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Quesito
Caro Padre Angelo,
Faccio riferimento a una recente nota di un vescovo di una grande diocesi del Nord Italia circa la pastorale dei cattolici divorziati e risposati.
Ho letto il testo della lettera e mi sembra pervaso di buonismo e di giustificazionismo: l’opposto dell’affermazione di s. Francesco di vivere il Vangelo “sine glossa”.
Perché più nessun sacerdote o vescovo dice ai cattolici divorziati e risposati “Non ti è lecito tenere quella donna” (Mt 14,4) e “Va e d’ora in poi non peccare più” (Gv 8,11)?
Un cordiale saluto.
Alessandro
Risposta del sacerdote
Caro Alessandro,
premetto che non ho ancora letto la lettera pastorale alla quale fai riferimento.
Posso dire tuttavia che un conto è fare una trattazione morale sul divorzio e sulle nuove nozze e un altro conto invece è rivolgersi a coppie che hanno certamente commesso l’errore di divorziare e di risposarsi civilmente, ma dalla cui unione sono nati dei figli.
Nel primo caso si dovrà dire che non è lecito risposarsi.
Nel secondo caso la nascita di figli obbliga i genitori a stare insieme, anche se non sono marito e moglie.
L’Arcivescovo di quella grande diocesi aveva di mira queste coppie irregolari e altre più o meno della medesima tipologia.
Sebbene irregolari, queste coppie hanno il dovere di partecipare al santo sacrificio della Messa (astenendosi tuttavia dalla Santa Comunione), così come hanno l’obbligo di educare cristianamente i loro figli, di pregare insieme, di partecipare alla vita della comunità cristiana e di impostare un regime di vita famigliare il più cristianamente possibile, sebbene irregolare.
Può sembrare una contraddizione. Ma ripeto un conto è la teoria e un altro conto è la pratica, nella quale talvolta si debbono rimediare alcuni mali più gravi (in questo caso: fare di tutto perché i figli godano della presenza simultanea dei loro genitori).
Ti saluto, ti prometto una preghiera e ti benedico.
Padre Angelo