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Quesito
Caro Padre Angelo
Sono sposato felicemente da 41 anni con due figlie sposate da tempo e due nipotini adorabili.
Il nostro rapporto di coppia sta cambiando da un po’ di tempo. Io, nonostante abbia subito una operazione alla prostata per un tumore maligno (operazione HIFU ben riuscita) considero nel nostro amore coniugale il rapporto sessuale ancora importante, bello e “necessario”. Mia moglie, diversamente da me, molte volte, lo vede con distacco, quasi con “tolleranza”.
Siamo credenti e praticanti con una fede non vivacissima, ma di medio livello. La preghiera che rivolgiamo al Signore è qualche volta comune, ma il più delle volte personale. La liturgia domenicale è comunque sempre insieme assidua e partecipata.
Veniamo al rapporto sessuale. Quando entrambi partecipiamo con ardore è sempre bello come le prime volte appena sposati, ma spesso la mia compagna non ha “voglia” e per non dispiacermi ci spingiamo a baci e carezze che mentre lasciano lei abbastanza “fredda” portano me inesorabilmente all’orgasmo (di fatto è una masturbazione). Anche dopo questo “apice” – però solitario – ci scambiamo tanti baci e tante ulteriori carezze ed effusioni amorose, ma il vero rapporto sessuale – di fatto – non c’è stato.
Finora (io credo per paura di una risposta non desiderata) non ho mai confessato questa anomalia se anomalia di rapporto coniugale lo è realmente. Ho anche paura ad inviare a lei questo mio quesito per il timore della risposta che mi potrà esser data. Ebbene amo realmente mia moglie, ma stento ad avere in questa fase della vita (inizio della terza età) gli stessi ritmi sessuali .
Posso aggiungere che ovviamente preferisco il rapporto sessuale vero e proprio che è appagante e di grande spinta alla vita coniugale, ma l’amoreggiamento sopra descritto per me è comunque bello seppur “palliativo” e mia moglie partecipa con “altruismo” quasi soddisfatta di aver trovato un modo per accontentarmi e non “sacrificarsi”.
Con stima e fiducia la saluto.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. Paolo VI nell’enciclica Humanae vitae insegna che “qualsiasi atto matrimoniale (quilibet matrimonii usus) deve rimanere aperto alla trasmissione della vita” (HV 11).
La versione italiana traduce “qualsiasi atto matrimoniale”. Il testo latino, che è quello ufficiale, non dice atto, ma usus.
Dunque qualsiasi uso del matrimonio o dell’intimità coniugale deve essere aperto alla vita.
E questo perché nella donazione totale e reciproca gli sposi si donano tutto, compresa la capacità procreativa che vanno suscitando.
2. Ora anche nei rapporti coniugali non fertili si attua una donazione totale e vicendevole di tutto il proprio essere.
Sono atti che sono in linea col disegno del Creatore che ha previsto anche questo per favorire la mutua intesa.
3. L’uso disordinato delle potenze procreative, come succede quando si giunge volutamente alla masturbazione di uno o di entrambi i coniugi, trasforma radicalmente il significato della sessualità e fa sì che quell’atto cessi di essere un atto di autentico amore. Al suo posto subentra la libidine fine a se stessa.
Con ciò stesso ci si mette al di fuori del disegno santificante di Dio che – proprio perché santificante – impegna nell’oblazione ed è sempre pieno di carità.
È questo il motivo per cui avverti da te stesso che nell’atto che si conclude con la masturbazione c’è qualcosa che non va e che questo atto è del tutto diverso dal rapporto coniugale perché è privato della sua interiorità.
4. Pertanto ti direi tre cose.
La prima: è quella di tralasciare questo tipo di surrogato, che non è amore vero verso tua moglie, la quale ne farebbe volentieri a meno, ma è amore per te stesso, anzi è un amore disordinato di te stesso, è soddisfazione di una tentazione e in termini teologici è un peccato.
Non devi dimenticare l’obiettivo superiore del tuo matrimonio: la santificazione.
A questa santificazione si giunge attraverso l’esercizio di tutte le virtù, compresa la purezza nell’ambito matrimoniale.
Astieniti pertanto da questo peccato per amore del Signore.
Ricorda che il corpo nel quale abiti, prima di essere tuo, è suo.
Te l’ha dato perché sia tempio dello Spirito Santo (1 Cor 6,19).
Tieni presente anche quanto dice nella sacra Scrittura: “Perché questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dall’impudicizia, che ciascuno sappia mantenere il proprio corpo con santità e rispetto, non come oggetto di passioni e di libidine, come i pagani che non conoscono Dio; che nessuno offenda o inganni in questa materia il proprio fratello, perché il Signore è vindice di tutte queste cose, come già vi abbiamo detto e attestato. Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione. Perciò chi disprezza queste norme, non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che ci dona il suo santo Spirito” (1 Tess 4,3-8).
5. La seconda cosa che desidero dirti: mi dici che la tua vita cristiana è guidata da una “fede non vivacissima, ma di medio livello”.
Poi soggiungi: “La preghiera che rivolgiamo al Signore è qualche volta comune, ma il più delle volte personale. La liturgia domenicale è comunque sempre insieme assidua e partecipata”.
Intanto quello che fai è bene e potrei dire che la definizione che hai dato della tua vita cristiana è vera.
Tuttavia io ti direi di andare più avanti e te lo dico proprio perché tanto tu quanto il sottoscritto siamo reduci da ciò che abbiamo sentito nel Vangelo di domenica scorsa (trentatreesima del tempo ordinario, anno a). Abbiamo sentito la parabola dei talenti.
Ebbene, i talenti di cui parla il Signore non sono le qualità naturali che tutti possiedono, Queste le avevano anche i servi ai quali il padrone aveva affidato quei talenti.
Dal momento che un talento ai tempi di Gesù corrispondeva a circa un milione di euro attuali comprendiamo subito che si tratta di realtà preziosissime e sono quelle che corrispondono al tesoro del Vangelo, della Grazia, della presenza di Gesù in noi, del dono dello Spirito Santo, della pratica dei sacramenti (soprattutto dell’Eucaristia e della Penitenza), della Comunione dei Santi e con i Santi e della carità.
Abbiamo sentito che i primi due servitori avevano ricevuto rispettivamente 5 e 2 talenti e che ne hanno guadagnati altri cinque e altri due. E che cioè li hanno fatti rendere al cento per cento.
Ecco dunque che cosa desidero dirti: traffica anche tu i beni di ordine soprannaturale che il Signore ha messo nelle tue mani al cento per cento. Non accontentarti di farli rendere a metà.
In questo periodo della tua vita, in cui probabilmente sei pensionato, dedicati ancora di più alla pratica religiosa.
Ad esempio, recita il santo Rosario insieme a tua moglie tutti i giorni per il bene vostro, dei tuoi figli, della Chiesa e del mondo.
Inoltre, se non è disagevole, vai a Messa anche tutti i giorni. È bello poter andare incontro al Signore e dirgli: “Mi hai dato il tesoro della vita di grazia, il tesoro della vita cristiana. Ecco l’ho trafficato al 100 per cento”.
E allora al termine dei tuoi giorni potrai sentire quelle parole che devono orientare tutta la nostra vita: “Bene servo buono e fedele. Sei stato fedele nel poco, ricevi autorità su molto. Entra nella gioia del tuo Signore” (Mt 25, 21).
Se farai quanto mi sono permesso di consigliarti, ti accorgerai di giorno in giorno che mediante il Rosario insieme a tua moglie e con la partecipazione alla Messa e alla Santa Comunione entrerai quotidianamente già fin d’ora e sempre di più nella gioia del tuo Signore.
Capirai che questi sono i beni più grandi che possediamo (“poiché la tua grazia vale più della vita”, Sal 63,4), che comunicano le gioie più pure e penetranti che possiamo gustare di qua. Sono quei beni ai quali sono ordinati tutti i beni di ordine temporale come al loro obiettivo ultimo.
3. La terza cosa: se il peccato facesse talvolta breccia nella tua vita, vai a confessarti.
Dirai al sacerdote che non hai usato del matrimonio secondo Dio. Non è necessario specificare oltre.
Paolo VI nell’enciclica Humanae vitae scrive: “E se il peccato facesse ancora presa su di loro, non si scoraggino, ma ricorrano con umile perseveranza alla misericordia di Dio, che viene elargita nel sacramento della Penitenza” (HV 25).
Anche questa è un’esperienza molto bella: quella di sentirsi mondati interiormente dal Sangue di Cristo che viene versato su di noi mentre il sacerdote proferisce le parole dell’assoluzione: “E io ti assolvo dai tuoi peccati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.
E tuttavia, anche se il peccato non facesse più presa nella tua vita, confessati ugualmente in maniera frequente perché nella confessione viene versato su di te il Sangue di Cristo, quel Sangue che ti redime, ti purifica e ti santifica.
Per questo il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma: “In coloro che ricevono il sacramento della Penitenza con cuore contrito e in una disposizione religiosa, ne conseguono la pace e la serenità della coscienza insieme a una vivissima consolazione dello spirito” (CCC, 1468).
Fai dunque così, e ti troverai bene.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo