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Quesito
Caro Padre Angelo,
potrebbe spiegare cosa intendeva Gesù quando disse “Chi compie il peccato è schiavo del peccato”?.
Grazie.
La ricordo già da ora nella preghiera
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. Gesù ha pronunciato quest’affermazione nel Vangelo di Giovanni: “In verità, in verità vi dico: chi compie il peccato, è schiavo del peccato” (Gv 8,34).
2. Interessante il commento di S. Tommaso: “Per prima cosa il Signore ricorre a un reiterato giuramento: “Amen, amen – in verità, in verità vi dico”. Amen è un termine ebraico che significa in verità, oppure così sia. Come nota S. Agostino, né i traduttori greci, né quelli latini hanno osato tradurlo, per conservargli il fascino del segreto… Dunque il Signore ricorre qui a una specie di giuramento; e lo ripete due volte, per mostrare la certezza della propria affermazione…
La schiavitù del peccato è pesantissima… perché come ha scritto S. Agostino: lo schiavo di un uomo può trovare scampo dal suo padrone con la fuga, ma lo schiavo del peccato trascina con sé il peccato dovunque egli fugga. Infatti il peccato che ha commesso è dentro di lui. È passato il piacere, è passato il peccato, è ormai lontano ciò che dava piacere, ma è rimasto ciò che ferisce (s. agostino, In Io. Ev., 41,4)” (s. tommaso, Commento a S. Giovanni, 1203).
3. Posso aggiungere che quella del peccato è una vera seduzione.
Disobbedendo a Dio l’uomo crede di affrancarsi, di rendersi libero.
In realtà si rende schiavo.
San Tommaso dice che che “lo stato di peccato è di vera schiavitù, solo in apparenza è di libertà” (s. tommaso, In Ep. ad Romanos, c. 6, lect. 4).
4. Questa schiavitù tiene sotto il giogo di molte catene.
Innanzitutto quelle della triplice concupiscenza: occhi (cupidigia), carne e superbia della mente (1 Gv 2,16). È l’inclinazione al male che ci si porta dietro come retaggio del peccato originale.
Vi sono poi le schiavitù causate dai peccati personali, i quali passano come atto, ma rimangono come reato, e cioè come dipendenza.
San Tommaso dice che “le azioni del peccato passano come atto, ma rimangono come reato” (s. tommaso, Somma Teologica, III, 89, 5);
Quando questi non vengono emendati e anzi sono ripetuti, sorgono le catene dei vizi, che sono ancora più stringenti.
Per queste catene l’uomo è come diviso in se stesso e incatenato (GS 13) e sperimenta nella propria vita quanto diceva S. Paolo: “Io non riesco a capire neppure ciò che faccio. Infatti non faccio quello che voglio, ma quello che detesto” (Rm 7,15), e “Trovo questa legge in me: quando voglio fare il bene, il male è alla mia portata” (Rm 8,21).
Anche Ovidio aveva detto qualcosa di simile quando scrisse: “Video meliora, proboque, peiora sequor”, che con traduzione approssimativa posso rendere con quest’espressione: vedo il bene, lo approvo, ma faccio il male.
Ti saluto cordialmente, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo