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Quesito

Caro Padre Angelo,
da circa tre anni sono catechista di un gruppo di ragazzini della mia parrocchia. E’ un’esperienza che mi avvicina sempre di più al Signore, e lo lodo per questa chiamata impegnativa ma arricchente! Il parroco durante le catechesi formative ci ha davvero illuminato, facendoci dolcemente scivolare da una fede quasi esclusivamente devozionale e basata sui segni ad una fede più matura e basata sulla Parola. Imparando a fare i collegamenti tra i brani delle Sacre Scritture, cogliendo i significati veri (partendo da chi ha scritto il Vangelo, per chi, quanto tempo dopo la Resurrezione di Cristo) ho imparato anche a “gustare” maggiormente l’essere Chiesa, una Chiesa che si fa madre e grembo della fede. Fin qui tutto bene, tutta grazia….ma c’è un ma…
Lo scorso anno mi sono trovata a preparare i “miei” bambini al Sacramento della Riconciliazione, con molto scrupolo e approfondimento. Il brano proposto era il Padre Misericordioso (il parroco dice che non bisogna più chiamarlo “Figliol Prodigo..” ed ho ben capito il perchè). Quando mi sono trovata a chiedere al parroco un esame di coscienza da proporre ai bambini la sua risposta è stata che non bisogna più utilizzarlo, che la spiegazione del peccato va data così: esamino la mia vita e vedo ciò che è si è svolto lontano da Dio, ciò che non ho vissuto alla Luce della Sua Parola. Secondo la sua opinione l’esame di coscienza è una specie di “lista” dei peccati che ha poco significato, che fa nascere solo sensi di colpa e che non è questo il modo per essere reinseriti nella Comunità. La riflessione è andata subito ai miei stessi figli (13 e 11 anni), che hanno affrontato i Sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia nel Giorno del Signore senza mai aver visto un’esame di coscienza…. il risultato è che non hanno affatto chiaro il significato di peccato, e che quando si accostano alla Riconciliazione non sanno cosa devono dire perchè non sono ancora in grado di trovare i collegamenti tra lo loro vita e la Parola, e soprattutto non hanno ancora approfondito la Parola nella sua interezza. Per essere pratica: mio figlio più grande non aveva chiaro il fatto che mancare alla Messa domenicale è peccato (anche se lui vi partecipa sempre).
Cosa ne pensa? Mi scusi se sono stata così prolissa ma purtroppo è nella mia natura!
Un augurio di Buon Anno, una preghiera per Lei e con Lei
Grazie
Ermanna


Risposta del sacerdote

Carissima Ermanna,
grazie degli auguri che ricambio di cuore e soprattutto grazie della preghiera per me e con me.
Alexis Carrel, premio nobel della medicina, ha detto che la preghiera è la più grande energia che si possa suscitare in questo mondo.

1. Ma adesso vengo alla tua domanda.
Il tuo parroco fa bene a dire che dobbiamo confrontarci con la parola del Signore, anzi col Signore stesso. Perché Gesù è la Verità della nostra vita.
Noi comprendiamo i nostri peccati quando ci mettiamo di fronte a Gesù, a quello che siamo e a quello che dovremmo essere.

2. Ma tu avresti dovuto avere la prontezza di dirgli che il Signore stesso ci aiuta a compiere questo confronto dandoci il decalogo, i dieci comandamenti, che costituiscono la Legge che Gesù non è venuto ad abolire, ma a portare a compimento.
I dieci comandamenti sono nello stesso tempo un buon sussidio per fare l’esame di coscienza.
Quando mi capitano in confessione persone che da tanto tempo non si confessano e che mi dicono: “Padre, mi aiuti a confessarmi”, io passo in rassegna, davanti a loro, un comandamento dietro l’altro. E la confessione viene fuori integra e con le idee un pò più chiare su ciò che è peccato grave e veniale.

3. Circa la “lista” dei peccati: purtroppo abbiamo una lista e anche abbastanza lunga. La Parola di Dio dice che “tutti quanti manchiamo in molte cose” (Gc 3,2). E pastoralmente siamo chiamati ad aiutare tutti, cominciando dai ragazzi, a prendere coscienza delle molte cose in cui manchiamo.
Facciamo delle “liste” per tante cose nella nostra vita.
Perché non fare la lista anche dei nostri impegni verso noi stessi, verso Dio e verso il prossimo?

4. A proposito dei “sensi di colpa” bisogna distinguere tra senso di colpa e senso del peccato.
Il senso di colpa, come rimorso della coscienza e dolore dell’animo, è intimamente connesso con il male compiuto, e quindi anche al senso di peccato.
Ma i due concetti non sono del tutto equipollenti.
Il senso di colpa, sotto il profilo psicologico, è quel senso di smarrimento e di angoscia che si prova nel venir meno a se stessi, a ciò che si ritiene di un certo valore. E questo senso di colpa si può avvertire anche per azioni od omissioni che non sono peccato o che sono dettate da puro conformismo.
Il senso del peccato invece deriva dall’avvertenza che si prova nei confronti di Dio quando si sa di averlo offeso, di aver disatteso la sua volontà, di aver rifiutato o disprezzato il suo dono.
Il senso di colpa ha dinanzi a sé la prospettiva dell’angoscia, perché uno si trova solo con se stesso.
Il senso del peccato invece ha dinanzi a sé la misericordia del Padre il quale fa sovrabbondare la grazia dove è abbondato il peccato.
Cristo infatti, nel sacramento della Penitenza, versa sui nostri peccati il suo sangue che ha un merito infinito. Là dove noi abbiamo demeritato, Lui vi mette i suoi meriti preziosissimi. Proprio come ha fatto il Padre col figliol prodigo: al posto del vestito sporco e lacero ha fatto indossare la tunica più bella.

È necessario che i nostri ragazzi, e non solo loro, abbiamo chiaro il senso dei loro peccati. Solo così possono desiderare e sperimentare l’infinita tenerezza di Dio nel sacramento della Confessione.

Ricambio il ricordo nella preghiera.
Ti benedico.
Padre Angelo