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Quesito
Salve padre Angelo,
se è possibile vorrei dei chiarimenti sulla questione della grazia, a quanto ho capito è un dono proveniente da Dio che già rende l’uomo partecipe della vita del figlio, quindi il mio dubbio è il seguente: chi si trova in stato di grazia rimane peccatore o meno?
Grazie della risposta.
Io sono Calogero, uno studente di storia e filosofia da un anno convertito.
Risposta del sacerdote
Caro Calogero,
1. sulla domanda che mi hai fatto e che suona così “chi si trova in stato di grazia rimane peccatore o meno” è necessario fare una distinzione.
Intanto va tenuto presente che cosa s’intenda per stato di grazia.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice che “la grazia di Cristo è il dono gratuito che Dio ci fa della sua vita, infusa nella nostra anima dallo Spirito Santo per guarirla dal peccato e santificarla. È la grazia santificante o deificante, ricevuta nel Battesimo. Essa è in noi la sorgente dell’opera di santificazione: «Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo» (2 Cor 5,17-18)” (CCC 1999).
2. La grazia è dunque quel germe di vita divina di cui parla San Giovanni: “perché un germe divino rimane in lui!” (1 Gv 3,9).
È un germe divino che ci trasforma e ci fa diventare creatura nuova, come dice San Paolo (2 Cor 5,17).
Con la grazia santificante il peccato precedente non è stato solo coperto, ma eliminato.
La lettera agli ebrei parla in maniera chiara di questa purificazione quando dice: “quanto più il sangue di Cristo – il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio – purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, perché serviamo al Dio vivente?” (Eb 9,14).
3. Pertanto è impossibile essere simultaneamente in grazia di Dio e in peccato morale, perché lo stato di grazia attua una purificazione interiore.
4. Tuttavia l’aver ricevuto il germe di santità o di vita divina non elimina le cattive inclinazioni che abbiamo ereditato col peccato originale.
San Paolo l’attesta quando dice: “Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: in me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.
Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me.
Dunque io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me.
Infatti nel mio intimo acconsento alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che combatte contro la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato, che è nelle mie membra” (Rm 7,18-23).
Il peccato di cui qui parla San Paolo non è il peccato mortale ma la concupiscenza che spinge al male e alla ribellione. Così come la legge di cui parla non è un precetto morale, ma un disordine che è conseguenza del peccato.
5. Questa inclinazione al male è attiva perché cadiamo ogni giorno in tante venialità e alcuni cadono anche in peccati più gravi per cui giustamente il Signore nel Padre nostro chiedi di domandare perdono dei peccati: “Rimetti a noi i nostri debiti” (Mt 6,12).
Ugualmente San Giovanni scrive ai cristiani: “Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità”(1 Gv 1,9).
Anche chi vive in grazia può dirsi peccatore: o perché ha commesso dei peccati gravi oppure perché quotidianamente commette diversi peccati veniali o anche perché non è escluso che possa perdere la grazia peccando di nuovo gravemente.
6. Questi concetti sono presenti anche nella Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione redatto congiuntamente da teologi cattolici e luterani, pubblicato ad Augusta (Germania) il 31 ottobre 1999.
In particolare al n. 28 di tale Dichiarazione si legge: “Insieme confessiamo che nel battesimo lo Spirito Santo unisce l’uomo a Cristo, lo giustifica e effettivamente lo rinnova. E tuttavia il giustificato, durante tutta la sua vita, non può mai fare a meno della grazia incondizionatamente giustificante di Dio. Inoltre l’uomo non è svincolato dal dominio che esercita su di lui il peccato e che lo stringe nelle sue spire (cfr. Rm 6, 12-14), né egli può esimersi dal combattimento di tutta una vita contro l’opposizione a Dio che proviene dalla concupiscenza egoistica del vecchio Adamo (cfr. Gal 5, 16 ; Rm 7, 7.10). Anche il giustificato deve chiedere ogni giorno perdono a Dio, così come si fa nel Padre nostro (Mt 6, 12 ; 1 Gv 1, 9) ; egli è continuamente chiamato alla conversione e alla penitenza e continuamente gli viene concesso il perdono”.
7. E al n. 30: “I cattolici considerano che la grazia di Gesù Cristo conferita nel battesimo, toglie tutto ciò che è «in senso proprio» peccato, tutto ciò che «merita la condanna» (Rm 8, 1),[16] ma che resta nell’uomo un’inclinazione (concupiscenza) che viene dal peccato e spinge al peccato.
Poiché i cattolici sono convinti che il peccato umano comporti sempre un elemento personale, essi considerano che l’assenza di tale elemento non permette più di chiamare peccato nel senso proprio del termine l’inclinazione ad opporsi a Dio.
Con ciò essi non negano che tale inclinazione non corrisponda al disegno originario di Dio sull’uomo, né che essa, ponendosi oggettivamente in opposizione a Dio e in contrasto con lui, costituisca l’oggetto di una lotta che dura tutta la vita; riconoscenti per la salvezza ricevuta per mezzo di Cristo, vogliono piuttosto affermare che l’inclinazione ad opporsi a Dio non merita la pena di morte eterna e non separa il giustificato da Dio.
Tuttavia, quando il giustificato si separa volontariamente da Dio, non gli è sufficiente ritornare all’osservanza dei comandamenti, ma occorre che egli riceva nel sacramento della riconciliazione il perdono e la pace mediante la parola di perdono che gli è data in virtù dell’opera di riconciliazione di Dio in Cristo”.
Ti auguro un felice cammino nelle vie di Dio, ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo