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Quesito

Caro Padre Angelo,

Forse ne ha già parlato, però mi può chiarire cosa sono i pacs e unioni di fatto? Perchè alcune persone decidono di scegliere questo tipo di unioni piuttosto che il matrimonio (civile o religioso)? sicuramente io sono d’accordo sul fatto che un’eventuale famiglia omossessuale non è una vera famiglia in quanto penso che tutti i bambini hanno diritto a un padre e una madre…però effettivamente due uomini o due donne possono occuparsi affettuosamente di un bambino. Se accadesse ciò ovvero un bambino fosse adottato da una coppia omossessuale e si trovasse bene…non avrei (come penso altri) cuore a strapparlo da queste persone. Secondo lei quali conseguenze negative potrebbero nascere dalla legalizzazione di queste unioni (e in special modo omossessuali). Premetto che non ho niente contro gli omossessuali e chi convive, però effettivamente mi sembra che il matrimonio tra uomo e donna sia ben più solido e equilibrato anche se purtroppo lo si vede come un unione sorpassata. Ultimissima domanda: secondo lei l’omosessualità si può curare? Non penso sia una malattia però un anomalia quello sì…
Scusi magari non mi sono espresso bene e sono un po’ confuso

Matteo


Risposta del sacerdote

Caro Matteo,
le domande che tu mi poni sono molte: sono sei per la precisione.
Le scompongo così:
1. Che cosa sono i pacs e le unioni di fatto.
2. Perchè alcune persone decidono di scegliere questo tipo di unioni piuttosto che il matrimonio (civile o religioso)?
3. Sicuramente io sono d’accordo sul fatto che un’eventuale famiglia omossessuale non è una vera famiglia in quanto penso che tutti i bambini hanno diritto a un padre e una madre…però effettivamente due uomini o due donne possono occuparsi affettuosamente di un bambino.
4. Secondo lei quali conseguenze negative potrebbero nascere dalla legalizzazione di queste unioni (e in special modo omossessuali).
5. Premetto che non ho niente contro gli omossessuali e chi convive, però effettivamente mi sembra che il matrimonio tra uomo e donna sia ben più solido e equilibrato anche se putroppo lo si vede come un unione sorpassata.
6. Ultimissima domanda: secondo lei l’omosessualità si può curare? Non penso sia una malattia però un’anomalia quello sì…

Risponderò a tutte, ma non in una volta sola, per non essere troppo lungo.
Ecco la risposta alla prima domanda.

1. Che cosa sono le unioni di fatto
I pacs (sigla che sta per patti civili di solidarietà) sono la regolamentazione francese alle cosiddette unioni di fatto.
Per “unione di fatto” si intende la convivenza tra persone eterosessuali oppure omosessuali che ha per caratteristica o per base l’esperienza sessuale.
Le unioni di fatto sono caratterizzate, in senso negativo, dal fatto che esse ignorano, rimandano o perfino rifiutano l’impegno coniugale.
In senso positivo invece sono caratterizzate da alcuni elementi, quali il mutuo aiuto, la convivenza more uxorio (i due si trattano come marito e moglie), una relativa tendenza alla stabilità.
Quest’ultimo elemento distingue le unioni di fatto dalle coabitazioni sporadiche oppure occasionali.

2. Differenza tra matrimonio e unioni di fatto
Le unioni di fatto si distinguono dal matrimonio perché non comportano, anzi, non vogliono diritti e doveri matrimoniali.
Si distinguono per la ferma rivendicazione di non implicare alcun vincolo.
Di qui emerge la sostanziale differenza tra matrimonio e unione di fatto.
Il primo (il matrimonio) è la donazione totale e reciproca di un uomo e di una donna, di sua stessa natura ordinata alla trasmissione della vita.
Questa donazione totale esclude qualsiasi riserva in ordine alla sua stabilità e per questo è indissolubile.
Il vincolo giuridico del matrimonio rinforza l’amore vicendevole e favorisce il suo perdurare a vantaggio del coniuge, della prole e della stessa società.
Non vi è alcun dubbio che il matrimonio costituisce l’ambito umano e umanizzante più propizio ad accogliere i figli: più facilmente garantisce una sicurezza affettiva, una maggiore unità e continuità nel processo di integrazione sociale e di educazione.
Le unioni di fatto, proprio perché sono libere, non intendono proteggere l’amore vicendevole, che facilmente viene inteso solo a livello sentimentale o di attrazione, né garantiscono quella sicurezza di cui ha bisogno un figlio per la sua serenità e per il suo equilibrio.
È dunque evidente l’essenziale differenza fra una pura unione di fatto e il matrimonio.
Sebbene ambedue siano originati dall’amore, tuttavia nel matrimonio l’amore si traduce in impegno non soltanto morale, ma rigorosamente giuridico.

3. Il fondamento del matrimonio e delle unioni di fatto
Matrimonio e unioni di fatto si basano ambedue sull’amore.
Ma l’amore da cui nascono è profondamente diverso.
Il matrimonio infatti nasce dall’amore coniugale, e cioè da quel amore per il quale i due si espropriano di se stessi e si donano vicendevolmente al punto da costituire una nuova realtà, una sola carne, con tanto di diritti e di doveri.
Le unioni di fatto invece sono basate sul libero amore, senza alcun vincolo, senza alcun dovere.
Come ognuno vede, il problema delle unioni di fatto non è questione di fede cristiana, ma di razionalità. Può e deve essere affrontato con la ragione.
Proprio perché hanno come fondamento l’amore coniugale, il matrimonio e la famiglia non sono un semplice affare privato, ma un’istituzione pubblica derivante dal diritto naturale, che trascende le volontà dei contraenti e li impegna, con dei precisi diritti e doveri, in vista del vicendevole perfezionamento, della generazione e dell’educazione di figli.
Le unioni di fatto non vogliono tutto questo.

4. In questa situazione cosa deve fare lo stato?
Ecco il pensiero del Pontificio consiglio per la famiglia: “Occorre tener ben presente la distinzione tra interesse pubblico e interesse privato.
Nel primo caso, la società e i poteri pubblici hanno il dovere di proteggerlo e di promuoverlo. Nel secondo caso, lo stato deve limitarsi a garantire la libertà.
Dove l’interesse è pubblico interviene il diritto pubblico.
E ciò che risponde a interessi privati, deve essere rimesso, al contrario, all’ambito privato.
Il matrimonio e la famiglia rivestono un interesse pubblico e sono il nucleo fondamentale della società e dello stato; come tali, devono essere riconosciuti e protetti.
Due o più persone possono decidere di vivere insieme, con o senza relazione sessuale, però questa convivenza o coabitazione non riveste per questo interesse pubblico.
I poteri pubblici possono evitare di intromettersi in questa scelta, che ha carattere privato.
Le unioni di fatto sono la conseguenza di comportamenti privati e su questo piano privato dovrebbero restare.
Il loro riconoscimento pubblico o la loro equiparazione al matrimonio, con la conseguente elevazione degli interessi privati al rango di interessi pubblici, sarebbero pregiudizievoli per la famiglia fondata sul matrimonio.
Nel matrimonio, l’uomo a donna costituiscono tra di loro un’alleanza di tutta la vita, ordinata per sua stessa natura al bene dei coniugi, alla generazione e all’educazione della prole.
A differenza delle unioni di fatto, nel matrimonio si assumono pubblicamente e formalmente impegni e responsabilità di rilevanza per la società, esigibili nell’ambito giuridico” (PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA, Famiglia, matrimonio e unioni di fatto, n. 11).
Ci si chiede concretamente: perché lo Stato dovrebbe intervenire sulla sfera privata per dare tutela pubblica a chi invece si è già rifiutato di averla?
Dionigi Tettamanzi osserva che “con l’istituzione del registro delle unioni civili si riconosce uno speciale status giuridico di famiglia a persone che liberamente hanno rifiutato e rifiutano proprio lo status di famiglia, con tutti i correlativi diritti e doveri. Così è lo stesso soggetto pubblico (il Comune) a cadere in una palese e intollerabile contraddizione.
Va aggiunto anche che mentre il soggetto pubblico si assume delle obbligazioni nei confronti dei conviventi, questi non si assumono nessuna obbligazione: ai conviventi vengono riconosciuti dei diritti, ma da essi non si esigono doveri. Si tratta di un atto giuridico a senso unico.
Ed è paradossale che sia lo stesso soggetto pubblico a farsi responsabile del rifiuto della dimensione sociale della convivenza familiare e del riconoscimento dell’individualismo più marcato” (Famiglia e unioni di fatto, in Osservatore Romano, 5.9.1998, p. 7).

Per ora facciamo punto qui.
Intanto ti saluto, ti accompagno con la preghiera e ti benedico.
Padre Angelo