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Quesito
Caro Padre Angelo,
nel ringraziarLa per il Suo mirabile servizio di testimonianza alla Verità mediante gli strumenti che la tecnologia ci offre, Le scrivo per chiedere il Suo aiuto in merito ad uno stato di scarsa serenità in cui mi trovo, causato dalla convinzione di non aver ricevuto il perdono nel Sacramento della Riconciliazione, non perchè dubiti della misericordia del Padre, ma in quanto incapace di esprimere al Sacerdote totalmente le mie mancanze.
Ciò fa in modo che veda la fonte del peccato in ogni dettaglio, in ogni parola di troppo, in ogni immagine vista senza malizia e così mi sento perennemente in stato di Grazia carente.
La ragione mi suggerisce che la mia coscienza dovrebbe compiere un percorso di maturazione per comunicare al cuore ciò che veramente offende Dio e ciò che non lo fa.
Potrebbe cortesemente consigliarmi una preghiera, un libro o una Sua meditazione per cercare di trovare una nuova serenità.
Grazie fin d’ora.
Con osservanza,
L.P.
Risposta del sacerdote
Caro L.P.
dalla tua lettera ricavo l’impressione che tu cerchi di dire tutto al sacerdote e che lui ti dia l’assoluzione. Ma poi ti pare di non aver detto tutto quello che dovevi dire. E allora hai il convincimento di essere sempre in peccato.
Se è così, si tratta di una situazione di scrupolo.
In un volume di a. dal covolo, la Confessione oggi, traggo questi passaggi che possono essere utili per te e per molti altri che hanno più o meno i medesimi problemi.
“1. C’è qualcuno e chiama senz’altro scrupolosi tutti coloro che hanno coscienza delicata. Ma la distinzione è (almeno teoricamente) netta, anche se in concreto può facilmente darsi la inclinazione allo scrupolo in chi ha la coscienza delicata. Questi è sensibile anche alle microscopiche mancanze. Lo scrupolo è una malattia, un danno, un pericolo, un inciampo, una tentazione; si vede il peccato anche dove non c’è; lo si vede grave anche dove non può esser che lieve. Il soggetto opera una erronea maggiorazione. Ed anche quando la materia è lieve, egli teme di avere una interiore disposizione ed intenzione viziata da grave malizia. Perciò per lo scrupoloso non esiste di fatto la distinzione fra peccato grave e peccato lieve: il peccato (commesso o da commettersi) lo pensa sempre grave (se lo ritenesse veniale non avrebbe l’angoscia della colpa).
2. I sintomi della coscienza scrupolosa non sono difficili a riconoscersi. In ultima analisi le turbe si riducono ad un sentiment d’incomplétude: ad una eccessiva ansietà circa la sufficienza delle azioni (di tutte o di alcune determinate, rientranti nei doveri abituali oppure occasionali del soggetto). Ad esempio, nei conti, registrazioni, misure di sicurezza, d’igiene, c’è l’incubo del controllo, della precauzione, dell’esattezza ad oltranza. Nel campo religioso la coscienza scrupolosa si manifesta frequentemente in una eccessiva meticolosità nell’accusa dei peccati e delle loro circostanze e nella paura di non informare (o di non aver, pel passato, informato) sufficientemente il confessore. Nonostante questi dia la decisa assicurazione che l’accusa è sufficiente, il penitente trova difficoltà ad acquistare l’intima sicurezza perché manifesta e ripete sempre gli stessi timori e turbamenti.
Circa le azioni da cui deve astenersi lo scrupoloso ha l’irragionevole timore di commettere peccato grave, se non esternamente, almeno interiormente, per esempio con pensieri impuri. Si noti che la stessa paura d’avere un pensiero cattivo può farlo sorgere e violento, data l’impressionabilità del soggetto. È un fenomeno psicologico: come la stessa fobia di turbarsi, nel caso che abbia ad accadere un determinato fatto, produce (verificandosi il fatto) il turbamento.
Alla coscienza scrupolosa s’accoppia facilmente la coscienza perplessa. Si vede peccato sia nel porre un’azione, sia nel non porla: non soddisfa una decisione né quella contraria. Ciò provoca un esasperante esame ed una debilitante altalena. Anche quando si è deciso per una parte, il soggetto si sente scontento e cambia decisione ma è sempre insoddisfatto. Esaurite, in questo lavoro interiore, tutte le sue energie psichiche, potrà trovarsi come bloccato. Chi ha tale tendenza dovrebbe – per evitare questo stato penosissimo – determinarsi subito per l’una o l’altra parte (quando il dovere od il meglio non è evidente) e poi non ripensarci più, affidando tutto alla misericordia di Dio. Se trova la forza di far questo è già vittorioso e sicuro. Sicuro può e deve esserlo, perché, in questi casi, rettificata l’intenzione non è possibile ci sia colpa morale, quand’anche la decisione presa non fosse obbiettivamente la migliore.
3. Cause della coscienza scrupolosa. Potrebbero essere, oltre che naturali, anche preternaturali: Dio che direttamente prova un’anima per purificarla nella via della santificazione. È un fatto che queste passive purificazioni sono assai simili agli stati psichici di nevrosi (depressioni, malinconia, tristezza, incubi, tenebre, apparente perdita della fede e della speranza, angoscia, languore).
C’è poi il demonio che, col permesso di Dio, può causare questi stati. Secondo s. Tommaso, però, il demonio non può agire sull’intelletto dell’uomo né influire direttamente sulla sua volontà, ma solo sulla fantasia e sulla sensibilità (anche se l’uomo può aver l’impressione che lo stesso intelletto e la volontà siano aggrediti).
Ma è abbastanza raro il caso di scrupoli che abbiano una causa solo preternaturale. E questi, di solito non duran per lungo tempo. Molto più spesso le cause sono naturali: o fisiche come la stanchezza causata da eccessivo lavoro (le quali causano una debolezza, od astenia psichica), o cause morali: errata educazione spirituale, atmosfera opprimente prodotta da ambiente, compagnie, libri dannosi (per taluni almeno). Di solito c’è una qualche predisposizione psico-fisica che poi il tenore di vita attua determinando lo stato di coscienza scrupolosa.
Si noti però come Dio può servirsi dei nostri malanni fisici per purificarci (anche se non è Lui che causa direttamente come invece avviene nelle purificazioni «passive» – questi stati). Il demonio stesso, col permesso di Dio, può approfittare dello stato di debolezza fisica d’una persona che gli dà noia, per giocare le sue carte: indurla allo scoraggiamento, disturbare le sue azioni più sante, come la preghiera, la pratica dei S. Esercizi Spirituali, la celebrazione della Messa o della Penitenza. Perciò la classificazione delle cause dello scrupolo (soprannaturali – naturali) è solo astratta e teorica: nella dinamica concreta posson esser molto complessi i fattori determinanti codesto fenomeno
Lo scrupolo nella grande maggioranza dei casi dipende da una naturale debolezza psichica. Più precisamente è una manifestazione della psicastenia. Malattia che ha molteplici espressioni: produce manie e fobie ad oggetto determinato oppure agitazioni diffuse, vaghe, indeterminate. Lo scrupoloso si distingue dall’isterico perché in questo c’è la perdita inconsapevole di qualche fenomeno del cosciente e del reale (perciò si spiegano le bugie incoscienti). Nello psicastenico non c’è perdita di fenomeni, ma percezione torbida di alcuni di essi. Poiché è indebolita la forza psichica del soggetto, un fenomeno fa più impressione di quanto dovrebbe fare, cosicché lo spirito non riesce più a percepire in tutta la loro chiarezza obbiettiva altri fenomeni, che dovrebbero donare l’equilibrio. Un sacerdote, ad esempio, che ha distribuito la Comunione vede una macchia bianca sul pavimento. Potrebbe esser una particola che mi è caduta, pensa. Se non fosse impressionabile, a questo pensiero («è possibile») farebbe seguire un altro: non è un fatto cosi «probabile» da esser preso in considerazione. E rimarrebbe pienamente tranquillo. Lo scrupoloso, invece, anche se non si lascia prendere dall’idea preoccupante e la supera, tuttavia si turba. Per la debolezza psichica, non ha la forza d’attribuire a ciascuna idea il suo vero posto, peso, valore nella sintesi interna: perciò il giudizio non sarà sicuro e tranquillo, deciso e soddisfacente. Però lo psicastenico (percependo, sia pur imperfettamente, tutti i fenomeni e gli elementi per giudicare la sua azione) ha coscienza di questa sua tendenza esagerata. Ma non ha la forza di superarla. Perciò ne soffre. È una debolezza psichica cosciente e che egli vorrebbe non ci fosse. Un sacerdote, ad esempio, sa che le parole della consacrazione sono state da lui pronunciate, sa che è impossibile non avere l’intenzione richiesta, ma – non avendo avuto l’attenzione desiderata e, soprattutto, la calma – non riesce a vincere il turbamento irrazionale: turbamento, perché il soggetto, forse, non lo giudicherà neppure vero dubbio. Perciò si sforzerà di esaminare l’idea preoccupante e tormentosa nell’intento di vedere una soluzione tranquillizzante e cosi acquistare il senso di sicurezza. Ma quanto più ripensa, indaga, analizza (in stato di tensione) tanto più si stanca e s’indebolisce. E cosi tanto più l’idea torturante si fissa, l’incubo e l’oscurità aumentano. Occorrerebbe tagliar corto subito, prender una posizione o decisione e non pensarci più. Forse agli inizi sarebbe possibile. Ma chi è inesperto può avviarsi verso uno stato terribile. Una parola di consiglio da parte di chi è edotto in materia, può liberare uno spirito dal labirinto nel quale rischia di diventare prigioniero disperato. Perché, sentendosi, nonostante gli sforzi, impotente ad uscite, si deprimerà, si accascerà. A causa di questa cosciente incapacità di superarsi, si produrrà allora l’angoscia, come stato vago e generale di sofferenza psichica. Qualcuno ha l’impressione d’esser trasportato verso il basso da una corrente più forte di lui e di non aver la forza di resistere e di risalire la riva.
Caratteristiche, dunque, della vita spirituale dello scrupoloso: mancanza di serenità e di gioia, languore, depressione (più o meno grave), angoscia (più o meno acuta), stati di perplessità. Anche l’isterico soffre (ad esempio per – più o meno immaginarie – persecuzioni) ma non soffre della sua malattia psichica perché c’è la perdita di qualche fenomeno del reale, una perdita inconscia. Lo psicastenico soffre per la tensione interna che lo strazia. Ma, appunto perché cosciente, il suo disturbo è meno grave dell’isterismo.
Lo scrupolo, fobia, idea fissa, che ha per oggetto la vita religiosa o morale d’una persona, alle volte sembra paralizzare ogni campo della sua condotta, alle volte restringersi ad una materia particolare. Sotto il profilo morale si può dare anche il tipo scrupoloso in una determinata materia e di coscienza lassa in altre materie. La direzione spirituale di tali soggetti si fa più difficile.
4. Sia ben chiaro: controllo e delicatezza di coscienza sono qualità morali sane che nei singoli soggetti, più o meno sensibili, esistono in grado maggiore o minore. Diventano vero scrupolo quando (nonostante la sufficiente istruzione) vi si insinua il timore irragionevole, l’ossessione e l’angoscia. Altrettanto si dica in altri campi dove non bisogna diagnosticare con troppa facilità casi patologici e giudicare come mania ciò che è senso accentuato, per esempio, dell’esattezza, dell’ordine, dell’igiene. Certe esigenze e tendenze fan parte dell’indole d’una persona (ed esistono, ripeto, in grado vario). Lo stesso temperamento psicopatico non costituisce, per sé, un’anormalità, ma una variante del carattere. Bisogna quindi che il confessore eviti certi giudizi frettolosi e superficiali i quali – oltre ad essere sbagliati – potrebbero indurre disagi e conflitti interiori nella persona giudicata così malamente. Pertanto non bastano alcuni sintomi d’instabilità mentale, o di depressione o di emotività, per ritenere d’aver a che fare con una persona anormale. Nei sistemi nervosi delle persone c’è una gradazione: alcuni funzionano meglio, alcuni peggio (la perfezione non è di questa terra). Per chi ha un sistema nervoso piuttosto debole bastano certe difficoltà trovate nell’ambiente, nella famiglia o nel lavoro, per addurre uno stato di sofferenza. Bisogna quindi non drammatizzare, non eccedere nell’impegno clinico che eccita l’intuito, muove alla scoperta della malattia e forse la sopravvaluta. Ci sono personalità ricuperabili perché sostanzialmente sane; ma bisogna star attenti che la cura psichica, invece di esser tranquillizzante, non diventi traumatizzante.
5. La guarigione. Bisogna che il confessore dia allo scupoloso i consigli opportuni, usi i modi, gli suggerisca i mezzi affinché trovi la forza – è questa che gli occorre – di seguire i consigli ricevuti.
1) Generalmente queste turbe psichiche hanno come sottofondo una debolezza fisica: quindi fra i mezzi di guarigione bisogna porre anche una cura medica ricostituente, e, quanto meno, un igienico tenore di vita. Razionale però. Un discreto riposo: tale da permettere un ricupero di energie ed, insieme, non rendere impossibile la ripresa normale dell’attività; se si tronca ogni occupazione può esserci il pericolo di provocare uno stato di depressione e di avvilimento, o di lasciar il campo agli inutili e dannosi ripiegamenti (su idee preoccupanti che bisogna invece cancellare dalla memoria), il pericolo di favorire l’impressione di non aver più la forza per nessun lavoro, neppur per leggere una pagina di libro. Comunque tutte le cure sono relative: quel che importa è che siano, in definitiva, vantaggiose. E bisogna che il direttore spirituale – dando consigli empirici, forse svantaggiosi – non invada quello che è specificamente il campo medico.
2) Occorre poi un’efficace psicoterapia. Questa non consiste solo nel dare ordini e nell’esiger l’obbedienza. A chi non ha mai provato lo scrupolo, l’obbedire a consigli benevoli e benefici può sembrare la cosa più facile del mondo perché la più logica, perché liberatrice. Ci sono autori di morale e d’ascetica i quali trattano dello scrupolo solo in chiave d’obbedienza e, diciamo pure, in modo troppo rigido e semplicistico. Dicono che è l’unica medicina. In un certo senso è giusto perché quando lo scrupoloso riesce a seguire con tranquilla sicurezza le direttive del confessore è già guarito. Ma quest’obbedienza non è solo una questione morale ed ascetica. È un problema psicologico. Ignorarlo porta a giudicare come un disobbediente lo scrupoloso che non segue ciecamente e pacificamente gli ordini del consigliere spirituale. Bisogna invece aiutarlo a trovare la forza di obbedire. Perché egli vorrebbe obbedire ma non ci riesce per mancanza d’energia psichica. Quest’obbedienza a comandi di cui, al momento, non percepisce la ragione può essergli difatti difficilissima. Bisogna illuminarlo e persuaderlo che obbedendo non sbaglia perché si conforma alla volontà ed al desiderio di Dio.
6. Per chi ha tendenza generale allo scrupolo si suggeriscono queste tre regole a cui il soggetto ricorrerà appena gli si insinua qualche ansietà o dubbio in materia morale.
Prima regola: nel timore d’aver peccato (nel fare una cosa o nei dirla o nel pensarla) stia certo di non aver peccato gravemente, a meno che non possa giurare d’aver chiaramente conosciuto che era peccato mortale e di aver avuto piena volontà di commetterlo.
Seconda regola: nel timore di peccare facendo o dicendo o pensando una cosa, agisca liberamente ogni volta che non può giurare che vi sia peccato.
Terza regola: lo scrupoloso pratichi tutto ciò che può infondere nella sua anima pace, santa letizia e dolce fiducia in Dio; ed eviti tutto ciò che può mantenere od accrescere i suoi abituali timori”.
Mi chiedevi uno scritto da cui trarre criteri di comportamento.
Mi pare che queste pagine siano piene di buon senso e infondano grande serenità.
Ti saluto, ti prometto una preghiera e ti benedico.
Padre Angelo