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Quesito
Caro Padre Angelo,
Le porgo una domanda sulla confessione.
Ho letto che prima della riforma del codice canonico un sacerdote confessava validamente solo nel territorio della propria diocesi. E’ ancora così?
Grazie per l’eventuale risposta.
Renato
Risposta del sacerdote
Caro Renato,
Sì, sostanzialmente è vero.
E la motivazione era la seguente: Il sacramento della Penitenza è stato istituito da Nostro Signore “a modo di giudizio”. La sera del giorno della sua risurrezione, apparendo agli apostoli nel cenacolo, Gesù disse: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi” (Gv 20,23).
Da queste parole la Chiesa ha sempre dedotto che il Signore è venuto per portare il perdono dei peccati, ma di fatto ha legato il suo perdono al perdono della Chiesa, anzi al giudizio della Chiesa: “A chi li rimetterete:… saranno rimessi; a chi non rimetterete… resteranno non rimessi”.
Ora per pronunciare validamente una sentenza su una persona è necessario avere autorità su di essa. Ad esempio: se venisse in Italia un giudice della Colombia e cominciasse a dare sentenze, noi diremmo subito che le sue sentenze – per quanto profonde – non contano un bel nulla.
In base a questo ragionamento la Chiesa ha dedotto che per assolvere i peccati sono necessarie due cose: il potere di ordine (che uno sia stato ordinato sacerdote) e il potere di giurisdizione (che abbia il potere di governare le anime).
Ebbene: per il fatto che uno viene ordinato sacerdote, non riceve ipso facto il potere di giurisdizione su determinate persone. Questo potere ce l’ha il Vescovo per tutti quelli che sono o passano nella sua diocesi. E ce l’ha anche in tutto il mondo, ma solo per le persone che gli sono state affidate, vale a dire per i suoi diocesani.
Similmente anche il parroco: dal momento in cui prende possesso della sua parrocchia riceve un potere analogo a quello del vescovo: confessa tutti quelli che sono o passano nel suo territorio. E confessa validamente i suoi parrocchiani in tutto il mondo.
Gli altri sacerdoti, non avendo un potere diretto e immediato di giurisdizione sulle anime, hanno bisogno di una facoltà data dal Vescovo. E il Vescovo la dà solo per il suo territorio, perché il potere di fatto gli è stato conferito solo per quel territorio.
Le cose, a livello di principio, stanno ancora oggi così.
Ed è per questo che quelli che non sono parroci devono chiedere ogni anno al vescovo, nel cui territorio dimorano, il potere di confessare.
Per i sacerdoti diocesani che non sono parroci in genere ci si comporta così: il potere viene dato per sempre, a meno che per qualche motivo non venga ritirato.
Tuttavia, già alcuni decenni prima della promulgazione dell’attuale Codice di diritto canonico, i vescovi di una determinata regione o Nazione si erano accordati in questo modo: se uno riceveva dal proprio vescovo la facoltà di confessare, poteva confessare ipso facto in tutto il territorio della regione o della nazione.
L’attuale Codice di diritto canonico estende automaticamente questa facoltà a tutta la Chiesa.
Se, al contrario, il vescovo nega la facoltà di confessare, uno non può confessare in nessuna parte della terra.
Ugualmente, se un sacerdote riceve l’autorità di confessare dal proprio vescovo, ma un altro vescovo gli impedisce di confessare nel suo territorio, quel sacerdote potrà confessare ovunque, tranne che nel territorio appartenente al vescovo che gli ha negato il permesso di confessare.
Ti ringrazio del quesito. Ti saluto e ti benedico.
Padre Angelo