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Quesito

Buon giorno Padre Angelo,
mi chiamo Giulio, e ho alcune domande:
1) Ho letto in una nota di un vangelo che la parabola del padrone che dà la stessa paga a tutti i servi indipendentemente dall’orario in cui cominciavano a lavorare fosse una metafora per dire che sia i cristiani che prima erano ebrei sia i cristiani che prima erano pagani avrebbero raggiunto il paradiso.
La parabola significa solo questo o anche che, una volta arrivati in paradiso, avremo tutti la stessa ricompensa, per esempio senza distinzioni tra santi e non santi?
2) (le altre domande sono personali).
Ringrazio in anticipo Lei e lo staff della pagina per il vostro lavoro. Seguo la pagina da diverso tempo e la consiglio ad amici e parenti.
Saluti e buone cose.
Giulio


Risposta del sacerdote

Caro Giulio,
1. il padrone non ha fatto alcun torto a quelli che ha chiamato a lavorare fin dalla prima ora perché aveva pattuito con loro per un denaro.
Un denaro a quei tempi era la paga giornaliera che si dava ad un lavoratore.

2. I lavoratori della prima ora mormorarono perché il padrone aveva trattato quelli dell’ultima ora come loro.
Pensavano tra sé e sé: “Se a noi ha pattuito per un denaro a costoro darà di meno”.
Ma ecco la sorpresa: anche a questi dà un denaro.
I lavoratori della prima ora avranno pensato: vorrà dire che a noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo, darà qualcosa di più.
Invece ecco un’altra sorpresa, questa volta amara: a loro ha dato il denaro pattuito e nulla più.
Per questo se ne andarono mormorando.
Ma il padrone rivolgendosi a uno di loro disse: “Amico, io non ti faccio torto. Delle cose mie non posso fare quello che voglio?” (Mt 20,13.15).

3. È vero, non fece loro torto perché diede secondo il pattuito e secondo giustizia.
Ma essi erano dispiaciuti perché con gli ultimi era stato generoso, mentre con loro era stato solo giusto.
Sarebbero stati più soddisfatti se agli ultimi avesse dato qualche cosa di meno.
Il loro dispiacere era motivato dunque non dall’ingiustizia, ma dall’invidia.

4. Questo è il pensiero attribuito al Crisostomo: “Non si dolevano come se fossero defraudati della loro ricompensa, ma perché quelli avevano ricevuto più di quanto meritavano.
Così infatti si dolgono gli invidiosi quando si aggiunge qualcosa a un altro, come se fosse sottratto a loro.
Dal che risulta chiaro che l’invidia nasce dalla vanagloria: infatti uno si duole di essere secondo poiché desidera essere primo”.

5. Beninteso, si tratta di una parabola e in quanto tale vuole dire una grande cosa: gli ebrei – che erano stati chiamati ad essere il popolo eletto fin dalla prima ora – non dovevano pensare di ricevere un trattamento superiore a quello dei pagani convertiti al Dio vero, a Gesù Cristo, solo all’ultima ora.
Essere stati chiamati a servire Dio fin dalla prima ora ed essere sottratti ai demoni (perché servire gli idoli era la stessa cosa che servire ai demoni), ricevere tanti benefici e tanta protezione non era un merito, ma un vanto.
E il Signore ha voluto dare anche agli ultimi (ai pagani, e cioè a noi che ne siamo i discendenti) quanto ha dato ai primi: la grazia di poterlo conoscere, amare e possedere.

6. Per questo Sant’Agostino diceva “Servire Deo regnare est” (servire Dio è regnare).
È una grazia conoscere Dio, amarlo, essere suoi intimi e amici.
È una grazia ancora più grande per quelli che sono stati chiamati fin dalla prima ora, soprattutto per quelli che non hanno fatto l’esperienza di essere stati dominati dal peccato e dal suo padrone.

Con l’augurio che anche tu viva sempre in rendimento di grazie per il grande dono ricevuto, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo