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Quesito
Caro padre Angelo,
una delle questioni che maggiormente alimentano vivaci scambi di opinioni tra fedeli e non riguarda la possibilità di ordinare delle donne sacerdote oppure di affidare il calice ai laici, purché di fede provata e riprovata (viri probati).
Sappiamo quale sia l’attuale posizione della Chiesa al riguardo.
Attualmente i preti scarseggiano e ad essi vengono affidate più e più parrocchie oppure vengono “importati” (scusate la parola non elegante) sacerdoti stranieri. Una soluzione tampone, non certo risolutiva. So, tuttavia, che su tali questioni non si deve fare una scelta perché è la più comoda bensì perché giusta. Poiché dunque la bontà di una scelta non dipende da ciò che è più o meno comodo in questa fase storica, non sarà sull’utilità che formulerò la mia domanda.
Se non sbaglio, tra i discepoli, alcune erano donne. Su quali basi bibliche si esclude il sacerdozio femminile? Io non la trovo affatto una possibilità che contraddice alcun precetto! Forse il sacerdozio maschile è un piccolo retaggio della nostra cultura passata, in cui le donne erano escluse da certi incarichi. Perché, dunque, non analizzare le scelte della Chiesa anche in termini storici, antropologici o sociali? Ne avremmo da guadagnare!
Una preghiera e un saluto.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
non credere che la Chiesa non abbia passato in rassegna tutte le opinioni possibili e immaginabili favorevoli all’ordinazione delle donne.
La sua posizione è ben motivata.
In un documento della Congregazione per la dottrina della Fede “Inter insigniores” (15.10.1976) porta le seguenti motivazioni:
1. Il fatto della tradizione
“La chiesa cattolica non ha mai ritenuto che le donne potessero ricevere validamente l’ordinazione presbiterale o episcopale…
La tradizione della chiesa in materia è stata talmente stabile nel corso dei secoli, che il magistero non avvertì il bisogno di intervenire per affermare un principio che non incontrava opposizione, o per difendere una legge che non era contestata…
La stessa tradizione è stata fedelmente salvaguardata dalle chiese d’oriente. La loro unanimità su questo punto appare tanto maggiormente degna di nota quando si tenga conto che, circa molte altre questioni, la loro disciplina ammette una grande diversità. Ed anche ai giorni nostri queste stesse chiese rifiutano di associarsi alle richieste, miranti ad ottenere l’accesso delle donne all’ordinazione sacerdotale”.
2. L’atteggiamento di Gesù
“Gesù Cristo non ha chiamato alcuna donna a far parte dei dodici.
Se egli ha fatto così, non è stato per conformarsi alle usanze del suo tempo, poiché l’atteggiamento, da lui assunto nei confronti delle donne, contrasta singolarmente con quello del suo ambiente e segna una rottura voluta e coraggiosa.
È così che egli, con grande stupore dei suoi stessi discepoli, conversa pubblicamente con la samaritana (cf. Gv 4,27); non tiene alcun conto dello stato di impurità legale dell’emorroissa (cf. Mt 9,20-22); lascia che una peccatrice lo avvicini presso Simone, il fariseo (cf. Lc 7,37s); e, perdonando la donna adultera, si preoccupa di mostrare che non si deve essere più severi verso la colpa di una donna, che verso quella degli uomini (cf. Gv 8,11). Egli non esita a prendere le distanze rispetto alla legge di Mosè, per affermare l’eguaglianza dei diritti e dei doveri dell’uomo e della donna di fronte al vincolo del matrimonio (cf. Mc 10,2-11; Mt 19,3-9).
Nel suo ministero itinerante Gesù non si fa accompagnare soltanto dai dodici, ma anche da un gruppo di donne…
In contrasto con la mentalità giudaica che non accordava grande valore alla testimonianza delle donne, come dimostra il diritto ebraico, sono tuttavia delle donne che hanno avuto, per prime, il privilegio di vedere il Cristo risorto, ed è ancora ad esse che Gesù affida l’incarico di recare il primo messaggio pasquale agli stessi undici (cf. Mt 28,7-10; Lc 24,9-10; Gv 20,11-18), per prepararli a divenire i testimoni ufficiali della resurrezione.
3. La prassi degli apostoli
La comunità apostolica è rimasta fedele all’atteggiamento di Gesù. Nella piccola cerchia di coloro che si riuniscono nel cenacolo dopo l’ascensione, Maria occupa un posto privilegiato (cf. At 1,14). Eppure, non è lei che viene designata per entrare nel collegio dei dodici, al momento dell’elezione che porterà alla scelta di Mattia: coloro che sono presenti sono due discepoli, dei quali i vangeli non fanno neppure menzione. Nel giorno di pentecoste lo Spirito santo discese su tutti, uomini e donne (cf. At 2,1; 1,14), e tuttavia l’annuncio dell’adempimento delle profezie in Gesù fu proclamato da ” Pietro e gli undici ” (At 2,14).
Allorché costoro e Paolo uscirono dai confini del mondo giudaico, la predicazione del vangelo e la vita cristiana nella civiltà greco-romana li indussero a rompere, talvolta dolorosamente, con le pratiche mosaiche. Essi avrebbero, dunque, potuto pensare, se su questo punto non fossero stati persuasi del loro dovere di fedeltà al Signore, di conferire l’ordinazione alle donne. Nel mondo ellenistico parecchi culti di divinità pagane erano affidati a sacerdotesse.
4. Valore permanente dell’atteggiamento di Gesù e degli apostoli
Da un tale atteggiamento di Gesù e degli apostoli, considerato come normativo da tutta la tradizione fino ai nostri giorni, potrebbe oggi la chiesa allontanarsi?
In favore di una risposta affermativa a questa domanda, sono stati portati diversi argomenti, che vale la pena esaminare. Si è voluto, in particolare, che la presa di posizione di Gesù e degli apostoli si spiegherebbe mediante l’influsso del loro ambiente e del loro tempo.
Se Gesù – dicono – non ha conferito alle donne, e neppure a sua madre, un ministero che le assimila ai dodici, è perché le circostanze storiche non glielo permettevano.
Nessuno, tuttavia, ha mai provato – ed è, senza dubbio impossibile provarlo – che questo atteggiamento si ispiri solamente a motivi socio-culturali.
L’esame dei vangeli – come abbiamo visto – indica, al contrario, che Gesù ha rotto con i pregiudizi del suo tempo, contravvenendo largamente alle discriminazioni praticate nei confronti delle donne. Non si può, dunque, sostenere che, non chiamando le donne ad entrare nel gruppo apostolico, Gesù si sia semplicemente lasciato guidare da ragioni di opportunità. A più forte ragione, questo condizionamento socio-culturale non avrebbe trattenuto gli apostoli nell’ambiente greco, dove queste discriminazioni non esistevano…”.
2. Per questo il Catechismo della Chiesa cattolica afferma: “Riceve validamente la sacra ordinazione esclusivamente il battezzato di sesso maschile.
Il Signore Gesù ha scelto degli uomini per formare il collegio dei dodici Apostoli (Cf Mc 3,14-19, Lc 6,12-16), e gli Apostoli hanno fatto lo stesso quando hanno scelto i collaboratori (Cf 1 Tm 3,1-13; 2 Tm 1,6; Tt 1,5-9) che sarebbero loro succeduti nel ministero.
Il collegio dei vescovi, con i quali i presbiteri sono uniti nel sacerdozio, rende presente e attualizza fino al ritorno di Cristo il collegio dei Dodici.
La Chiesa si riconosce vincolata da questa scelta fatta dal Signore stesso.
Per questo motivo l’ordinazione delle donne non è possibile” (CCC 1577).
3. La questione dell’ordinazione dei viri probati e cioè degli uomini maturi è diversa. Non implica questione teologiche e la Chiesa potrebbe un giorno accogliere questa proposta.
Tuttavia il Prefetto della Congregazione per il Clero, di recente a proposito della fame dell’Eucaristia e della scarsità dei presbiteri, ha ricordato che durante l’ultimo Sinodo dei vescovi che “alcuni hanno fatto riferimento alla questione dei viri probati, ma l’ipotesi è stata valutata come una strada da non percorrere”.
La chiesa è convinta che la scarsità dei sacerdoti non è dovuta al celibato, ma a una crisi generale dei valori.
Del resto vediamo che scarseggiano non solo le vocazioni al sacerdozio, ma anche quelle al matrimonio.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo