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Quesito
Caro Padre Angelo,
innanzitutto la ringrazio di cuore per il grande lavoro che compie nel rispondere a tutte le domande e nell’arricchire la nostra fede. È la prima volta che le scrivo ma sono un’assidua lettrice di “Amici Domenicani”.
Sono una ragazza di 20 anni, studentessa universitaria, riconvertita al cattolicesimo soltanto pochi mesi fa. Quando ero molto piccola percepivo una sorta di vocazione alla vita religiosa, ero molto interessata alle devozioni mariane e alle Sacre Scritture, oltre che alle vicende dei martiri; poi, forse per non urtare mio padre (protestante), ho cercato di reprimere questi interessi e li ho infine persi del tutto (recuperandoli soltanto ora). Ho passato la mia intera infanzia e adolescenza alla disperata ricerca di Dio, convertendomi ad un’infinità di religioni. Non mi sono mai sentita veramente a mio agio in nessuna fino allo scorso ottobre, quando ho avvertito prepotentemente il vuoto che mi portavo dentro e mi sono rivolta quasi senza accorgermene a Gesù Cristo. Credo di aver ricevuto una chiamata, perché nella mia disperazione l’unica cosa che mi rendeva e che mi rende tuttora felice oltre ogni dire era il pensiero di servire il Signore e di consacrare a Lui la mia vita. Ero davvero sul punto di abbandonare gli studi appena intrapresi, ma mia madre mi ha convinto a continuare perché avevo voti troppo alti e la mia futura carriera ne avrebbe risentito. Ora ho deciso di terminare i tre anni di università anche per darmi il tempo di decidere cosa fare della mia vita. Prima inseguivo il mondo e la fama, ora disprezzo il primo e la seconda mi nausea; sono cambiata così radicalmente che all’inizio, confusa, ho pensato di essere semplicemente stanca o depressa, e che il mio ritorno a Cristo fosse solo un capriccio momentaneo. Invece sono passati diversi mesi e sono sempre più felice di vivere lontano dalla vanità e dai peccati di cui prima non potevo fare a meno. Il mio unico desiderio è quello di fare la volontà di Dio e di sfruttare le mie capacità per la Sua gloria. Ero molto attratta dalla vita contemplativa (proprio fra le Domenicane!) e dall’anacoretismo, ma adesso sono in forte dubbio e sto cercando di fare chiarezza dentro di me, anche riguardo alle mie mancanze.
E qui sorge un problema grave: ho serie difficoltà ad amare il prossimo, perché la maggior parte delle persone provo indifferenza se non disprezzo (per colpa di passate esperienze che mi hanno fatto quasi perdere ogni fiducia nel genere umano); non ho invece alcuna difficoltà a servire queste stesse persone, anzi lo faccio con piacere. Ho letto che santa Caterina da Siena per servire meglio i suoi parenti accomunava la madre alla Madonna, il padre a Gesù, e i fratelli e le sorelle ai discepoli e agli apostoli. Ho trovato questo “metodo” assolutamente incantevole, e l’ho subito applicato. Il fatto è che però mi sento un’ipocrita a comportarmi così gentilmente con gli altri “solo” per amore di Dio… vorrei imparare ad amare il prossimo sinceramente, per quello che rappresenta sul serio, ma ne sono molto lontana. Tant’è che purtroppo a volte devo lottare con me stessa per reprimere addirittura veri e propri pensieri razzisti che, me ne rendo conto, sono insensati e controproducenti. Esiste un modo per amare in modo disinteressato il prossimo, senza “nascondersi” dietro l’amore per Dio? So bene che san Paolo ha detto: «Qualunque cosa facciate, fatela di cuore come per il Signore e non per gli uomini […]» (Col 3, 24-25), ma mi sento a disagio nel vedere la gente complimentarsi con me per la mia gentilezza e la mia bontà quanto in realtà mi sembra solo di fingere…
Inoltre, come posso comportarmi degnamente con mio padre, che cerca in tutti i modi di allontanarmi dalla Chiesa? Vorrei che fosse cattolico e che partecipasse alla messa, ma è irremovibile. Grazie anche alle risposte che lei fornisce su Amici Domenicani riesco a difendermi abbastanza bene dagli attacchi dottrinali che lui continua a sollevare contro il cattolicesimo, ma questo ha comunque finito per allontanarci l’uno dall’altra, e mi dispiace. Non voglio nemmeno pensare cosa dirà quando scoprirà la mia vocazione.
E ho un’ultima domanda: è possibile consacrarsi perpetuamente ad un santo impegnandosi ad imitarlo per il resto della propria vita?
Mi perdoni se le sono sembrata superba e perdoni anche la lunghezza della mail.
La ringrazio in anticipo e la saluto,
Irene
Risposta del sacerdote
Cara Irene,
1. mi chiedi se esista un modo completamente disinteressato di amare gli uomini.
Kant chiedeva di compiere il dovere per il dovere!
Maritain ha detto che un amore così disinteressato, che all’inizio conquistò il cuore di molti, finì per disinteressare.
La morale di Kant era parsa come una morale molto alta. Qualcuno è giunto a dire che era il vangelo espresso in termini laici.
Anziché mettere la carità come obiettivo supremo di tutto, si sarebbe dovuto mettere il dovere, l’altro.
Sicché giustamente M. Blondel ha affermato che l’uomo per vivere secondo natura ha bisogno di una forza soprannaturale (Carnets intimes (1883-1894), p.197).
2. Del resto solo da un punto di vista umano come si può amare una persona che ci fa del male, che corrompe o uccide i nostri figli?
Per amare le persone ci vuole un motivo più alto dei loro difetti. Se non lo si trova, queste persone è difficile amarle.
3. Il motivo più alto c’è. Ed è Dio.
Dio da portare dentro di loro, come radice della loro trasformazione interiore.
E anche e soprattutto come motivo della loro gioia e perfezione più alta.
4. Ecco perché San Gregorio Magno, papa e dottore della Chiesa, diceva che l’amore di Dio genera l’amore del prossimo e l’amore del prossimo conserva l’amore di Dio (Moralia, 7,24).
L’amore di Dio porta ad amare tutti, anche quelli che ci fanno del male, anche quelli che da un punto di vista umano hanno nulla di amabile.
E così genera l’amore del prossimo.
5. E a sua volta l’amore del prossimo conserva l’amore di Dio perché Dio va amato con i fatti.
E poiché non possiamo donare nulla a Dio che Egli già non lo possieda, possiamo amarlo portando Lui nel cuore del nostro prossimo.
Così amiamo il prossimo nella maniera più alta perché lo uniamo al bene più grande che è Dio stesso.
Questa è la carità.
6. Per questo il nostro grande San Tommaso d’Aquino diceva che “il motivo di amare il prossimo è Dio: infatti nel prossimo dobbiamo amare il suo inserimento in Dio” (Somma teologica, II-II, 25, 1).
E ancora: “Il prossimo viene amato d’amore di carità per il fatto che in lui vive Dio e perché in lui viva Dio.
Di conseguenza è chiaro che con lo stesso abito di carità amiamo Dio e il prossimo. Però se amassimo il prossimo per se stesso e non per amore di Dio, il nostro amore apparterrebbe a un altro ordine: per esempio all’amore naturale o politico” (Quaest. disp. de caritate, a. 4.)1.
7. Allora come vedi, non c’è una via umana disinteressata che porti ad amare tutti, senza condizione alcuna.
L’unica maniera di amare nella forma più alta e disinteressata è quella di amare il prossimo per amor di Dio, e cioè per donargli Dio e per far piacere a Dio.
8. Mi chiedi se ci si possa consacrare ad un santo.
Di per sé la consacrazione viene fatta solo a Dio.
Tuttavia puoi farla a Dio ad imitazione di quel particolare Santo oppure sotto il patrocinio di quel particolare Santo.
9. Sono contento che ti arrida l’idea di essere tra le contemplative domenicane, dove indubbiamente sceglieresti “la parte migliore”.
Ma di questo, se vuoi, ne parleremo più avanti.
Intanto ti seguo con la preghiera e ti benedico.
Padre Angelo
1 S. Tommaso,
Commenta A. Royo Marin: “La bontà divina riflessa nel prossimo è la ragione o il motivo formale della carità in modo così decisivo che, se perdiamo di vista questo motivo per adottarne qualsiasi altro, usciamo automaticamente dal campo della carità. Quanti atti di filantropia e quante elemosine che sembrano splendidi atti di carità, ma che in realtà non sono tali! Quando si è perduto di vista Dio, la carità non può più esistere, o almeno, non agisce più come tale in quegli atti che si compiono in favore del prossimo” (a. royo marin, Teologia della carità, p. 617).