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Quesito

Salve Padre Angelo
Su un settimanale ho letto un articolo che prende spunto dai recenti delitti di matrice islamista e giunge ad una riflessione più ampia sul rapporto tra fede religiosa, in particolare cristiana, e uso della forza militare.
Tra alcune osservazioni che ritengo condivisibili, il seguente passaggio mi ha lasciato perplesso: "Mi si potrebbe giustamente obiettare che la liceità della legittima difesa proviene dalla legge naturale, che la Chiesa riconosce per la sua razionalità che deriva da Dio che è logos, e non dalla rivelazione cristiana propriamente detta, la quale invece afferma la non violenza in termini radicali: «A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica» (Luca 6,29). La riaffermazione della liceità della legittima difesa è ciò che la Chiesa ha in comune con ogni altra religione o filosofia che non contraddicono la ragione, la non resistenza al violento e all’ingiusto è invece un contenuto specifico della rivelazione cristiana, come tutte le esortazioni pronunciate da Cristo nel Discorso della Montagna. La Chiesa le ha sempre presentate come esortazioni rivolte a chi aspira a essere perfetto davanti a Dio e profetico di fronte agli altri uomini, alla stregua dei consigli evangelici (povertà, castità e obbedienza) che non sono obbligatori per tutti i cristiani, ma che sono parte della regola degli ordini religiosi e monastici."
A quanto so, i consigli evangelici non vincolano tutti i fedeli, mentre le parole citate il Signore le rivolge a tutti i suoi discepoli. Applicarle alle situazioni concrete della vita richiede sicuramente un discernimento; ma l’accostamento proposto sembra portare alla conclusione che il vivere tale insegnamento sia riservato a coloro che vogliono testimoniare una particolare perfezione. Mi pare un modo un po’ troppo semplicistico di affrontare la questione.
La ringrazio
Massimiliano


Risposta del sacerdote

Caro Massimiliano,
1. è vero che la Chiesa mutua la legittimità della difesa di se stessi dalla ragione.
Ma non è vero che la Divina Rivelazione chieda semplicemente di rinunciare alla difesa di se stessi.
Infatti come la grazia non distrugge la natura, ma la sana e la eleva, così anche la legge evangelica non sopprime il diritto naturale ma lo illumina ulteriormente.

2. È interessante notare ad esempio che San Tomaso parli della guerra giusta (ed è giusta quando corrisponde ad una legittima difesa) all’interno del trattato sulla carità che è una virtù teologale e non semplicemente nell’ambito della giustizia.
Ciò significa che la ragionevolezza della guerra non deriva solo dalla legge naturale, ma anche da quella rivelata.

3. Ecco ad esempio che cosa dice Sant’Agostino: “Se la religione cristiana condannasse totalmente le guerre, nel Vangelo, ai soldati che chiedevano un consiglio di salvezza, si sarebbe dato quello di abbandonare le armi, e di fuggire la milizia. Invece fu loro detto: "Non fate violenze a nessuno; contentatevi della vostra paga". Perciò non viene proibito il mestiere del soldato a coloro a cui viene comandato di contentarsi della paga" (Epistola 138).

4. L’obbligo di difendere la propria casa, che va inteso anche nel senso più ampio di patria, viene ricordato dalla Sacra Scrittura.
San Paolo dice: “Se poi qualcuno non si prende cura dei suoi cari, soprattutto di quelli della sua famiglia, costui ha rinnegato la fede ed è peggiore di un infedele” (1 Tm 5,8).

5. La Sacra Scrittura ricorda anche che “l’autorità non invano essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi fa il male” (Rm 13,4).
San Tommaso commenta quest’affermazione: “Così spetta ad essa difendere lo stato dai nemici esterni con la spada della guerra. Per cui all’autorità viene detto nei Salmi: "Salvate il debole e l’indigente, liberatelo dalla mano dei malvagi!" (Sal 82,4). Per cui S. Agostino scrive: "L’ordine naturale, indicato per la pace dei mortali, esige che risieda presso i principi l’autorità e la deliberazione di ricorrere alla guerra" (Contra Faustum 22,75)” (Somma teologica, II-II, 40,1).

6. Certo, vi possono essere dei casi in cui i cristiani per particolari motivi rinunciano a difendersi.
Ed è per questo che Giovanni Paolo II in Evangelium vitae ha detto: “Al diritto di difendersi nessuno potrebbe rinunciare per scarso amore alla vita o a se stesso, ma solo in forza di un amore eroico, che approfondisce e trasfigura lo stesso amore di sé, secondo lo spirito delle beatitudine evangeliche nella radicalità oblativa di cui è esempio sublime lo stesso Signore Gesù” (EV 55).

8. Ma ve ne sono altri in cui in nome non solo della giustizia (diritto naturale) ma anche della  carità (legge rivelata) c’è il dovere di difendersi.
Qui in nome dell’amore per la vita propria, per quella dei propri cari e dei più deboli “la legittima difesa può essere non soltanto un diritto, ma un grave dovere, per chi è responsabile della vita di altri, del bene comune della famiglia o della comunità civile” (Catechismo della Chiesa Cattolica 2265).

9. In fondo è la carità, oltre che la giustizia, ad esigere di donarsi fino in fondo per difendere il bene degli innocenti.
Per questo San Tommaso scrive: “Quelli che fanno delle guerre giuste hanno di mira la pace. Perciò essi sono contrari solo alla pace cattiva, che il Signore "non è venuto a portare sulla terra", come dice il Vangelo (Mt 10,34)” (Somma teologica, II-II, 40, 1, ad 3).

Ti ringrazio per avermi dato l’opportunità di fare queste precisazioni, ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo