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Quesito

Gentile Padre Angelo
Ho sentito dire che nel passato la Chiesa abbia ritenuto lecita la libertà religiosa per i non cattolici solo in foro interno, ma non in foro esterno. Secondo alcuni autori il Concilio Vaticano Secondo ha esteso questo concetto di libertà religiosa anche al foro esterno, cioè in pubblico. E’ corretta questa affermazione? La Chiesa ha cambiato la sua dottrina nel corso degli anni?

Grazie mille in anticipo per le risposte. Sarò felice di ricordarla nelle mie preghiere.
Distinti Saluti
Marchesini


Risposta del sacerdote

Caro Marchesini,
non è corretto dire che la Chiesa abbia lasciato agli “infedeli” la libertà religiosa solo nel foro interno.
Nella Chiesa si parlava di tolleranza verso le altre religioni. Ma la tolleranza non è la stessa cosa che libertà in foro interno.

1. Intanto va detto che la questione della libertà religiosa è antecedente al cristianesimo.
Il Dizionario di teologia morale (ed. studium 1955) scrive:
“Si sa che lo Stato precristiano si arrogò spesso il diritto di imporre, almeno quanto all’esteriore esercizio di culto, determinate forme di religione. Si può dire che molta parte della storia politica dei popoli non cristiani fu ispirata al principio che doveva poi ricevere la sua esplicita formulazione ai tempi del nascente protestantesimo: cuius regio, huius religio. Il cristianesimo segnò un deciso distacco da un tale principio, ed aprì la propria storia con tre secoli di lotte e di martirio, per sottrarre la coscienza religiosa alle indebite ingerenze statali”.

Quando poi la religione cristiana divenne religione di stato, ci si attenne a questo principio: “Chi è fuori della chiesa non può essere forzato ad entrarvi: il che equivale a dire che non viene costretto né ad obbedire ai precetti ecclesiastici né a prestar fede alle dottrine della Chiesa, salvo il naturale dovere di una ricerca onesta della verità”.

2. L’atteggiamento della Chiesa in passato era quello indicato dal Decreto di Graziano (siamo nel 1200) dove a proposito degli Ebrei si riportava l’affermazione di Papa Gregorio Magno: «Abbiano piena licenza di osservare e di celebrare tutte le loro feste, come hanno fatto sinora e come fecero i loro padri nel corso di lunghi secoli» (Decreto. 2, 45, 3).

Sotto il profilo teologico verso coloro che professavano altre religioni (a quei tempi c’erano gli ebrei e i mussulmani, detti anche “mori”) ci si atteneva al criterio della tolleranza secondo l’insegnamento di san Tommaso (siamo sempre nel medesimo secolo):
“Il governo dell’uomo deriva da quello di Dio, e deve imitarlo. Ora Dio, sebbene sia onnipotente e buono in sommo grado, permette tuttavia che avvengano nell’universo alcuni mali che egli potrebbe impedire, per non eliminare con la loro soppressione beni maggiori, oppure per impedire mali peggiori. Parimenti anche nel governo umano chi comanda tollera giustamente certi mali per non impedire dei beni, o anche per non andare incontro a mali peggiori. S. Agostino [De ord. 2, 4], p. es., affermava: «Togliete le meretrici dal consorzio umano, e avrete turbato tutto con lo scatenamento delle passioni». Perciò, sebbene gli infedeli pecchino con i loro riti, tuttavia questi possono essere tollerati, o per un bene che ne può derivare, o per un male che così è possibile evitare” (Somma teologica, II-II, 10, 11).

Ti ringrazio per tutti i quesiti che mi hai posto, ti seguo con la preghiera e ti benedico.
Padre Angelo