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vescovo (1260 circa-1323) – memoria facoltativa 3 agosto
Agostino Kazotic nacque da famiglia patrizia a Traù, odierna Trogir, in Dalmazia.
Entrò già quindicenne nell’Ordine e dopo alcuni anni di permanenza a Spalato (dove probabilmente frequentò i corsi di teologia) fu mandato a Parigi (1286) a perfezionare i suoi studi.
Al ritorno combattè energicamente l’eresia dilagante in Bosnia. Le cronache perlopiù non riportano di che tipo di eresia si trattasse, anche perché le eresie sono movimenti settari ed in genere molteplici, ma quasi sicuramente il principale avversario che il beato dovette affrontare potrebbe essere il bogomilismo, una setta cristiana apparsa fra gli Slavi della penisola balcanica sullo scorcio del sec. IX, il cui nome è fatto risalire alla voce bulgara bogu-mil “caro a Dio” (cfr. gr. ϑεόϕιλος); altri sostenne che Bogumil sia stato il soprannome del fondatore della setta, verosimilmente un monaco ortodosso, che come gran parte degli eretici dava apparenza di grande religiosità superiore a quella della media dei cristiani del suo tempo (cosa che di per è non sarebbe un male, se non fosse quasi sempre solo una apparenza), religiosità tuttavia mista alla adesione ad una serie di dottrine eterodosse con spunti ereditati da sette dualistico-gnostiche più antiche (manichei, pauliciani, massaliani), ma anche qualche traccia della religione primitiva degli Slavi, improntata a un dualismo naturistico. Per questa connaturalità alla religione autoctona il bogomilismo era un pò l’eresia nazionale della Bosnia.
Nel combattere l’eresia dei bogomili Kazotic strinse strategicamente alleanza con l’ex Maestro dell’Ordine Nicccolò Boccasini, legato pontificio in Ungheria, nazione che si opponeva anch’essa energicamente al bogomilismo bosniaco.
Eletto quindi papa il Boccasini col nome Benedetto XI, questi nominò e consacrò personalmente Agostino, vescovo di Zagabria (1303). Le lotte interne per la successione al trono e le prepotenze dei maggiorenti desolavano la regione; per venti anni il santo vescovo rifulse per zelo pastorale, sollecito, fino a dimenticare sé stesso, della rinascita spirituale e temporale dei suoi figli.
Nel 1322oscuri intrighi lo misero in cattiva luce presso il re Caroberto, per accondiscendere al quale papa Giovanni XXII trasferì Agostino a Lucera (Foggia). La città, che da pochi anni soltanto aveva mutato il nome di “Lucera Saracenorum” in quello di “Lucera di Santa Maria”, era teatro di una sanguinosa lotta tra i Saraceni superstiti ed i cristiani che cercavano di installarvisi dopo quasi un secolo di forzato esilio. Col fascino del suo esempio e la forza persuasiva della sua parola in un solo anno Agostino ridonò alla città desolata un volto cristiano e fece sottentrare al panico ed alla violenza un tenore di vita sereno.
Persona slanciata, portamento nobile, tratto gentile e affabile, aspetto ieratico, Agostino si interessò anche della cura materiale della città: a lui vanno infatti attribuite l’inizio della costruzione del nuovo episcopio, la creazione di un orfanotrofio femminile, il restauro della chiesa di Santa Maria della Tribuna, la fondazione dell’ospedale delle Cammarelle, la ricostruzione e l’ampliamento, dietro sollecitazione a Roberto d’Angiò, della cinta muraria; tutte opere che il santo vescovo non poté veder condotte a termine, perché sorpreso dalla morte (3 agosto 1323) procuratagli da un agguato, ma che a lui vanno attribuite per il merito di averle ideate, promosse e fatte eseguire.
La cattedrale di Lucera ne conserva devotamente il corpo, mentre Innocenzo XII ne confermò il culto il 17 Luglio 1700.