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Quesito
Caro Padre Angelo,
ho costituito a (nome della città) un gruppo di riflessione poetica e artistica. Questo gruppo è costituito da circa quindici persone che sai riuniscono mensilmente a casa mia. Questi amici pur desiderando parlare di Dio, rifiutano qualche volta la Chiesa come istituzione. Ora il mio interesse più immediato è quello di capire i vari caratteri e cercare, con il tempo di convincere i membri del gruppo che la Chiesa può essere criticata in certi suoi comportamenti storici ma prima di tutto va conosciuta a fondo per poterlo, al limite, fare. Ora è venuto fuori che il troppo famoso Codice da Vinci è stato finalmente recepito come una “bufala”. Mi scusi il termine popolare ma efficace. Invece c’è qualcuno che crede, (..crederanno alle favole..) a Gesù che, non deceduto sulla croce, si recò a vivere in Cashmir, ecc. ecc. una di questi amici, mi ha dato un libro da leggere su questo argomento. Ho iniziato la lettura ma immediatamente ho capito che è una vera favola per bambini. Questo mio amico è comunque disposto a rinunciare a questa convinzione se gli dimostro che una certa parte del libro è chiaramente falsa. Bene, nel libro c’è un riferimento ad una lunga lettera che Pilato avrebbe scritto all’imperatore sostenendo che Gesù era in fondo una brava persona ecc. ecc. Mi risulta che l’unico documento su Pilato sia la famosa stele, trovata non molti decenni fa, da cui si desunse che il personaggio era veramente esistito ed operato nel periodo indicato dai Vangeli. La lettera cui fa riferimento il libro è, secondo la Bibliografia, custodita al British Museum di Londra.
A me appare chiaro che sia tutta una invenzione ma chiedo un suo chiarimento.
In quanto al gruppo seguirà le indicazioni di Papa Giovanni Paolo II sull’arte. “La bellezza salverà il mondo” Con tutte le sue implicazioni.
Spero bene.
Suo riconoscente
Edmondo
Risposta del sacerdote
Caro Edmondo,
mi compiaccio per la tua bella iniziativa di riunire in casa, come in un cenacolo, quindici persone che mensilmente riflettono sulla bellezza.
Sono persuaso, come te, che la verità conosciuta in tutte le sue implicazioni ha il suo potere di conquista.
Venendo alla tua domanda: la storia della “lettera di Pilato”!
Quella lettera è bella. Ricordo di averla letta anch’io da qualche parte.
Ma subito viene il sospetto che si tratti di un apocrifo, a motivo del tono palesemente apologetico, tono che invece è del tutto estraneo ai libri canonici.
Anche questo è un bell’argomento che mostra la serietà e la credibilità della Chiesa.
1. Ti riferisco quanto scrivono due studiosi (Perella e Vagaggini) in un manuale di “Introduzione alla Bibbia”, manuale sul quale io ho studiato e che è stato molto apprezzato per competenza e serietà.
Questi autori ne parlano all’interno del capitolo sugli apocrifi.
“Vangelo di Nicodemo, detto anche «Atti di Pilato» dalla prima parte. Si compone di due parti che primitivamente formarono due scritti indipendenti: la prima (Atti di Pilato, 1-16) racconta il processo di Gesù davanti a Pilato, il suo supplizio e la risurrezione; la seconda (Discesa di Gesù Cristo agli Inferi, 17-27) riferisce il racconto di due risuscitati alla morte di Gesù che furono testimoni della sua discesa al Limbo.
Ambedue gli scritti risalgono al sec. IV-V, ma forse hanno un fondo molto antico. La versione latina riporta in fine una lettera (sec. XIII-XIV) di Lucio Lentulo, preteso predecessore di Pilato, al Senato romano con la descrizione delle fattezze fisiche di Gesù” (p.113).
In nota si legge: “A proposito delle relazioni tra Gesù e Pilato vi è tutta una lunga serie di letteratura apocrifa, denominata dai critici ciclo di Pilato”.
2. Ti riferisco anche quanto si trova scritto in Enciclopedia Cattolica (1952) sotto la voce Ponzio Pilato.
II. Apocrifi di Pilato. Complesso di scritti apocrifi che si completano a vicenda, formati di parti primitive e aggiunte successive. Il nucleo primitivo pare si componesse di scritti cristiani del sec. II, narranti la Passione, la morte, la discesa al limbo e la Risurrezione di Gesù, riuniti sotto un titolo generale di Acta Salvatoris. Si aggiunsero poi altri scritti, contenenti la notificazione fatta da Pilato di ciò che era accaduto riguardo a Gesù, il castigo inflitto a lui e ai Giudei per la condanna del divino innocente. Si possono distinguere 7 opere di questa collezione.
a. Atti di Pilato. Scritto giunto in due recensioni greche, assai differenti tra di loro (A e B), una siriaca, una copia, una armena, due latine (A e B). Pare fosse già conosciuto da s. Giustino (Ap., I, 35 e 48: PG 6, 384 e 400) e da Tertulliano (Apol., 21 PL i, 461). È composto di due parti, completate ambedue in seguito, contenenti: la prima, il processo del Redentore davanti a Pilato; la seconda, la sepoltura per opera di Giuseppe d’Arimatea. La parte primitiva pare scritta, poco dopo gli avvenimenti, da un giudeocristiano; fu completata poco dopo. Lingua originale fu l’aramaica. Nel 425 l’apocrifo fu ritrovato da un certo Aenia, da lui tradotto in greco e pubblicato, con una prefazione: a tale tempo risale la recensione da cui derivarono le altre oggi conosciute. Ha fine palesemente apologetico. L’autore, se non fu egli stesso testimone degli avvenimenti, si servì della narrazione evangelica come di sfondo, aggiungendovi parecchio di suo, tratto da testimonianze trasmesse a viva voce e ben note ai suoi contemporanei.
Narra il processo di Gesù svoltosi davanti a Pilato, con relative accuse e difese. Il procuratore riconosce ripetutamente l’innocenza di Gesù, ma lo condanna; Gesù è crocifisso e muore. I Giudei rimproverano Nicodemo per la parte assunta a favore di Gesù e incarcerano, per lo stesso motivo, Giuseppe d’Arimatea, che nella notte viene miracolosamente liberato. Al mattino i soldati posti a custodia del sepolcro di Gesù vengono ad annunziare la Risurrezione ed altri, arrivando dalla Galilea, assicurano di aver visto il Maestro conversare con i discepoli. Ai Giudei increduli, Nicodemo propone di far cercare Gesù: non viene trovato, ma scoprono che Giuseppe è a casa sua. Invitato in concilio, narra la propria liberazione. Poi arriva la notizia dell’Ascensione del Salvatore: allora la fede in lui si fa strada in quei cuori.
2. Discesa di Cristo agl’inferi. – Questo apocrifo si trova sovente, specie nelle versioni latine, al seguito del precedente; nei codici greci per lo più manca, come pure nella versione copra. È conservato in una sola recensione greca, mentre anche per esso quelle latine sono due. Fu anch’esso scritto da un giudeo-cristiano. Tuttavia forma un’opera distinta e indipendente, solo in seguito aggiunta agli Atti di Pilato, dei quali è conferma e complemento. C. Tischendorf lo fa risalire al principio del sec. II o anche alla fine del I d. C.; L. Darley afferma che è dei primi anni dopo gli avvenimenti narrati.
Contiene la narrazione della discesa di Cristo al limbo e di ciò che là avvenne, scritta dai due figli del vecchio Simeone, Lettere e Carino, risuscitati da Gesù risorto.
Gesù fa prigioniero Satana, trae fuori i giusti, consegna Adamo a Michele Arcangelo il quale lo porta nel Paradiso Terrestre, dove si trovano Enoch, Elia e il buon ladrone. Alla fine del libretto molti codici pongono una Lettera di Pilato a Claudio, in cui egli narra ciò che è accaduto durante il suo governo: accuse dei Giudei a Gesù, sua credulità alle loro parole, condanna di Gesù. Egli però risorge, ma avendo i Giudei cercato di corrompere i testimoni, Pilato suole mettere in guardia l’Imperatore dalle loro menzogne.
3. Lettera di Pilato.- È conservata da alcuni codici latini, nessuno greco; di autore e data incerta. Conosciuta pure come Seconda lettera di Pilato, indirizzata a Tiberio. Suppone la prima. Nei codici segue il racconto della Discesa agl’inferi, e sembra risalire a non molti decenni dopo la disgrazia di Pilato e il suo ritorno a Roma.
In essa Pilato si scusa di aver dovuto condannare Gesù, uomo piissimo, dicendo d’esservi stato costretto dai Giudei, tutti uniti nel volerne la morte, che fu poi accompagnata da prodigi mai visti. Afferma pure di aver voluto evitare sedizioni e salvare l’autorità dell’Imperatore.
4. Vangelo di Nicodemo. – Non è un nuovo libro apocrifo, ma la riunione degli Atti di Pilato con La discesa di Cristo agl’inferi.
Il primo codice che ne testimonia l’unione è quello di Einsiedeln, del sec.X: non si sa tuttavia quando e da chi furono per la prima volta riuniti. Di tale unione non si ha notizia nei codici greci. Il titolo è molto recente, forse del sec. XVI.
5. Anaphora Pilati. – Conosciuta anche sotto il nome di Epistola di Pilato a Cesare, è tuttavia completamente diversa dalla lettera a Claudio. È un rapporto che Pilato fa all’imperatore Tiberio di quanto è avvenuto in Palestina riguardo a Gesù. Anch’essa antichissima, è conservata in due recensioni greche abbastanza simili tra di loro. Non c’è in codici latini: Pilato scrive che i Giudei gli hanno consegnato Gessi accusandolo specialmente di aver violato il sabato. Gesù invece si era mostrato sempre buono ed aveva beneficato molti, anche con miracoli. Indotto dai tumulti, egli prima fece flagellare Gesù, poi lo condannò a morte. I Giudei lo crocifissero. Quando fu sulla Croce, il sole si oscurò, la terra tremò e si aprì, e molti morti risuscitarono. Nell notte dopo il sabato, Gesù stesso risorse e richiamò in vita quanti si trovavano nel Limbo. Molti giudei nemici di Gesù furono ingoiati dalla terra, e tutte le sinagoghe di Gerusalemme furono distrutte.
6. Paradosis Pilati. – È come la continuazione o, meglio, la conseguenza dell’Anaphora: facilmente del medesimo autore, sconosciuto. Conservata solo in pochi codici greci.
Avuta la relazione di Pilato, l’Imperatore divenne furibondo, e mandò ad imprigionarlo. Arrivato a Roma, fu sottoposto a giudizio solenne e condannato a morte. Anche i Giudei furono castigati, in parte con la morte in parte con la schiavitù.
7. Vindicta Salvatoris. – Riguarda anch’essa i rapporti dei Romani con il Salvatore. Conservata solo in alcuni codici latini, di autore ignoto.
Deve risalire ai tempi di Claudio, almeno nella recensione primitiva, assai breve, che ha costituito il nucleo primitivo di quella lunga. La recensione latina, così come è giunta, è certamente composta di più scritti, come ne fanno fede le ripetizioni che vi si trovano. Nella parte primitiva si narra il castigo di Pilato e dei Giudei, inflitto da Tito e Vespasiano. A questa parte fu poi aggiunta la narrazione di una missione di Velusiano, che qui vien fatto chiamare da Tiro e Vespasiano: egli si reca in Palestina, cerca una figura di Gesù; trova il fazzoletto della Veronica, lo porta a Roma, dove viene adorato da Tiberio, che con quell’atto merita la guarigione dai suoi mali e si fa battezzare.
In conclusione oltre agli Atti di Pilato e la Discesa di Cristo agl’inferi, pare che le diverse Lettere di Pilato e la Vindicta Salvatoris, conservata in latino, corrispondano all’Anaphora e alla Paradosis Pilati dei codici greci hanno i medesimi scopi, ma sono indipendenti tra di loro. Derivano tuttavia ambedue da fonte comune, ufficiale, e vogliono completare il ciclo degli Acta Salvatoris. Studi posteriori potranno chiarire parecchi punti ancora oscuri.
Ti porgo i più cordiali auguri, assicuro la mia preghiera per te e per le persone che riunisci in casa. Le ricorderò in modo particolare nella celebrazione della S. Messa.
Ti benedico.
Padre Angelo