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Quesito

Caro P. Angelo,
in merito al vangelo di questa domenica, volevo chiederle se l’affermazione di Gesù di mangiare il Suo corpo e bere il Suo sangue debba essere intesa in modo letterale, almeno nel senso che io ho sempre capito e che la Tradizione cattolica ha sempre insegnato. Le spiego meglio; oggi il mio parroco nell’omelia ha detto che i farisei a queste affermazioni erano rimasti scandalizzati e giustamente perché pensavano di dover diventare dei cannibali, non avendo capito che il Signore volesse riferirsi al dono della Sua vita che avrebbe fatto a tutti e che in realtà mangiare il Suo corpo significhi entrare in comunione con lui realizzando la Koinonia. A me pare che questo modo di esprimersi sia cattolicamente quanto meno equivoco. E il prodigio della transustanziazione? E i miracoli eucaristici che ci mostrano chiaramente che si tratta di CARNE e di SANGUE?
Le chiedo per favore un chiarimento
Grazie


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. i giudei avevano capito bene che il Signore diceva di mangiare la sua carne e di bere il suo sangue.
Per questo “discutevano aspramente”  (Gv 6,52) fra di loro.
Certamente si saranno domandati: bisognerebbe tagliarlo a pezzi per mangiarlo.
E poi come fa ad essere mangiato da tutti in continuazione.
Non si tratta di cannibalismo?

2. Se non che il Signore ha detto: “E il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,51).
Da sottolineare il verbo al futuro: darò.
Non lo dà ora, ma in seguito. Per ora lo promette soltanto.

3. Gesù darà quel cibo nell’ultima cena e gli apostoli ne mangeranno per la prima volta tra di loro – senza la presenza materiale di Gesù – dopo la sua risurrezione.
È alla luce della risurrezione del Signore che si comprende tutto.
Il corpo che Gesù dà da mangiare è il corpo del Risorto, e pertanto un corpo incorruttibile, immortale, glorioso, che non si può tagliare a pezzi perché è immateriale.
Proprio per questo può essere assunto da tutti nella sua interezza senza mai venire meno.
Né si tratta di cannibalismo perché la sua carne non è materiale, ma gloriosa, spirituale.
Dice San Paolo: “è seminato corpo animale, risorge corpo spirituale” (1 Cor 15,44).
San Paolo lo dice del nostro corpo per il momento della risurrezione finale,
Ma può dirlo solo perché questo si è già realizzato in Cristo.

4. È vero che Gesù vuole realizzare una koinonia (vita comune) con noi, ma questa comunione non si realizza con un simbolo di Gesù, ma con la sua vera carne.
Che non si trattasse di un solo simbolo l’avevano ben capito i suoi discepoli (non i farisei o i giudei che potevano stargli a distanza), ma quei discepoli che gli andavano dietro e stavano con lui.
Sicché per questo discorso molti trovarono motivo per allontanarsi da Gesù.:
Ecco il testo: “Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?»” (Gv 6,60).
E Gesù replicò: “Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima?” (Gv 6,61-62).
Proprio perché viene dal cielo e vi ritorna, e cioè proprio perché ha una natura divina, ha il potere di fare queste cose.
Come a dire: nessuno può darvi la sua carne da mangiare, senza farla a pezzi e darla in continuazione, se non Dio.
E proprio perché è Dio può dire “E io vi risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6,54).

5. Avendo parlato in maniera molto chiara e avendo i discepoli inteso in maniera altrettanto chiara – ad eccezione della  manducazione materiale del suo corpo – “da quel momento molti dei suoi tornarono indietro e non andavano più con lui” (Gv 6,66).
Questo deve esser dispiaciuto al Signore che al contrario avrebbe desiderato trattenerli!
E tuttavia a questo punto Gesù non dice “avete frainteso, volevo parlare di simbolo…”.
Ma senza minimizzare quanto finora aveva insegnato “disse ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio»” (Gv 6,67-68).

6. Pertanto si tratta del suo corpo reale, la cui presenza sui nostri altari presuppone la transustanziazione, e più precisamente la presenza del corpo che avrebbe assunto da risorto: “E il pane che io darò”.
Un corpo nel quale sarà presente con tutte le azioni della sua vita e principalmente con quella della sua immolazione sulla croce, un corpo vivo e pertanto intimamente congiunto con la sua anima e con la sua divinità.

Ti ringrazio di avermi dato l’opportunità di fare queste precisazioni, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo