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Quesito

Buongiorno Padre Angelo, sia lodato Gesù Cristo.
Volevo avere un chiarimento in merito alle indulgenze. Secondo la Dottrina della Chiesa, queste servono appunto a diminuire o cancellare la cosiddetta pena temporale che dobbiamo scontare in questo o nell’altro mondo a causa dei nostri peccati già rimessi nella Confessione. Il punto che non ho ben chiaro è: per "pena temporale" si può intendere anche la penitenza che il sacerdote da’ al penitente dopo la confessione? ad esempio, a causa di un peccato dopo l’assoluzione il sacerdote mi impone come penitenza un giorno di digiuno. Lucrando l’indulgenza plenaria, secondo le norme e le modalità previste dalla Chiesa, è possibile dunque cancellare tale atto di penitenza e di conseguenza non è più necessario il giorno di digiuno? o l’indulgenza non cancella le penitenze che ci vengono "inflitte" dal sacerdote in confessione?
Ringraziandola  anticipatamente per la risposta, la saluto cordialmente.


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. L’indulgenza plenaria non prende il posto della penitenza imposta dal confessore.
Essa serve per cancellare quanto rimane anche dopo aver espletato la penitenza, ma non la sostituisce.
Ecco come viene riassunta la dottrina delle indulgenze da un documento del Magistero: “Si deve considerare che, anche se è stata perdonata la colpa mortale, e per necessaria connessione la pena eterna che quella merita, e anche se è stato rimesso il peccato leggero, comunemente detto veniale, il peccatore perdonato può avere bisogno di ulteriore purificazione, e cioè può essere meritevole di una pena temporale, da soddisfare o nel corso della vita terrena o nell’altra vita mediante il purgatorio. Dal mirabile tesoro della chiesa, prima ricordato, fluisce l’indulgenza che sostituisce, eliminandola, quella pena temporale. La dottrina  di fede circa le indulgenze e la lodevole pratica di esse confermano, e con speciale efficacia applicano in ordine al conseguimento della santità, i misteri tanto consolanti del corpo mistico di Cristo e della comunione dei santi” (Enchiridion indulgentiarum quarto editum, 16.7.1999).
 
2. Va ricordato che la penitenza imposta dal  sacerdote è parte integrante del sacramento.
Pertanto se viene volontariamente tralasciata, si profana il sacramento che in tal modo rimane mutilo.
L’omissione volontaria della penitenza costituisce un peccato.
Data l’esiguità della penitenza imposta, si presume che sia un peccato solo veniale.
Obbliga sub gravi (gravemente) solo se si tratta di una penitenza consistente e della quale il sacerdote ricorda che è sub gravi.

3. Va detto inoltre che nessuno di propria iniziativa può mutare la penitenza imposta dal sacerdote nell’atto della confessione.
Essa ci viene data in virtù della potestà giudiziaria del sacerdote confessore.
Solo un altro sacerdote, e nell’atto della confessione, può mutarla.

4. Infine va ricordato che sebbene l’indulgenza plenaria sia un tesoro molto bello donato dalla Chiesa, tuttavia non è così facile da ottenere.
Non è sufficiente semplicemente l’espletazione dell’opera prescritta, ma è necessario anche il totale ripudio del peccato, compreso quello veniale.
Solo in questo modo l’indulgenza plenaria rinnova in radice la persona.
Diversamente rimarrebbero in noi proprio quei resti di inclinazioni non belle o quel “focolaio infettivo di peccato” (così lo chiama Giovanni Paolo II in Reconciliatio et penitentia, 31,III ) che necessitano l’ulteriore purificazione dopo la morte (il Purgatorio) e “la mortificazione e la penitenza la penitenza” nella vita presente (Ib.).

Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo