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Quesito

Caro Padre Angelo,
come posso rispondere con semplicità circa i vangeli apocrifi? e la canonicità dei sinottici?
Grazie!


Risposta del sacerdote

Caro “anonimo”,
1. Abbiamo un’opera del 1° secolo, la Didaché, che cita i Vangeli e soprattutto quello di Matteo.
Nel 2° secolo le citazioni sono più abbondanti, in particolare in Giustino (150-160), in Taziano (fine del 2° sec.), in Marcione (fine del 2° sec.), in Teofilo di Antiochia (fine del 2° sec.)
Ma fra tutte le testimonianze, quella di Papia su Marco e Matteo è la più importante, sia per l’antichità, sia perché – in qualche modo – sta alla base di quelle che seguono.
Papia conobbe personalmente San Giovanni e secondo S. Ireneo (fine 2° sec.) fu suo discepolo.
È pertanto indispensabile riportarne il testo esatto così come Eusebio ce lo riferisce.
Eccolo:
«Se veniva qualcuno che era stato al seguito dei presbiteri, lo interrogavo sulle parole dei presbiteri: che cosa disse Andrea, che cosa Pietro, che cosa Filippo, che cosa Tommaso o Giacomo, che cosa Giovanni o Matteo, o qualche altro dei discepoli del Signore; ciò che dicono Aristione e il presbitero Giovanni, discepoli del Signore.
Perché ritenevo di ottenere tanto vantaggio dalle cose tratte dai libri, quanto dalle cose dette da voce viva e presente. E… questo diceva il presbitero: “Marco, divenuto interprete di Pietro, scrisse accuratamente, ma non per ordine, quanto ricordò delle cose dette o fatte da Cristo”.
E infatti egli non ascoltò il Signore e non lo segui; ma più tardi, come dissi, segui Pietro, il quale teneva istruzioni secondo le necessità, e non per fare un’esposizione ordinata dei detti del Signore.
Sicché Marco non ha mancato in alcun modo scrivendo così alcune cose come le ricordava; di una cosa sola infatti si preoccupò, di non tralasciare nulla di quanto udì e di non mettere in esso nulla di falso».
Di Matteo dice: «Matteo dunque ordinò i “detti” in lingua ebraica, e ognuno li interpretò come ha potuto».
Le testimonianze su Luca iniziano nella seconda metà del 2° secolo con Ireneo col Canone Muratoriano.
Luca è riconosciuto come autore del Vangelo e degli Atti, i quali si fermano all’arrivo dell’Apostolo Paolo a Roma e non ne descrivono il martirio.
Questo ha fatto pensare che Luca finì di scrivere gli Atti prima del martirio di San Paolo, perché diversamente ne avrebbe parlato. Infatti, dopo aver descritto ampiamente il martirio del diacono Stefano, come avrebbe potuto tralasciare quello dell’Apostolo?

2. Abbiamo anche la testimonianza del Canone Muratoriano. Si tratta di un testo che, al più tardi, risale all’anno 180.
Il valore del Canone è notevole. L’autore è un tenace assertore dell’autorità apostolica e dell’autorità della Chiesa.
Il tono autoritario e il netto senso della cattolicità sono argomenti in favore dell’origine romana.
L’autore scrive: «Noi accogliamo, noi non riceviamo… La Chiesa cattolica non può accogliere…». Solo un capo ha il diritto di parlare così netto e autoritariamente. Inoltre il suo orizzonte è quello della Chiesa cattolica.
Il documento presenta una quadruplice serie di libri.
1. Libri che sono considerati sacri da tutti e si devono leggere in chiesa pubblicamente sono: i quattro vangeli, gli Atti, 13 epistole di Paolo (manca l’epistola agli Ebrei), l’Apocalisse, l’Epistola di Giuda, due epistole di Giovanni e, molto verosimilmente, le due epistole di Pietro.
2. Libri che non sono considerati sacri da tutti e che quindi non tutti leggono pubblicamente in chiesa; di questa categoria fa parte l’Apocalisse di Pietro.
3. Libri che si possono leggere privatamente, ma che non è lecito leggere pubblicamente in chiesa: cosi il Pastore di Erma e il libro della Sapienza
4. Libri che dalla Chiesa non possono essere ricevuti perché apocrifi e scritti da eretici; di questa categoria fanno parte l’epist. di Paolo ai Laodicesi, quella agli Alessandrini e tutti gli scritti citato dal documento.

3. La migliore testimonianza è quella che viene data dal Magistero della Chiesa, il quale, garantito dallo Spirito Santo, ha accolto tra i libri ispirati quelli che la Tradizione ha sempre ritenuto tali.

4. Gli Apocrifi.
Apocrifo etimologicamente significa «nascosto», «segreto», e designa uno scritto falsamente attribuito a un autore, ma il cui vero autore rimane ignoto.
Nell’uso ecclesiastico si chiamavano apocrifi i libri non ammessi per la pubblica lettura liturgica. Siccome però nella Chiesa si leggevano pubblicamente solo i libri canonici, il termine «apocrifo» divenne e rimase sinonimo di non canonico. In questo senso San Girolamo chiamava apocrifi i deuterocanonici, perché non canonici secondo gli Ebrei.
In generale gli apocrifi si possono definire: libri di autori incerti che per il titolo o l’argomento presentano qualche affinità con quelli della Sacra Scrittura, ma ai quali la Chiesa universale non riconobbe mai autorità canonica.
Vi sono apocrifi dell’Antico e del Nuovo Testamento. La denominazione si riferisce al contenuto, non alla data di composizione.
Lo scopo degli apocrifi è assai vario.
Degli apocrifi del Nuovo Testamento alcuni sono dovuti ad eretici che li composero allo scopo di far passare le loro false dottrine sotto il patrocinio di qualche autorevole personaggio.
Altri si devono a pii fedeli che per colmare alcune lacune degli scritti canonici inventarono – o, qualche volta, tramandarono – vari aneddoti della vita del Signore, della Madonna, degli apostoli, ecc.; questi aneddoti sono molto spesso puerili e ridicoli.
Si comprende perciò come l’autorità ecclesiastica si sia sempre opposta alla diffusione degli apocrifi, e qualche volta ne abbia severamente proibita la lettura. Questo ha causato la perdita di gran parte di essi; tuttavia ne rimane ancora un numero considerevole.
La conoscenza di questi scritti contribuisce alla conoscenza delle correnti religiose, delle dottrine e anche degli errori esistenti presso i fedeli o presso le sette dei primi secoli cristiani.
La lettura di questi vangeli apocrifi mostra la fede semplice del popolo, fa comprendere molti monumenti dell’arte e della letteratura cristiana e suggerisce che non tutto in essi è fantasia. Essi contengono, qualcosa di autentico e venerabile.
Il confronto degli apocrifi con i libri canonici mostra inoltre la superiorità di questi su quelli, sia per il contenuto religioso sia per le bellezze letterarie.
Tra i Vangeli apocrifi più conosciuti vanno ricordati:
Il Vangelo degli Ebrei e il Vangelo dei nazirei,
Il Vangelo degli ebioniti,
Il Protovangelo di Giacomo,
Il Vangelo di Tommaso,
Il Vangelo di Nicodemo,
La storia di Giuseppe il falegname.
Come si vede, non compare il Vangelo di Giuda, scritto nel terzo o nel quarto secolo, e non ritenuto né attendibile (per le sue evidenti falsità) né edificante.

Saluto e benedico.
Padre Angelo