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Quesito

Caro Padre Angelo,
(…)
Riflettendo sulle sue risposte in ambito di morale coniugale, ho scoperto che ero arrivata al culmine di una condotta da sempre sbagliata.
Erroneamente consideravo accettabile moralmente il nostro metodo di pianificazione familiare (coito interrotto). Leggendo che tutto ciò costituisce un peccato grave, da rendere indegni alla Comunione, la mia coscienza ha provato un “tuffo”. Inizialmente ho opposto resistenza (quando uno è testone..), pensando che tutto ciò fosse antiquato, assurdo, ma… alla fine ho dovuto ammettere.
Mio marito ed io, abbiamo sempre partecipato alla Messa ed all’Eucaristia con i nostri figli, la Domenica, senza avere la piena consapevolezza di non esserne degni. E ora?
Questa crisi di coscienza ha stranamente cambiato la mia fede: per quanto abbia sempre sentito e cercato Dio come un’assoluta necessità, negli ultimi tempi era il dubbio a prevalere, e la mia preghiera più frequente si riduceva ad uno “speriamo che Tu ci sia”. Ora questa strana sensazione di “morso” al cuore, doloroso e dolce al tempo stesso, è più forte del dubbio.
“Tu ci sei, sono io che non ci sono!” (che non sono adeguata).  E allora?
Così ho trovato la forza, non senza pesanti dubbi, di voltar pagina. Il dubbio più grande riguarda mio marito, coinvolto suo malgrado in questo “giro diverso”. Inizialmente, sentendo la fragilità del nostro matrimonio, ho temuto una possibile frattura tra di noi. Come avrebbe potuto accettare dopo tanto tempo, questa mia pazzia di volere improvvisamente il “talamo senza macchia”? (patetico dopo molti  anni!).
Eppure, ha tollerato (con tenue protesta).
Per me passare al metodo naturale, è stato come vedere la luce dopo anni di buio. Per tutto questo tempo, sentendomi altruista, pensavo di andare incontro a mio marito, ma mancava completamente la mia partecipazione emotiva e questi atti mi lasciavano una sensazione negativa. Pensavo di andargli incontro, invece mi allontanavo, perdendo la gioia della nostra unione.
Ho pensato che continuare su questa strada, non ci avrebbe mai riavvicinati, e la posta in gioco troppo alta, per non fare almeno un disperato tentativo di svolta ad “U”.
C’è voluto del tempo (troppo!), ma ora sulla base delle mie stesse sensazioni, credo di avere finalmente capito che, per poterlo veramente definire amore, questo atto debba essere colto unicamente nella sua integrità; funziona a “tutto o nulla” come il battito cardiaco. E’ integrità di dono e di significato. Non è possibile separarne gli aspetti di unione e fecondità, come non è possibile scindere anima e corpo di chi lo compie. Ridotto a sola genitalità, diventa egoistico ed il suo reale e profondo significato che è la vita, viene ad esserne considerato un effetto collaterale, da evitare ad ogni costo, da cancellare con un colpo di spugna, con una pillola.
E’ dalla mia stessa esperienza, che credo di capire che la contraccezione, falsa l’atto coniugale anche nel suo aspetto unitivo, di vicendevole manifestazione d’amore: specie quando si incorre nell’ “errore”, non unisce i coniugi, ma crea rancore e divisione. Per lo meno così è stato per noi: per me è forte la tentazione di attribuire a lui la maggior parte della responsabilità, pur sapendo di essere stata io a permetterlo (perché a volte acconsentire è più facile che discutere).
(…)
Per quanto ci siano lievi miglioramenti tra di noi: c’è di nuovo tenerezza nei nostri sguardi e la nostra dialettica religiosa mi sembra comunque più positiva del silenzio, mi sento ancora molto incerta: a volte mi pare di aver esagerato, mi chiedo se sia giusto trascinarlo in una scelta tollerata ma non moralmente condivisa, sperando che col tempo capisca. 
Il secondo punto riguarda la mia insicurezza. Tuttora non so definire quanto mi sta succedendo.
Se da un lato mi chiedo dove sono stata per tutto questo tempo (forse in letargo), dall’altro ho paura di ciò che provo adesso.
Desidero raccoglimento e preghiera, ma mi sento egoista perché temo di chiudermi agli altri, sottraendo tempo alla famiglia ed al lavoro. Vorrei condividere con i miei familiari questa Presenza che ora credo di sentire nell’animo, ma temo di essere noiosa ed invadente.
Se penso alle visite nascoste e solitarie in Chiesa che ormai faccio quotidianamente, al rosario nascosto nella tasca dei jeans, la mia parte razionale trema. Vorrei abbandonarmi a Gesù, ma qualcosa mi frena e mi dice che tutto ciò è pazzesco e anzichè al sacerdote dovrei rivolgermi allo psichiatra.
Continuo a sentire incompleta quella Confessione: non ho mai parlato della contraccezione (purtroppo iniziata già prima del matrimonio), né della mia costante superficialità nel partecipare all’Eucarestia, ma non so decidermi a ripeterla. Mi sento come a metà strada e non so se proseguire o tornare indietro.
Non le dico che la ricordo nelle mie preghiere perché non sono all’altezza della situazione, ma sicuramente ho bisogno delle sue.


Risposta del sacerdote

Carissima,
1. ti ringrazio per questa bella testimonianza.
Ho desiderato renderla pubblica, tralasciando alcuni passaggi troppo personali.
Desidero sottolineare alcuni punti.

2. Il primo: quando facevate contraccezione (da troppo tempo!) Dio veniva sempre più emarginato dalla vostra vita, anche se c’era la regolarità alla Messa.
Di fatto, nell’intimo nucleo della vostra persona (perché la sessualità tocca l’intimo nucleo della persona) Dio era estromesso. Si trattava, come diceva Giovanni Paolo II, non di un ateismo teorico, ma di un ateismo pratico.

3. Il secondo: con la conformazione del vostro amore al progetto di Dio, i vostri cuori si sono riavvicinati e cominciate a vivere una nuova stagione nel vostro matrimonio.
Là dove tutto si stava illanguidendo, a motivo della separazione del nucleo più intimo della vostra persona da Dio, adesso tutto comincia riprendere vita.
Adesso senti il desiderio di stare col Signore, di abbandonarti a Lui.
Prima di fatto c’era una chiusura, anche se non ne eri consapevole.

4. Il terzo: è molto bello quello che hai capito di quella bella espressione della Sacra Scrittura: “il talamo sia senza macchia” (Eb 13,4).
Pensavi che non fosse più possibile dopo diversi anni di matrimonio.
E invece aprendoti a Dio hai fatto una scoperta meravigliosa, che riprendo pari pari dalle tue parole per non volerla alterare: “C’è voluto del tempo (troppo!), ma ora sulla base delle mie stesse sensazioni, credo di avere finalmente capito che, per poterlo veramente definire amore, questo atto debba essere colto unicamente nella sua integrità; funziona a “tutto o nulla” come il battito cardiaco. E’ integrità di dono e di significato. Non è possibile separarne gli aspetti di unione e fecondità, come non è possibile scindere anima e corpo di chi lo compie. Ridotto a sola genitalità, diventa egoistico ed il suo reale e profondo significato che è la vita, viene ad esserne considerato un effetto collaterale, da evitare ad ogni costo, da cancellare con un colpo di spugna, con una pillola”.
È quello che il Magistero della Chiesa dice con altre parole: “Quando i coniugi scindono questi due significati che Dio creatore ha iscritti nell’essere dell’uomo e della donna e nel dinamismo della loro comunione sessuale… manipolano e avviliscono la sessualità umana, e con essa la persona propria e del coniuge, alterandone il valore di donazione totale” (Giovanni Paolo II, Familiaris consortio 32).
E ancora: “Nell’atto coniugale non è lecito separare artificialmente il significato unitivo dal significato procreativo perché l’uno e l’altro appartengono alla verità intima dell’atto coniugale: l’uno si attua insieme all’altro e in certo senso l’uno attraverso l’altro. Quindi l’atto coniugale privo della sua verità interiore, perché privato artificialmente della sua capacità procreativa, cessa di essere atto di amore” (Giovanni Paolo II, 22.8.1984).

5. Il quarto: la contraccezione, proprio perché non è atto di vero amore, non unisce i coniugi ma li divide.
Ti ringrazio per le parole che scrivi: “E’ dalla mia stessa esperienza, che credo di capire che la contraccezione, falsa l’atto coniugale anche nel suo aspetto unitivo, di vicendevole manifestazione d’amore: specie quando si incorre nell’ “errore”, non unisce i coniugi, ma crea rancore e divisione.
 Per lo meno così è stato per noi: per me è forte la tentazione di attribuire a lui la maggior parte della responsabilità, pur sapendo di essere stata io a permetterlo (perché a volte acconsentire è più facile che discutere)”.
Solo ciò che è vero, è anche buono e utile.

6. Rimane un ultimo punto: quello della confessione sacramentale.
Come il vostro amore coniugale sta diventando sempre più vero, così deve diventare più vera anche la confessione.
Penso che il Signore ti stia preparando da tempo a questo. Le crisi interiori di cui mi parli non sono altro che la longa manus del Signore che bussa alla tua porta.
Tra qualche giorno è Natale. Accogli il Signore con la totalità dei tuoi sentimenti.
Il Signore viene per noi, perché siamo peccatori.
È contento di rendere candide le nostre anime col suo Sangue.
Con l’umile confessione dei nostri peccati e soprattutto con l’assoluzione sacramentale le rende splendide.
Tu dirai al sacerdote che hai sempre taciuto nelle precedenti confessioni quest’aspetto della tua vita e che hai fatto anche la S. Comunione.
Ti accorgerai che il sacerdote sarà ministro della misericordia divina e questa misericordia la sentirai in maniera molto viva.
Soprattutto avvertirai una trasformazione nella tua vita, legata alla presenza personale di Dio dentro di te.
Sentirai che la tua anima finalmente è diventata degna di contenere la sua presenza e che questa sua presenza trasforma il nostro corpo e la nostra vita in un tabernacolo santo.
E ti avvicinerai alle persone, a cominciare da quelli di casa (figli e marito)  con un atteggiamento diverso.

7. Sarei contento che anche tuo marito si confessasse come ti confesserai tu.
Per questo ti assicuro la mia preghiera.
Sarà un santo Natale, forse come mai l’hai passato nella tua vita.
E ne beneficeranno tutti, perché la tua luce si irradierà su tutta la tua casa.
Benedico te e tutti i tuoi cari.
Padre Angelo