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Quesito
Carissimo Padre Angelo,
volevo porre alla sua attenzione questo mio problema che attualmente mi affligge e mi viene sempre in mente o quando prego o quando partecipo alla santa messa. Per poterlo fare devo aprire una piccola parentesi. Mi sono convertito 5 anni fa. Dopo circa 20 anni lontano dal Signore, decisi di confessarmi e liberarmi dal peso dei miei peccati. Da quel giorno caro padre ho paura anche di dire una sola bugia. Quella confessione che feci fu liberatoria, piansi tantissimo, emanavo lacrimoni dai miei occhi non lacrime. Il sacerdote mi parlò del figliol prodigo ed io piangevo come un bambino, provavo un forte dolore per aver offeso il Signore ma allo stesso tempo quel pianto era dovuto dalla forte sensazione che stavo provando, proprio come se Gesù mi stesse abbracciando e mi spiazzava quel suo amore infinito. Al termine della confessione il sacerdote mi diede come penitenza 1 pater, 1 ave e 1 gloria e poi mi disse; dopo aver recitato queste preghiere apri il vangelo e leggi. Così feci, e con mio stupore, quando aprii il vangelo, uscì il passo del figliuol prodigo.
Ora dopo 5 anni improvvisamente mi sorge il dubbio e se non ho confessato per bene i miei gravissimi peccati contro Dio? E poi mi sono venuti in mente peccati commessi quando avevo 13 anni circa e che nemmeno consideravo quindi mai confessati. Inoltre alcuni altri peccati non li confessai segno per segno spiegandoli per bene…l’unica cosa che feci era piangere dal dolore e dalla commozione di quell’infinito amore. Le chiedo quindi di illuminarmi; cosa devo fare devo riconfessarmi? Sono in peccato mortale? Caro padre se solo penso di avere ancora un peccato mortale dentro di me, oh, preferirei mille volte morire ma mai offendere Dio ma non per paura di andare all’inferno ma perché ferire Lui è ferire me, non so se mi spiego e non vorrei mai perdere la sua grazia. Però mi sta succedendo che quando prego è come se sentissi qualcosa di negativo che mi dice che sono in peccato mortale e cio mi turba tanto e mi fa stare male. Aiutatemi. Grazie.
Vincenzo
Risposta del sacerdote
Caro Vincenzo,
1. nella confessione che hai fatto c’era la volontà di riconciliarti con il Signore.
Se ti fossero venuti in mente tutti i peccati della vita passata certamente li avresti accusati.
Pertanto devi considerarti in grazia di Dio. Non avere timore.
2. Tuttavia qualora ti venissero in mente peccati gravi che non hai accusato, li dirai nella prossima confessione che farai senza urgenza.
L’accusa dei peccati è necessaria perché è di diritto divino.
E, sebbene tu sia già in grazia, tale accusa serve al sacerdote sia per suggerirti eventuali rimedi sia perché il Signore vuole versare in maniera specifica anche su quelle ferite il suo Sangue redentore avendo detto: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati” (Gv 20,23).
3. Ti suggerisco di andare sempre dal medesimo confessore perché questi abbia un quadro vero della tua situazione.
Per cui se il confessore ti dirà: “Adesso non tornare più indietro, non confessare più i peccati della vita precedente” gli obbedirai.
Ciò significa che i peccati che tu intendevi accusare rientravano già nella medesima specie di quelli che hai confessato e che lui aveva capito bene lo stato della tua anima.
4. Mi dici che ti sei convertito circa cinque anni fa dopo vent’anni di lontananza dal Signore.
Da quanto mi scrivi si potrebbe pensare che da cinque anni a questa parte non ti sei più confessato perché grazie a Dio non ci sono più stati peccati gravi nella tua vita.
5. Tuttavia la confessione, che è un sacramento medicinale, ha una sua grande utilità anche per rimediare i peccati veniali.
Per cui per il progresso della tua vita spirituale ti consiglio di confessarti in maniera regolare e frequente e possibilmente sempre col medesimo confessore in modo che questi diventi, come diceva don Bosco, il padre della tua anima.
6. Mi piace ricordare a questo proposito quanto Giovanni Paolo II ha detto in Reconciliatio et Paenitentia: “Pur sapendo e insegnando che i peccati veniali vengono perdonati anche in altri modi – si pensi agli atti di dolore, alle opere di carità, alla preghiera, ai riti penitenziali -, la Chiesa non cessa di ricordare a tutti la singolare ricchezza del momento sacramentale anche in riferimento a tali peccati.
Il ricorso frequente al sacramento – a cui sono tenute alcune categorie di fedeli (sacerdoti, seminaristi, consacrati, n.d.r.)- rafforza la consapevolezza che anche i peccati minori offendono Dio e feriscono la Chiesa, corpo di Cristo, e la sua celebrazione diventa per loro «l’occasione e lo stimolo a conformarsi più intimamente a Cristo e a rendersi più docili alla voce dello Spirito» («Ordo Paenitentiae», 7b).
Soprattutto è da sottolineare il fatto che la grazia propria della celebrazione sacramentale ha una grande virtù terapeutica e contribuisce a togliere le radici stesse del peccato” (RP 32).
Augurandoti un progresso sempre crescente nella vita spirituale ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo