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Quesito
Caro Padre Angelo,
vorrei chiarimenti sulla figura di Gioacchino da Fiore.
Come lo devo considerare?
Alcune sue teorie sono inconciliabili con la fede cattolica oppure è un teologo originale ma ortodosso? Aveva il dono della profezia come ci dice Dante o era uno studioso attento della Sacra Scrittura che ha formulato interpretazioni inconsuete?
Come mi posso comportare nei suoi confronti, vista l’ambiguità della sua fama?
Grazie della disponibilità e dell’aiuto.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. nell’Enciclopedia cattolica di Gioacchino da Fiore (nato a Celico in Calabria vero il 1130 e morto nl 1202) si legge: “È una delle figure più rappresentative, ma anche più complesse della spiritualità medievale: mistico, riformatore, profeta, teologo, esegeta; venerato come un santo da alcuni, considerato come un impostore da altri. San Tommaso riconosce la santità della sua vita, ma ritiene che in alcune delle sue profezie abbia fallito”.
2. Gli storici Bihlmeyer – Tuechle scrivono di Gioacchino da Fiore: “Gioacchino era un o stimatissimo asceta, devoto alla Chiesa e fondatore di una congregazione cistercense riformata (Ordo Florensis).
Ma come già in passato Gilberto Porretano, così anche egli fu trascinato da una speculazione imprudente nell’errore del triteismo; il IV concilio lateranense del 1215 nel can. 2 condannò il suo scritto, per noi perduto «De unitate Trinitatis».
Conseguenze ancora più fatali portarono le sue speculazioni circa il corso della storia del mondo e della Chiesa e le sue profezie di carattere apocalittico-riformatorio. Egli le espose nei tre scritti fondamentali: Concordia Novi et Veteris Testamenti, Expositio in Apocalypsim e Psalterium decem chordarum, diffondendosi ampiamente in un fantastico simbolismo numerico e in una profonda interpretazione allegorica e tipologica della s. Scrittura; la trattazione culminava nella profezia dell’ultima età dello Spirito Santo, prossima a giungere, che avrebbe portato ad una radicale riforma nella Chiesa secolarizzata.
Gioacchino non pose al centro della sua teologia della storia la cristologia, come si era fatto fino ad allora, ma la Trinità. Alle tre Persone in Dio fece corrispondere tre diverse epoche (status) della storia della salvezza: l’età anteriore a Cristo o età del Padre, dominata dalla lettera della legge e dalla carne, l’epoca degli sposati e dei laici; l’età cristiana, o età del Figlio (42 generazioni di 30 anni ciascuna, secondo Matteo 1,17), che rappresenta uno stadio intermedio fra lo spirito e la carne, epoca dei chierici; infine la terza ed ultima età, l’età dello Spirito Santo e dei monaci, a partire dal 1260, nella quale l’«Evangeliuin aeternum» (Ap 14,6), cioè una superiore interpretazione spirituale (intelligentia spiritualis) dei due Testamenti sarebbe stata predicata da un nuovo ordine monastico (Ordo iustorum) e la corrotta Chiesa della carne avrebbe ceduto il posto alla perfetta Chiesa dello Spirito.
È evidente che simile speculazione era in netta contraddizione con il concetto corrente della Civitas Dei in terris ed era la più indicata a condurre al ripudio e alla dissoluzione dei concetti di Chiesa e di gerarchia. Date le angustie del tempo essa riscosse vivo successo, specialmente nel rigoristico ambiente degli Spirituali, che rappresentavano una corrente più rigida nell’Ordine francescano. Anche il generale dei Minoriti Giovanni da Parma l’accolse con favore” (Storia della Chiesa, II, 131, 19).
3. San Tommaso ne accenna nel Commento alle Sentenze di Pietro Lombardo quando si domanda se le 10 piaghe che colpirono l’Egitto possano prefigurare qualcosa di ciò che sarebbe accaduto nel Nuovo Testamento.
Ed ecco che cosa scrive: “Sebbene in generale lo stato del Nuovo Testamento sia prefigurato dall’Antico, non è detto però che vi sia una corrispondenza fra i singoli avvenimenti: specialmente dopo che in Cristo ebbero il loro compimento tutte le figure dell’Antico Testamento; perciò S. Agostino, a coloro che volevano computare il numero delle persecuzioni della Chiesa secondo il numero delle piaghe d’Egitto, diceva: «Io non credo che nelle piaghe d’Egitto siano profetizzate tali persecuzioni, sebbene da quelli che lo credono siano messi a confronto con finezza e con ingegno i particolari di ognuna, servendosi non dello spirito di profezia, ma di congetture dell’ingegno umano, che può talvolta giungere alla verità, ma può anche sbagliare».
E similmente sembra che bisogna dare lo stesso giudizio degli scritti dell’abate Gioacchino, il quale per mezzo di tali congetture ha predetto delle cose vere, mentre in altre si è ingannato” (Commento alle sentenze di Pietro Lombardo, IV, d. 43, q. 1, a. 3, ad 3).
4. Pertanto non far affidamento alle profezie di Gioacchino da Fiore, dal momento che “ha predetto delle cose vere, mentre in altre si è ingannato”.
La parola di Dio è più illuminante, salvifica e più vivificante che leggere tutte le profezie fatte da autori anche santi, ma che in alcune cose si sono sbagliati, e che in ogni caso non danno sostanza alla nostra vita cristiana.
Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo