesa contro il peccato e della diminuzione della vita di preghiera. Cose tutte che non sono successe ai santi che hanno passato la notte oscura dello spirito.

2. Più generalmente invece succede quello che descriveva San Bernardo a proposito delle fasi alterne che normalmente si vivono nella vita cristiana: a periodi di un certo fervore seguono periodi di aridità.
San Bernardo dice che questa è la tattica che Dio usa per stimolarci ad andare sempre più avanti: ad un periodo in cui si vive una certa intimità con Lui, ne succede un altro in cui sembra che svanisca la sua presenza. In realtà Lui non se ne va dalla nostra anima, ma fa così perché si ravvivi il nostro amore per Lui.
E l’amore per Lui lo si ravviva attraverso qualche atto particolare, attraverso qualche sacrificio fatto per amor suo.
San Tommaso dice che la mortificazione è la molla della devozione.
Quando il Signore vede che lo amiamo con questi atti, e cioè con i fatti, subito ci ricompensa portandoci a livelli più alti, e facendosi di nuovo sentire la sua dolce presenza.

3. San Bernardo usa queste precise parole: “Non est reversus Sponsus” (non si è allontanato lo Sposo), ma si comporta così perché si ravvivino da parte nostra tanti atti di amore (sed ut exerceatur negotium amoris).

4. Non va dimenticato che l’amore soprannaturale per il Signore, che in termini biblici e teologici si chiama carità) è un amore celeste, che non nasce dalla nostra buona volontà, ma è infuso da Dio nel nostro cuore, come dice san Paolo in Rm 5,5.
Va ricordato che non solo la nascita di questo amore, ma anche la sua crescita viene da Dio.
Gli atti di amore che noi facciamo costituiscono la corrispondenza alla sua divina ispirazione.
Ti auguro di corrispondervi sempre più sia con gli atti sia con la preghiera e con la bella invocazione: Signore, fà che ti ami sempre più.

5. Circa il secondo punto.
La vocazione, come ha detto il grande p. Sertillanges, è quello che uno è.
In altri termini la vocazione corrisponde in pienezza alle proprie inclinazioni e ai propri desideri. È il sentirsi fatti, tagliati, per intraprendere una determinata strada.
Per un prete diocesano ci sarà l’amore per la pastorale parrocchiale, per il contatto diretto con la gente: bambini, ragazzi, giovani, adulti, anziani.
Per un religioso, ad esempio domenicano, ci sarà l’attrazione allo studio, alla vita contemplativa, al raccoglimento, allo stare accanto alle anime per servirle direttamente nelle loro necessità spirituali e formative…
Per un monaco ci sarà l’attrazione a stare in monastero scandendo la vita tra la pregare e il lavoro manuale.
Per un francescano ci sarà l’attrazione ad una vita di semplicità evangelica, nella povertà e nell’umiltà.
Ti ho fatto solo alcuni esempi.
Adesso sta a te a esaminare per quale tipo di vita sei fatto.
Io ho enfatizzato un pò le varie caratteristiche, ma va detto che in ogni stato di vita sacerdotale o religiosa il primato va dato allo stare con Cristo, all’ascolto della sua parola e alla preghiera.

Ti prometto un ricordo nella preghiera, soprattutto perché il Signore ti aiuti a fare in maniera sollecita il discernimento della tua chiamata.
Ti saluto cordialmente e ti benedico.
Padre Angelo