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Quesito

Buongiorno Padre Angelo,
seguo sempre con piacere le sue risposte che rendono una grande testimonianza e perseguono gli scopi della predicazione del suo Ordine.
In tema pasquale le volevo chiedere un chiarimento su un passaggio di Giobbe che ho letto citare da San Tommaso nella ST, Supplemento Questione 75 articolo 1; “in contrario: 1. Si legge nel Libro di Giobbe: “So che il mio Redentore vive e che nell’ultimo giorno io risorgerò dalla terra, e sarò circondato di nuovo della mia pelle”. Quindi ci sarà la resurrezione anche per il corpo.”
San Tommaso qui difende la Resurrezione da chi dice che la Scrittura la nega – però in quel passaggio di Giobbe (19, 25-26) le Scritture (Nuova Riveduta) di oggi dicono: “E quando, dopo la mia pelle, sarà distrutto questo corpo,
senza la mia carne, vedrò Dio”.
Giobbe, poveretto, sembra più anelare alla distruzione della sua carne sofferente piuttosto che auspicare di tornare ad abitarci. Ed è vero che nell’edizione Nuova Diodati si dice “nella mia carne vedrò Dio” – qui sì, assomigliando alla citazione di San Tommaso.
Mi sembra però che queste due traduzioni conservino un significato ben diverso! Una prova la resurrezione della carne l’altra la sua distruzione.
Speravo potessi illuminarmi su questa (apparente) distanza di significati.
Le auguro una Buona Pasqua e prego perché continui nel suo apostolato con il solito ardore.
Mario


Risposta del sacerdote

Caro Mario,
anzitutto ti chiedo scusa per il grande ritardo con cui ti rispondo.

1. San Tommaso non si è sbagliato perché ha fatto riferimento al testo della Volgata, che è il testo ufficiale della Chiesa Cattolica.
Il testo che San Tommaso aveva dinanzi era il seguente: et rursum circumdabor pelle mea, et in carne mea video Deum meum. Tradotto in italiano: e di nuovo sarò circondato con questa mia pelle e nella mia carne vedrò il mio Dio.

2. A questo proposito la Bibbia edita dalla Conferenza Episcopale Italiana mette la seguente nota: “Questo versetto è famoso nell’esegesi per le difficoltà di ogni tipo. La traduzione proposta segue il testo masoretico, benché sia incerto”.
Dice anche che la traduzione della Volgata ha influenzato la traduzione che fa riferimento alla risurrezione. Ma questo sarebbe improbabile alla luce delle idee teologiche di Israele. E per onestà riporta il testo della Volgata: “Sarò circondato di nuovo dalla mia pelle e nella mia carne vedrò Dio”.

3. La prima edizione della Bibbia di Gerusalemme in francese traduceva: “Dopo il mio risveglio egli mi innalzerà presso di sé e con la mia carne io vedrò Dio”.
La seconda edizione cambia e, seguendo il testo masoretico, al posto di “con la mia carne” traduce senza la mia carne.

4. La traduzione della Conferenza episcopale italiana tanto nella versione del 1974 (staccandosi dalla prima traduzione della Bibbia di Gerusalemme) quanto in quella del 2008 ha optato per il testo masoretico: senza la mia carne.

5. Ma il Targum che è la traduzione della Bibbia dall’ebraico in aramaico traduce così: “E dopo che la mia pelle sarà stata restaurata nella mia carne vedrò di nuovo Dio io stesso lo vedrò, i miei occhi e non quelli di un altro lo vedranno”.

6. Del medesimo sentire è anche la TOB, che è la traduzione ecumenica della Bibbia (pertanto con questa traduzione sono concordi anche i protestanti).
Dopo aver riportato il testo della Conferenza episcopale italiana in nota scrive: “La traduzione ecumenica della Bibbia TOB traduce: nella mia carne, e sostiene che le traduzionial di fuori della mia carne o senza la mia carne non sono giustificate dall’uso della preposizione ebraica min con un verbo di percezione.
Benché in Giobbe 14,12 l’eventualità di una risurrezione fisica apparisse a Giobbe come una speranza che contraddiceva l’esperienza, ora proclama la certezza nell’intervento del suo redentore. Questa certezza trasforma in articolo di fede la prospettiva della sua risurrezione”.

7. Onestamente la nota della Conferenza episcopale italiana, dopo aver optato per una versione diversa, dice che la traduzione proposta dal testo masoretico, cui si rifà, è incerta.
In ogni caso la versione “senza la mia carne” è un’attestazione da parte di Giobbe della sopravvivenza e dell’immortalità dell’anima. Prima ancora della risurrezione finale può vedere Dio.

Ti ringrazio per l’attestazione di stima nei confronti del nostro Ordine domenicano.
Ti assicuro volentieri la mia preghiera e ti benedico. 
Padre Angelo