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Quesito
Caro Padre Angelo,
leggendo "Le glorie di Maria" di sant’Alfonso Maria de’Liguori, ho riscontrato un episodio che mi ha agghiacciato al punto di non lasciarmi ritrovare il mio equilibrio nell’approccio alla Fede.
Glielo riferisco, nella speranza che Lei voglia dissipare lo sconcerto che ha provocato in me (ma, ne sono certo, si tratta di una difficolta’ che molti altri incontrerebbero leggendo lo stesse pagine):
Nel capitolo 3 – Maria è la paciera de’ peccatori con Dio – si trova la seguente frase: "e le rivelò che un figliuolo di otto anni per un solo peccato in quel giorno doveva esser mandato all’inferno"
dove si riferisce del dialogo tra la Beata Vergine Maria ed una peccatrice di nome Benedetta la quale era in procinto di convertirsi dopo essere stata arringata ed assolta da San Domenico.
Ora, Lei facilmente intuirà la natura del mio dubbio angoscioso, il quale si pone in questi termini: "come può Gesù Cristo condannare alla dannazione eterna una creatura ancora priva dell’età della ragione? Può ad un bambino di otto anni essere imputabile la "piena avvertenza" quando egli cede a qualche impulso peccaminoso dettato dalla nostra natura contaminata dal Peccato Originale? Come puo’ la nostra santa Madre celeste, infine, accettare un simile verdetto senza opporvisi con tutta la Sua potenza d’intercessione, cosi’ risolutiva quando si tratta di indurre Nostro Signore a qualche gesto misericordioso?"
Qui, mi pare, vengono messi in discussione la Misericordia divina, la Giustizia, perfino la Sapienza, almeno a vite umane…
come si può valutare, alla luce della sana Dottrina, un episodio che altrimenti appare inenarrabile anche ad un’anima devota, come modestamente ritiene di essere il sottoscritto?
La prego, risponda
Fraternamente La saluto
Ermanno B.
Risposta del sacerdote
Caro Ermanno,
quanto è riferito dalla Glorie di Maria appartiene ad una rivelazione privata e per giunta neanche autenticata dalla Chiesa.
L’adesione a simili racconti dipende solo ed esclusivamente dalla volontà dei singoli.
Non si tratta di un atto di fede teologale, che è un dono di Dio e richiede la mozione da parte di Dio della nostra volontà.
Inoltre il racconto va inscritto all’interno della mentalità del tempo, ben diversa dalla nostra, che giustamente tiene in considerazione tutte le condizioni soggettive.
Mi piace anche ricordare che gli episodi attribuiti a san Domenico non sono riferiti da alcun testo dei suoi contemporanei. Hanno pertanto solo il beneficio dell’inventario.
Ti prometto una preghiera e ti benedico.
Padre Angelo