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Quesito

Stimatissimo Padre Angelo,
approfitto della sua disponibilità per un ulteriore quesito sulla fede cristiana e sul dialogo con i non credenti: premetto che come credente sono abbastanza soddisfatto della mia scelta e che personalmente i vantaggi che ho dal vivere una vita cristiana mi fanno accettare anche alcune restrizioni della Chiesa, soprattutto in tema di morale sessuale, che potrebbero apparire come restrizioni della nostra libertà.
Recentemente con un vecchio amico che però ha preso una strada diversa, abbiamo discusso sulla promiscuità sessuale che secondo lui é un bene e non un male. La posizione di questo amico é però comune mi pare a quella di molti altri anticlericali e con queste persone mi risulta difficile trovare una mediazione e portare argomentazioni valide a supporto delle tesi cristiane. Non so se a questo punto sia possibile continuare un dialogo e se sì su che basi si può impostare e con quali argomentazioni.
Forse più che parole, facilmente confutabili da persone preparate come l’amico in questione (un filosofo laico abbastanza quotato), bisogna puntare sull’esempio di vita ma anche lì non é facile a causa della nostra debolezza umana e del sottoscritto in particolare.
La chiedo se ritiene opportuno un consiglio in merito al dialogo con questa categoria di non credenti molto ostici.
Un cordiale saluto
Pietro


Risposta del sacerdote

Caro Pietro,
1. il dialogo col tuo vecchio amico è molto difficile perché l’obiettivo tra un credente e un non credente non solo è diverso, ma a volte può risultare del tutto contrapposto.

2. Potrei risponderti con le parole di Pio XI il qual non si capacitava di un fatto, e cioè di come alcuni cattolici volessero intraprendere un dialogo politico con i socialisti (va ricordato che a quei tempi i socialisti erano impregnati di ideologia marxista, che considerava la vita umana solo come una vicenda materiale, destinata a concludersi definitivamente con la morte.

3. Diceva dunque Pio XI “che il socialismo, sia considerato come dottrina, sia come fatto storico e azione, se resta vero socialismo… non può conciliarsi con gli insegnamenti della Chiesa cattolica. Giacché il suo concetto di società è quanto mai opposto alla verità cristiana” (Quadragesimo Anno 116).
“Infatti, secondo la dottrina cristiana, lo scopo per cui l’uomo dotato di una natura socievole, è stato messo sulla terra, è che, vivendo in società e sotto un’autorità sociale ordinata da Dio, coltivi e svolga pienamente tutte le sue facoltà, a lode e gloria del Creatore; e adempiendo fedelmente i doveri della sua professione o della sua vocazione, qualunque sia, giunga alla felicità temporale ed insieme all’eterna.
Il socialismo al contrario, ignorando o trascurando del tutto questo sublime fine, sia dell’uomo come della società, suppone che l’umano consorzio non sia istituito se non in vista del solo benessere” (Quadragesimo Anno 117).

4. Per un cristiano la sessualità è specificata definitivamente dal suo fine ultimo che è Dio, la santità, la perfezione della carità.
In questa prospettiva ha la sua ragion d’essere la ricerca del disegno di Dio attraverso la legge natura e l’ascetica, quell’ascetica che a te pare come una legge restrittiva, mentre è la strada imprescindibile per poter arrivare alla meta.
Tra l’altro, quella che chiamiamo ascetica o anche castità non toglie nulla all’amor umano, ma lo libera dalla tentazione della schiavitù della sensualità.
In questo senso Gandhi ha potuto scrivere che dal momento in cui decise di vivere in castità (per lui la castità divenne astensione totale da ogni rapporto sessuale con la moglie) sentì una “libertà” e una “gioia” che prima non aveva mai sperimentato.
Scrive ancora: “Prima di fare il voto io ero in balìa di ogni tentazione impura a ogni momento. Ora il voto diventò per me uno scudo sicuro contro la tentazione.
La grande potenza della castità divenne in me sempre più palese. Ogni giorno che è passato mi ha sempre fatto comprendere di più che la castità è una protezione del corpo, della mente, dell’anima. Il praticare la castità non diventò il praticare un’ardua penitenza, fu invece una consolazione ed una gioia. Ogni giorno mi svelava una fresca bellezza: è stata per me una gioia sempre crescente” (La mia vita per la libertà, pp. 193-194).

5. Se uno invece è ateo, quale sarà il fine della sua vita in generale e della sessualità in particolare?
San Paolo dice che se non c’è la prospettiva della vita futura conviene darsi al divertimento: “Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo” (1 Cor 15,32).
Qui non c’è prospettiva di santificazione e di vita eterna. C’è solo il nulla. E allora le regole servono solo per non far soffrire le persone più di tanto. Ma là dove si è d’accordo, perché non fare quello che si vuole?

6. Negli Atti degli Apostoli si legge di un dialogo tra il governatore Felice e San Paolo: “Dopo alcuni giorni Felice arrivò in compagnia della moglie Drusilla, che era giudea; fatto chiamare Paolo, lo ascoltava intorno alla fede in Cristo Gesù. Ma quando egli si mise a parlare di giustizia, di continenza e del giudizio futuro, Felice si spaventò e disse: «Per il momento puoi andare; ti farò chiamare di nuovo quando ne avrò il tempo»” (At 24,24-25).
Paolo dunque parlò di continenza, cioè di sessualità secondo Dio, nella prospettiva del giudizio futuro. Con un uomo del genere affrontò il discorso in questi termini. Sapeva benissimo che impostarlo solo per far salotto non avrebbe portato a nessun frutto.

Forse certe persone vanno prese proprio come San Paolo prese il governatore Felice.
Se manca il punto di riferimento ultimo, l’obiettivo della santità, si fa un dialogo tra sordi.

Ti ringrazio della fiducia, prometto una preghiera per te e per lui e vi benedico.
Padre Angelo