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Caro padre Angelo
prima di tutto le dico grazie di cuore per il bellissimo servizio offerto dal vostro sito internet e spero che illumini più gente possibile.
Se possibile vorrei chiedere a lei, sicuramente più preparato di me, delle domande riguardo all’atto di dolore e al perdono in generale.
Pubblichi pure questa mia email e la sua gentile futura risposta sul vostro sito: spero possano aiutare qualcuno!
Premessa: io sono una persona scrupolosa e molte volte penso di commettere peccato mortale anche forse dove non c’è.
Questo mi fa cadere e mi fa credere di dover recitare l’atto di dolore perfetto per poter essere perdonato prima della Confessione.
Vengo adesso alle mie domande…
1ª domanda:
Ho letto che l’unico atto di dolore che rimette i peccati, anche mortali, prima della Confessione è quello perfetto.
Quest’ultimo si differenzia da quello imperfetto dal fatto che non si è mossi dalla paura di essere castigati da Dio o dalla paura dell’inferno bensì dal vero dispiacere di aver offeso il Padre con le nostre azioni.
Il punto è: come si fa a capire definitivamente e senza dubbio alcuno se l’atto di dolore da noi recitato è perfetto o imperfetto?
Ho già letto sul web le condizioni perché questo atto sia perfetto, ma gradirei avere una delucidazione diretta da lei, Padre Angelo, perché credo che anche io ho sbagliato a recitarlo.
Esiste una prova concreta, sensibile e definitiva per capire se abbiamo recitato un atto perfetto?
Credo sia una domanda importante perché se una persona si trova in colpa grave e muore poco dopo la differenza è abissale: con l’atto imperfetto va all’inferno mentre con quello perfetto si salva eternamente.
Come si fa a capire se si è mossi dalla paura dell’inferno o dal sincero dispiacere?
2ª domanda: so che ci sono diverse formule per l’atto di dolore.
Fin da quando ero piccolo mi hanno chiesto sempre questa, anche in confessionale: ” O Gesù d’amore acceso non ti avessi mai offeso ecc…”
Questa è più corta rispetto a: “Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati ecc…”
Le chiedo se la mia, ove recitata correttamente, ha la stessa valenza di atto di dolore perfetto come l’altra versione ben più lunga?

3ª domanda: nelle condizioni necessarie per un atto di dolore perfetto c’è anche il proposito implicito di confessarsi il prima possibile.
Il mio problema è questo: cosa significa “prima possibile”?
È quantificabile in tempo?
Ci si può preporre di confessarsi in un momento preciso dell’anno o si deve andare al confessionale subito dopo?
Esempio: se io recito l’atto di dolore e mi propongo implicitamente la confessione e posteriormente mi ricapita più e più volte tale occasione; io posso dire: “no, non mi confesso adesso ma più avanti” ?

So di essere stato lungo, ma questi sono secondo me argomenti importanti che possono servire anche ad altre persone.
Confido il lei Padre Angelo, mi delucidi per favore.
Saluti.


Carissimo,
rispondo alle tue domande seguendo la tua stessa numerazione.

1. Parlando di atto di dolore perfetto va detto subito che non esclude di essere accompagnato dal dolore imperfetto.
Il dolore imperfetto è quello motivato dai mali che possono ricadere su di noi a motivo dei nostri peccati.
Questo dolore è salutare perché fa evitare il peccato e spinge alla confessione. Ma di per sé, sebbene sia già frutto di grazie attuali da parte di Dio, non ripristina ancora la carità, che è il motore della grazia santificante.
La carità ci rende amici di Dio, suoi intimi e confidenti.
Ma si è veramente suoi amici solo quando ci dispiace di aver offeso un amico così buono e così amabile com’è Dio e di essere stati la causa della crocifissione e della morte del Signore.
Questo dolore non è solo frutto di grazie attuali, ma della grazia santificante.
Nessuno lo può emettere se non perché già raggiunto da questa grazia.

2. Per emettere un atto di dolore perfetto è sufficiente far nostri i sentimenti che la Chiesa ci suggerisce quando chiede di recitare l’atto di dolore.
Questi sentimenti sono quelli espressi dalle parole dell’atto di dolore che metto in grassetto:
“Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i tuoi castighi e molto più perché ho offeso te, infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa.
Propongo con il tuo santo aiuto di non offenderti mai più e di fuggire le occasioni prossime di peccato.
Signore, misericordia, perdonami”.
Questi sentimenti non sono una formalità, ma includono il proposito di cambiare vita.
Se non c’è la volontà di cambiare vita non si può parlare di contrizione perfetta.

3. L’atto di dolore recitato soprattutto nel milanese è quello che inizia con le parole O Gesù d’amore acceso
Sebbene più breve del precedente è tutto un atto di amore perfetto.
Anche qui sottolineo ciò che esprime il dolore che ripristina la grazia:
“O Gesù d’amore acceso non ti avessi mai offeso, o mio caro e buon Gesù con la tua santa grazia non ti voglio offender più perché Ti amo sopra ogni cosa”.

4. Nelle condizioni necessarie per un atto di dolore perfetto c’è anche il proposito implicito di confessarsi.
Non viene detto il prima possibile. È sottinteso appena se ne ha l’opportunità.
Ciò significa ad esempio che magari c’è l’occasione di confessarsi perché c’è un sacerdote disponibile, ma è più opportuno andare dal proprio confessore o comunque da un altro.
Pertanto vanno eliminate le ossessioni scrupolose che ti assalgono.

5. Ci tengo tuttavia a ricordare che il ricupero della grazia santificante attraverso un atto di dolore perfetto non è ancora sufficiente per potersi accostare alla Santa Comunione.
A questo rimanda la Sacra Scrittura quando dice: “Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice” (1 Cor 11,28).
Quel poi è significativo e suppone che nel frattempo si faccia quello che logicamente si deve fare e cioè la confessione dei peccati gravi.

6. Questo non solo per il significato intrinseco dell’istituzione del sacramento della confessione per cui Sant’Agostino dice: “Nessuno dica: ‘Faccio la Penitenza privatamente, per conto mio, di fronte a Dio’, e ‘il Dio che perdona conosce quello che compio nel cuore’. Dio allora avrebbe detto senza motivo: ‘ciò che scioglierete sulla terra sarà sciolto anche in cielo!’. Così come senza motivo avrebbe consegnato le chiavi del regno di Dio alla Chiesa! Si può rendere vano il Vangelo? Si possono rendere vane le parole di Cristo?” (Sermone 392, 3) ma anche perché con la confessione, oltre alla grazia santificante, viene data la grazia sacramentale, che dà tutti gli aiuti necessari per iniziare una vita nuova e per ricevere con purezza e santità il Corpo del Signore.

7. Solo in caso eccezionale, e cioè quando manchi l’opportunità di confessarsi e ci sia una ragione grave per dover fare la Santa Comunione è possibile accostarsi col solo atto di contrizione perfetta col proposito di confessarsi al più presto.
Così infatti dispone il canone 916: “Colui che è consapevole di essere in peccato grave, non celebri la Messa né comunichi al corpo e al sangue del Signore senza premettere la confessione sacramentale, a meno che non vi sia una ragione grave e manchi l’opportunità di confessarsi; nel qual caso si ricordi che è tenuto a porre un atto di contrizione perfetta, che include il proposito di confessarsi quanto prima”.
Desidero sottolineare che il proposito di confessarsi quanto prima è solo per chi in questo caso eccezionale fa la Comunione, e non per chi ordinariamente emette un atto di contrizione perfetta.
Anche se certamente è cosa buona confessarsi senza aspettare le calende greche. La grazia propria di questo sacramento è pure importante.

Ti ringrazio per le domande che possono interessare molte persone.
Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo