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Quesito

Buona sera padre Angelo,
quando Gesù dice “non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò di Nuovo nel regno di Dio” cosa significa? Che in paradiso godremo di cibi e gusti spiritualizzati ma comunque gustabili?
Grazie mille come sempre
Un caro saluto
Alessandro


Risposta del sacerdote

Caro Alessandro,
1. le parole che tu riporti sono tra quelle che Gesù ha pronunziato appena seduto a tavola per l’ultima cena.
Ecco il testo completo: “Quando venne l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e fatelo passare tra voi, perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio»” (Lc 22,14-18). 

2. A queste parole del Signore è stato dato un triplice significato: uno più letterale in riferimento alla vita presente, un altro più spirituale in riferimento alla vita futura e un terzo in un orizzonte ecclesiale.

3. Il significato più letterale parte dall’espressione “finché non si compia nel regno di Dio”.
Secondo Sant’Efrem il regno di Dio si inaugura con la risurrezione di Cristo. Anzi, il regno di Dio è la risurrezione di Cristo.
Non è fantasiosa questa interpretazione perché il regno di Dio è una circonlocuzione per indicare Gesù stesso, la sua presenza permanente in mezzo a noi. 
Poiché Gesù ha detto: “io sono la resurrezione e la vita” le parole finché non si compie nel regno di Dio alludono al tempo immediatamente dopo la sua risurrezione.
Questa è la spiegazione di Sant’Efrem: “Egli ha detto: non berrò più di questo frutto della vite, fino a che non venga il regno di Dio, per mostrare che aveva previsto la sua imminente partenza da loro. Ha detto: fino a che non venga il regno di Dio, il che significa sino alla sua risurrezione.
Simon Pietro ha rivelato negli Atti degli Apostoli: Dopo la sua risurrezione, durante un periodo di 40 giorni, abbiamo mangiato con lui e abbiamo bevuto (At 10,41) in questo primo giorno della settimana.
Questo concorda con ciò che egli aveva detto: essi non proveranno la morte prima di vedere il regno di Dio (Mt 16,28; Mc 9,1;Lc 9,27), e questo si compì sei giorni dopo” (Commento al Diatessaron 19,5).

4. Anche San Beda, il venerabile presbitero, è di questo avviso e scrive: “Questo può essere preso anche alla lettera, che cioè da quest’ora della cena fino al tempo della risurrezione, in cui il regno di Dio sarebbe arrivato, non avrebbe più bevuto il vino; infatti in seguito Pietro attesta che gli ha assunto sia il cibo che la bevanda dicendo: noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dei morti”.
L’interpretazione cui tu alludi (gustare di nuovo i cibi e le bevande) potrebbe arrivare fin qui, ma non oltre.

5. L’interpretazione spirituale, che rimanda alla vita futura, è quella presentata da padre Marco Sales: “Gesù non celebrerà più alcuna Pasqua con i suoi discepoli finché a questa festa imperfetta e simbolica, destinata a commemorare la liberazione dalla schiavitù dell’Egitto, succeda la vera e perfetta Pasqua, vale a dire la festa della piena liberazione degli uomini dalla servitù del demonio e del peccato, che sarà celebrata in cielo con un convito spirituale ed eterno”.
Con queste parole Gesù annuncia la sua morte ormai imminente per cui sarebbe stato sottratto al convito con gli apostoli e nello stesso tempo promette di riunirli di nuovo, risuscitati, con lui nel regno dei cieli dove si sarebbero seduti alla stessa sua mensa, come lo erano stati nel tempo della sua vita mortale.
Questa interpretazione spirituale era già stata avanzata da Sant’Ireneo: “Egli, quando giunse il momento della sua passione, volle istruire Abramo e coloro che si trovavano con lui sulla buona novella dell’apertura dell’eredità.
Dopo che ebbe reso grazie, alzando il calice e dopo che ebbe bevuto, promise che avrebbe nuovamente bevuto con i suoi discepoli il frutto della vite. Cristo dunque mostrò entrambe le cose, l’eredità della terra, all’interno della quale si beve il nuovo frutto della vite, e la risurrezione carnale dei discepoli” (Adversus haereses, 5,33,1).

6. Il terzo significato è legato alla Pasqua che Egli avrebbe consumato con i suoi dopo la sua risurrezione all’interno della Chiesa fino alla fine del mondo.
È una seconda interpretazione di San Beda, il quale scrive: “Non celebrerò più la Pasqua mosaica fino a quando non si compia in senso spirituale nella Chiesa: infatti essa è il regno di Dio secondo quanto aveva detto: il regno di Dio è in mezzo a voi (Lc 17,21)”.

7. Infine, a scanso di equivoci questo vino che Gesù beve non è ancora quello che avrebbe trasformato nel suo sangue ma quello che veniva presentato all’inizio della cena pasquale al capo famiglia.
Questi, dopo aver pronunziato la benedizione d’uso, accostava la coppa del vino alle sue labbra e ne beveva, e poi la faceva passare a tutti i convitati perché tutti ne bevessero.

Con l’augurio che tu possa mangiare e bere con Gesù nell’eucarestia e nella vita futura, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo