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Quesito
Caro padre Angelo,
se il servo spietato avesse, almeno in punto di morte, richiesto perdono a Dio, Egli lo avrebbe riperdonato? Grato se vorrà spiegarmi completamente la parabola perché il sacerdote, a conclusione dell’omelia, ha detto che a un certo punto Dio non può fare più niente.
Cordiali saluti.
Grazie
Risposta
Carissimo,
1. il servo che deve al suo padrone diecimila talenti rappresenta ognuno di noi nei confronti di Dio.
Diecimila talenti erano a quei tempi una cifra ingentissima, un debito di fatto insolvibile.
Ognuno di noi è stato perdonato da Dio da molti inferni, una pena di fatto insolvibile perché eterna.
Anche chi non avesse mai compiuto un peccato mortale deve dire insieme con Santa Teresa di Gesù Bambino che è stato perdonato in anticipo, perché Dio gli ha tolto le occasioni di peccare. Che se si fossero presentate davanti a noi come si sono presentate ad altri probabilmente vi saremo cascati e forse anche in maniera peggiore.
2. Ecco il testo molto bello di Santa Teresa di Lisieux: “Lo so, "colui al quale si rimette meno, ama meno" ma so anche che Gesù mi ha rimesso più che a santa Maddalena perché mi ha rimesso in anticipo, impedendomi di cadere. Ah, come vorrei poter chiarire ciò che sento! Ecco un esempio che spiegherà il mio pensiero. Suppongo che il figlio d’un medico abile incontri sul suo cammino una pietra che lo faccia cadere; cadendo, egli si rompe un arto, e subito il padre corre a lui, lo rialza con amore, cura le ferite impegnando tutte le risorse della sua arte, e ben presto il figlio completamente guarito gli dimostra la propria riconoscenza. Certamente questo figlio ha ben ragione d’amare suo padre! Ma farò ancora un’altra ipotesi. Il padre, avendo saputo che sulla strada di suo figlio si trova una pietra, si affretta, va innanzi a lui, la rimuove senza che nessuno lo veda. Certamente questo figlio oggetto della sua tenerezza previdente, non sapendo la sventura dalla quale è liberato per mezzo di suo padre, non testimonierà a lui la propria riconoscenza e l’amerà meno che se fosse stato guarito da lui. Ma se viene a conoscere il pericolo al quale è stato sottratto, non amerà di più suo padre? Ebbene, io sono quel figlio, oggetto dell’amore previdente di un Padre il quale non ha mandato il Verbo a riscattare i giusti, bensì i peccatori. Vuole che io lo ami perché mi ha rimesso non già molto, bensì tutto. Non ha atteso che io lo amassi molto, come santa Maddalena, ma ha voluto che io sappia come egli mi ha amata d’un amore d’ineffabile previdenza, affinché ora io ami lui alla follia!” (Storia di un’Anima 120).
3. Graziati da tanti inferni, con l’animo tutto pieno della misericordia ricevuta, dovremmo essere disposti ad usare misericordia verso quelli che ci devono qualcosa.
La crudeltà del servo al quale era stato condonato tutto ha suscitato lo sdegno del padrone che lo chiama a rendere conto dell’ingratitudine usata.
4. San Tommaso, a proposito di quelle paorle “Allora il padrone lo fece chiamare…” commenta: “Il Signore chiama con la morte: «Mi chiamerai e ti risponderò» (Gb 19,16).
È una chiamata, quella della morte, alla quale nessuno può far finta di non sentire. Deve obbedire volente o nolente.
Quel servo pertanto ha dovuto comparire davanti al padrone e ricevere la sua pena insolvibile, perché eterna.
Commenta ancora San Tommaso: “Se la pena non deve cessare finché non è compiuta la soddisfazione del debito, e nessuno senza la grazia può soddisfare, chi muore senza la carità non può soddisfare”(Commento al Vangelo di Matteo, 18,32).
Il tuo parroco pertanto ha interpretato in maniera corretta.
Ti benedico, ti ricordo al Signore e ti auguro ogni bene.
Padre Angelo