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madre del Santo Padre Domenico (Haza, 1135 – Caleruega, 2 agosto 1205) – memoria facoltativa 2 agosto
La tradizione ci presenta nella mamma di San Domenico la donna forte di cui parla la Scrittura, la madre esemplare.
Leggiamo nel Vangelo: “Dai frutti si conosce la qualità dell’albero”. Queste parole di Gesù ben si adattano alla Mamma di S.Domenico, la Beata Giovanna d’Aza. Della sua vita, oggi, possediamo poche ed incerte notizie ma tutto ciò che costituisce la grandezza dell’uomo e del Santo Fondatore dei Predicatori, torna a lode di lei: presso la culla di un grande, incontriamo quasi sempre una donna d’animo forte.
Molto probabilmente Ella non viveva più quando furono gettate le basi dell’Ordine, ma la Chiesa, per un profondissimo senso di giustizia, l’ha collocata tra i membri delle Famiglia Domenicana e l’ha onorata di pubblico culto. Discendente di una nobile famiglia della Castiglia, Giovanna nacque verso la metà del XII secolo ad Aza, località ad una trentina di chilometri da Caleruega, dove invece visse sposata a Felice di Guzman, signore del luogo, santificandosi nella pratica dei doveri quotidiani di madre e di castellana.
Lo storico Rodrigo di Cerrato, Castigliano, originario di una valle poco lontana da Caleruega, scrive, parlando di S.Domenico: “Sua madre, di nobile casata, era virtuosa, riservata, prudente, piena di compassione verso gli infelici e i poveri ed eccelleva tra tutte le donne del paese per la grande reputazione in cui era tenuta …Ella era molto buona. Avvenne, una volta, che il signor Felice si allontanasse da casa… La beata Giovanna , vedendo la miseria di tanti infelici ai quali aveva già dato parte dei suoi beni, distribuì totalmente ai poveri una botte piena di vino da lei posseduta e ben nota d’altronde al villaggio.
Quando il marito, al suo ritorno, fu vicino a Caleruega, i paesani gli andarono incontro e, qualcuno, si lasciò sfuggire di quel vino distribuito ai poveri. Giunto a casa, in presenza. dei paesani, domandò a sua moglie di servirgli un po’ di vino di quella botte.
Ella si affrettò ad andare in cantina dov’era custodita la botte e si gettò in ginocchio pregando il Signore: ” Signore Gesù Cristo, io non son degna di essere esaudita per i meriti miei, ma esaudiscimi per quelli di mio figlio, tuo servo che porto in seno e che io ho votato al tuo servizio”.
Si alzò in piena fede e si recò alla botte che trovò colma del miglior vino. E lo fece mescere a suo marito e ai suoi ospiti”.
Discendente, come detto, della migliore nobiltà castigliana, Giovanna d’Aza vede i suoi tre figliuoli ascendere all’altare: Antonio, Mannes e Domenico che presero tutti e tre appunto la via del sacerdozio. Quest’ultimo, in modo speciale sembra aver occupato un posto di predilezione nel suo cuore: ottenuto ed atteso nella più fervorosa preghiera, Domenico è preannunziato dalla mamma come un fremente segugio che stringe tra i denti una fiaccola con la quale illuminerà ed incendierà il mondo, mentre la madrina vide il figlioccio con una stella sulla fronte. Il cane, la torcia e la stella divennero così i simboli di San Domenico e dei frati dell’ordine da lui fondato, vestiti di bianco e nero, cani fedeli a Dio, segugi nella ricerca e confutazione dell’errore.
Giovanna fu dunque santa ma al tempo stesso madre di santi, ispiratrice di santità. Se comunque Domenico fu il più insigne, il primo, Antonio, serviva e curava i poveri presso un ospedale e morì in concetto di santità; il secondo, Mannes, sarà, più tardi, uno dei primi Domenicani, un predicatore pieno di fuoco, virtuoso nella condotta, dolce, umile, lieto e benevolo, anch’egli riconosciuto “beato” dalla Chiesa, pochi anni dopo la madre.
Per quello che riguarda il grande patriarca San Domenico, terzo ed ultimo figlio, nacque il 24 giugno 1170, esso venne a rallegrare l’animo di Giovanna che, non più giovanissima, aveva fatto un pellegrinaggio all’abbazia benedettina di Silos per invocare sulla tomba del fondatore, San Domenico di Silos, protettore delle partorienti, la grazia di un altro figlio che perpetuasse il nome della famiglia.
Ma il Signore concede sempre infinitamente più di quanto gli venga chiesto e volle perciò così darle attraverso Domenico una posterità assai più gloriosa di quella sanguinea. Fondò infatti l’Ordine dei Frati Predicatori e, martello degli eretici e colonna della Chiesa medioevale, fu “santo atleta” della fede cristiana, come amò definirlo Dante. Ma anche entrambi i genitori di Domenico meritarono di essere citati da Dante
nel dodicesimo canto del “Paradiso”: “Oh padre suo veramente Felice! Oh madre sua veramente Giovanna, Se, interpretata, val come si dice!”. Quest’ultima esclamazione allude all’etimologia ebraica del nome Giovanni/a che significa “il Signore è la sua grazia”. La madre di Domenico, secondo Dante, fu dunque veramente “Giovanna”, perché trovò pienamente la propria grazia nel Signore che le fece dono di tale figlio.
Giovanna si dimostrò sempre quale angelo tutelare della sua casa: prima maestra dei figli, li educò alla santità e ad una vita virtuosa. Avviò Domenico alla formazione intellettuale ed alla perfezione spirituale, affidandolo ancora bambino ad un suo fratello arciprete. Nonostante ella avesse sperato di poter coccolare un nipotino, non si oppose al disegno della Provvidenza ed assecondò i precocissimi segni della vocazione del figlio. Dio non tardò a mostrarle gli splendidi frutti di quei semi da lei piantati nei loro cuori con tanto amore. Ma dopo i figli, ecco comparire i poveri al secondo posto nei confronti dei quali ebbe le più affettuose cure, a tal punto che a volte capitò di vedere miracolosamente moltiplicate le sue elemosine quando non erano sufficienti. Questi straordinari segni della Divina Provvidenza dimostrarono agli occhi di tutti l’altezza di perfezione e d’intimità con Dio a cui era giunta Giovanna.
Per il resto non si posseggono ulteriori dettagliate notizie storiche sulla vita di questa donna. Quando morì a Caleruega, secondo la tradizione nei primi anni del 1200, suo figlio Domenico si era ormai allontanato da lei proprio come il cane del sogno, ma la sua torcia luminosa cominciava a risplendere nel mondo. I malati, i poveri e gli afflitti presero a rivolgersi spontaneamente a lei invocandola come una santa ai piedi delle sue reliquie, conservate nella chiesa parrocchiale, ed ottenendo così grazie e protezione. Il pontefice Leone XII confermò il culto “ab Immemorabili” della Beata Giovanna d’Aza il 1° ottobre 1828.
La Nostra Beata viene anche invocata dal popolo per ottenere la fertilità della terra, ricordando così il suo ruolo di castellana le permise, in vita, di andare incontro ai bisogni dei suoi vassalli, lavoratori dei campi.
ORAZIONE
Effondi su di noi, o Signore, lo spirito evangelico che consentì alla Beata Giovanna di educare i figli Domenico e Mannes alla vita apostolica. Per il nostro Signore. Amen