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Quesito

Buonasera Padre Angelo,
volevo chiederle delle risposte a questi mie interrogativi: 
1) Alcune persone sostengono che il male, la sofferenza, le malattie, anche se negative, sono permesse da Dio per trarne del bene e possono servire all’uomo per espiare già su questa Terra i suoi peccati e redimersi.
Questa affermazione, anche se difficile da accettare, la condivido ma mi chiedo perché alcune persone hanno più inclinazioni al male e debolezze fisiche e psicologiche di altre. 
2) Il male commesso dai propri genitori e avi, potrebbe trasmettersi in qualche modo ai figli e trasformarsi anche in malattie fisiche?
3) È da anni che vivo in grazia di Dio e in preghiera, ma resto sempre con i miei limiti emotivi, caratteriali, psicologici che mi condizionano, e che escono fuori soprattutto nei momenti di difficoltà e prova.
4) Forse devo rassegnarmi ad una lotta spirituale continua?
    Forse se ricevessi quello che chiedo monterei in orgoglio?
    Forse Dio vuole ricordarci che noi siamo le creature e Lui il creatore?
    Forse Dio, prima di guarire il mio corpo, vuole guarire radicalmente la mia anima?
    O forse i tempi non sono ancora maturi per concedermi nuove grazie?
Grazie.


Risposta del sacerdote

Carissimo, 
1. potrei dire che il male è un mistero, nel senso che non riusciamo a scoprire tutte le motivazioni per cui il Signore lo permetta.
Di una cosa siamo certi: che Dio non lo vuole.
Siamo certi anche di un’altra verità, e cioè che la presenza del male non diminuisce la sua onnipotenza, ma la esalta ancor più perché lo permette per trarne beni più grandi.

2. È giusto pregare perché il Signore ci liberi dal male.
Il Signore stesso ci ha comandato di farlo.
Abbiamo però l’impressione, e non soltanto l’impressione, che talvolta la nostra preghiera, pur insistente e fatta con le dovute disposizioni, rimanga inascoltata.
Il Cielo talvolta appare muto e impassibile.

3. Tuttavia questo silenzio è particolarmente eloquente perché costringe a indagare ulteriormente e a fissare l’attenzione su altri aspetti della vita personale ed ecclesiale.
La prima realtà che Dio ci indica è Colui che la Sacra Scrittura definisce come “l’uomo dei dolori che ben conosce il patire” (Is 53,3).
Guardando il Cristo crocifisso ci troviamo dinanzi al dolore innocente. “Noi giustamente, dice il buon ladrone. Ma lui non ha fatto nulla di male” (Lc 22,41)”.
È vero, “che male ha fatto?” (Mt 27,23).
Perché allora il male?

4. C’è un’altra realtà, anche questa misteriosa e mai totalmente compresa: quella della redenzione, che passa attraverso l’espiazione e conduce a vita nuova.
Questa vita nuova non è una vita qualunque, ma è la vita soprannaturale ed eterna, donata anticipatamente di qua attraverso la grazia.

5. Venendo più direttamente a te, hai trovato tante risposte al silenzio di Dio risponde dinanzi alle tue ripetute preghiere. Sono tutte giuste.
Penso che tanti le abbiano sentite come te nel segreto della loro coscienza e siano state motivo di conforto e di fiducia.
Ma innanzitutto c’è la risposta che giunge dalla croce di Cristo ì e che San Paolo ha espresso con queste parole: “Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24).
Sono più o meno le medesime parole che la Madonna ha ricordato a Fatima fin dalla sua prima apparizione quando chiese ai tre pastorelli: “Volete offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che lui vorrà mandarvi, in riparazione dei peccati con cui è offeso e come supplica per la conversione dei peccatori?”. 

6. Non è corretto andare a vedere nei nostri genitori o nei nostri antenati la causa delle nostre sofferenze. In Ezechiele si legge: “Il figlio non sconterà l’iniquità del padre, né il padre l’iniquità del figlio.
Sul giusto rimarrà la sua giustizia e sul malvagio la sua malvagità” (Ez 18,20).
“Perciò io giudicherò ognuno di voi secondo la sua condotta, o casa d’Israele. Oracolo del Signore Dio” (Ez 18,30).
La presenza delle sofferenze ci ricorda che non siamo nel paradiso terrestre, né questo è l’obiettivo superiore della vita presente.
“Non abbiamo di qua un’abitazione permanente” (Eb 13,14).
Il senso della vita presente è quello di preparare “un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera” (1 Tm 6,19).
All’interno di questa vita ne stiamo preparando un’altra.
È in ordine all quella vita, che non è passeggera ma eterna, che vanno espressi i giudizi sulla vita presente.

7. Gesù, nel discorso della montagna, ha espresso affermazioni inaccettabili per chi non è aperto al trascendente. 
Ma sono le parole rivolte da Dio agli uomini di tutti i tempi: “Beati quelli che piangono, perché saranno consolati” (Mt 5,4) e “Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,10).
E ancora: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli” (Mt 11-12).
Solo guardando alla vita futura i conti tornano.


Ti sono vicino nelle tue sofferenze. Insieme con te le offro a Dio per la santificazione della tua anima, per il bene dell’umanità, e in particolare per la salvezza delle anime.
Ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo