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Quesito
Buongiorno,
ogni tanto leggo le sue ottime risposte sul sito degli amici domenicani.
Se possibile gradirei un chiarimento, anche perchè ho avuto diverse risposte da vari confessori.
Sapevo che la definizione di materia grave, secondo quanto definito dal CCC n° 1858 è definita dalla risposta data da Gesù al giovane ricco:
«Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre» (Mc 10,19)
Non sarebbero quindi compresi alcuni argomenti tipo: santificare le feste, bestemmie, desideri ecc. Ed invece sarebbe compreso il peccato di frode.
Qual’è il suo parere in proposito?
E’ ovvio che nel dubbio si accede al sacramento della riconciliazione, solo che ormai per la scarsità di presbiteri è diventato praticamente impossibile trovare questa disponibilità tranne che in alcuni tempi forti o in santuari particolari.
Le auguro pace e bene
Cesare
Risposta del sacerdote
Caro Cesare,
1. alla tua domanda ha risposto Giovanni Paolo II nell’enciclica Veritatis splendor sottolineando che Gesù prima di dare la risposta eleva lo sguardo del giovane verso Dio.
2. Ecco allora la prima risposta del Papa: “Gesù dice: «Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti» (Mt 19,17). …
Il «Maestro buono» indica al suo interlocutore – e a tutti noi – che la risposta all’interrogativo: «Che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?», può essere trovata soltanto rivolgendo la mente e il cuore a Colui che «solo è buono»: «Nessuno è buono, se non Dio solo» (Mc 10,18; cf Lc 18,19). Solo Dio può rispondere alla domanda sul bene, perché Egli è il Bene” (Veritatis splendor 9).
E ancora: “Dopo aver orientato lo sguardo del giovane verso Dio, Gesù gli ricorda i comandamenti del Decalogo che riguardano il prossimo: «Gesù rispose: "Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso» (Mt 19,18-19)” (VS 13).
3. Come si vede, i comandamenti sono menzionati solo in parte.
Anzi la prima tavola, che racchiude i primi tre comandamenti che regolano la nostra vita nei confronti di Dio, non viene ricordata.
Ecco la spiegazione che ne dà il Papa: “Dal contesto del colloquio e, specialmente, dal confronto del testo di Matteo con i passi paralleli di Marco e di Luca, risulta che Gesù non intende elencare tutti e singoli i comandamenti necessari per «entrare nella vita», ma, piuttosto, rimandare il giovane alla centralità del Decalogo rispetto ad ogni altro precetto, quale interpretazione di ciò che per l’uomo significa «Io sono il Signore, Dio tuo».
Non può sfuggire, comunque, alla nostra attenzione quali comandamenti della Legge il Signore Gesù ricorda al giovane: sono alcuni comandamenti che appartengono alla cosiddetta «seconda tavola» del Decalogo, di cui compendio (cf Rm 13,8-10) e fondamento è il comandamento dell’amore del prossimo: «Ama il prossimo tuo come te stesso» (Mt 19,19; cf Mc 12,31). In questo comandamento si esprime precisamente la singolare dignità della persona umana, la quale è «la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa».
I diversi comandamenti del Decalogo non sono in effetti che la rifrazione dell’unico comandamento riguardante il bene della persona, a livello dei molteplici beni che connotano la sua identità di essere spirituale e corporeo, in relazione con Dio, col prossimo e col mondo delle cose. Come leggiamo nel Catechismo della Chiesa Cattolica, «i dieci comandamenti appartengono alla rivelazione di Dio. Al tempo stesso ci insegnano la vera umanità dell’uomo. Mettono in luce i doveri essenziali e, quindi, indirettamente, i diritti fondamentali inerenti alla natura della persona umana»” (VS 13).
4. E sull’assenza dei primi tre: “Ciò non significa, certo, che Gesù intenda dare la precedenza all’amore del prossimo o addirittura separarlo dall’amore di Dio.
Lo testimonia il suo dialogo col dottore della Legge: questi, che pone una domanda molto simile a quella del giovane, si sente rimandato da Gesù ai due comandamenti dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo (cf Lc 10, 25-27) e invitato a ricordare che solo la loro osservanza conduce alla vita eterna: «Fa’ questo e vivrai» (Lc 10,28). È comunque significativo che sia proprio il secondo di questi comandamenti a suscitare la curiosità e l’interrogativo del dottore della Legge: «Chi è il mio prossimo?» (Lc 10,29). Il Maestro risponde con la parabola del buon Samaritano, la parabola-chiave per la piena comprensione del comandamento dell’amore del prossimo (cf Lc 10,30-37). (…).
E “Sia l’Antico che il Nuovo Testamento sono espliciti nell’affermare che senza l’amore per il prossimo, che si concretizza nell’osservanza dei comandamenti, non è possibile l’autentico amore per Dio.
Lo scrive con vigore straordinario san Giovanni: «Se uno dicesse: "Io amo Dio", e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi, infatti, non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1 Gv 4,20). L’evangelista fa eco alla predicazione morale di Cristo, espressa in modo mirabile e inequivocabile nella parabola del buon Samaritano (cf Lc 10, 19-37) e nel «discorso» sul giudizio finale (cf Mt 25,31-46)” (VS 14).
5. Infine tocchi il problema doloroso della scarsa possibilità di confessarsi.
Anche su questo Giovanni Paolo II ha dato un’indicazione chiara: “Questa cura per la celebrazione porterà, fra l’altro, a fissare nelle singole Chiese dei tempi appositi per la celebrazione del sacramento, e a educare i fedeli, specialmente i fanciulli e i giovani, ad attenervisi in via ordinaria, salvo i casi di necessità, nei quali il pastore d’anime dovrà sempre dimostrarsi pronto ad accogliere volentieri chi ricorre a lui” (Reconciliatio et paenitentia, 32).
Contraccambiando l’augurio di pace e bene, ti ricordo al Signore ti benedico.
Padre Angelo