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Quesito

Caro Padre Angelo,
La ringrazio molto per i Suoi suggerimenti su come vivere questa Quaresima e per la benedizione.
Ne approfitto per farLe una domanda circa l’infallibilità del Papa.
Poco tempo fa, ho letto (non ricordo dove) di una sorta di tripartizione del Magistero papale, all’interno del quale si potrebbe fare una distinzione tra Magistero extraordinario infallibile (che si ottiene, a quanto ho capito, quando il Papa parla ex cathedra invocando l’infallibilità papale), Magistero ordinario infallibile e Magistero ordinario non infallibile. Di seguito i miei dubbi.
1. Quando il Magistero ordinario è infallibile e quando non lo è?
2. Oppure questa tripartizione non è veritiera?
3. Ma se non fosse veritiera, questo significherebbe che, quando il Papa non invoca l’infallibilità, egli è sempre fallibile (ma allora dovremmo buttar via gran parte dell’operato della Chiesa) o che egli è comunque sempre infallibile (ma allora non sarebbe mai necessario invocare l’infallibilità, poiché il Papa sarebbe infallibile in ogni caso).
4. Se il dogma dell’infallibilità papale è stato stabilito anch’esso con un dogma, prima del quale naturalmente non vi era già un dogma sull’infallibilità papale, come si può affermare che quel dogma non sia fallibile?
Mi scuso per la quantità di domande, spero di non averLa disturbata.
La ringrazio ancora e Le auguro una buona serata
MS


Risposta del sacerdote

Caro MS,
1. la tua mail mi chiede di parlare del magistero papale. Mi pare di comprendere che tu ti riferisca al magistero del Papa da solo.
Pertanto nella risposta mi attengo esclusivamente a questo ambito, perché il magistero della Chiesa esprime anche attraverso il collegio dei vescovi riuniti in concilio ecumenico e pertanto con la presenza di Pietro e sotto l’autorità di Pietro (cum Petro et sub Petro).

2. Il Magistero del Papa si esprime in tre forme: può essere definitoriodefinitivo e autentico.

3. Si dice “definitiorio” quando viene definita solennemente una verità con un pronunciamento ex cathedra da parte del Romano Pontefice” (Nota dottrinale illustrativa della Professione di fede, 30 giugno 1998, n.9).

4. Quando il Papa esprime questo tipo di insegnamento deve dirlo chiaramente, come viene ricordato dal codice di diritto canonico: “Nessuna dottrina si intende infallibilmente definita, se ciò non consta manifestamente” (CJC 749,3).
Negli ultimi due secoli è avvenuto solo due volte: con la proclamazione del dogma dell’Immacolata concezione della Beata Vergine pronunciato da Pio IX l’8 dicembre 1854 e con la proclamazione del dogma dell’Assunzione in cielo della Beata Vergine in anima e corpo fatto da Pio XII il 1 novembre 1950.

5. Il Magistero è definitivo quando una determinata dottrina viene “confermata o riaffermata dal Romano Pontefice, anche senza ricorso a una definizione solenne, dichiarando esplicitamente che essa appartiene all’insegnamento del Magistero ordinario e universale” (Ib.).
Tale è stata la dichiarazione di Giovanni Paolo II sul conferimento dell’ordinazione sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini: “Pertanto, al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli, dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa” (Ordinatio Sacerdotalis, 22.5. 1994, n. 4).

6. Ugualmente si tratta di Magistero definitivo e pertanto infallibile quando ci si trova di fronte ad un insegnamento la cui autorevolezza si deduce “in modo particolare dal carattere dei documenti, o dall’insistenza nel proporre una certa dottrina, o dalla maniera di esprimersi” (Lumen gentium, 25).
In questo caso non è necessario che il Papa dica che il suo insegnamento è definitivo, perché può risultare tale dal tenore dell’insegnamento stesso, come ha dichiarato la Congregazione per la dottrina della fede in una nota dottrinale illustrativa della formula conclusiva della professione di fede (professio fidei): “Inoltre l’intenzione del magistero ordinario e universale di proporre una dottrina come definitiva non è generalmente legata a formulazioni tecniche di particolare solennità; è sufficiente che ciò sia chiaro dal tenore delle parole adoperate e dai loro contesti” (n. 17).

7. Vi è infine il Magistero ordinario autentico che non è presentato in forma definitiva, come avviene quando nella professione di fede (professio fidei) si dice: “Aderisco inoltre con religioso ossequio della volontà e dell’intelletto agli insegnamenti che il Romano Pontefice o il Collegio episcopale propongono quando esercitano il loro magistero autentico, sebbene non intendano proclamarli con atto definitivo”.
La Nota dottrinale illustrativa della Professione di fede a proposito di tali dichiarazioni dice: “A questo comma appartengono tutti quegli insegnamenti – in materia di fede o morale – presentati come veri o almeno come sicuri, anche se non sono stati definiti con giudizio solenne né proposti come definitivi dal magistero ordinario e universale. Tali insegnamenti sono comunque espressione autentica del magistero ordinario del Romano Pontefice o del Collegio dei Vescovi e richiedono, pertanto, l’ossequio religioso della volontà e dell’intelletto. Sono proposti per raggiungere un’intelligenza più profonda della rivelazione, ovvero per richiamare la conformità di un insegnamento con le verità di fede, oppure infine per mettere in guardia contro concezioni incompatibili con queste stesse verità o contro opinioni pericolose che possono portare all’errore.
La proposizione contraria a tali dottrine può essere qualificata rispettivamente come erronea oppure, nel caso degli insegnamenti di ordine prudenziale, come temeraria o pericolosa e quindi «tuto doceri non potest» (non può affatto essere insegnata)” (n. 10).

8. Va precisato che l’infallibilità riguarda il Magistero sulle verità di fede o di morale.
Inoltre più che parlare di infallibilità del Papa, per cui si potrebbe pensare che ogni suo atto oppure ogni sua parola sia immune da imperfezioni o errori, il Concilio Vaticano I dice che le sue espressioni sono di per se stesse irreformabili.
Pertanto  le nomine o le disposizioni disciplinari del Papa potrebbero non essere perfette.
Talvolta, salvo il rispetto, potrebbero essere anche discutibili. Ciò nonostante si richiede l’obbedienza.

9. Le verità che sono state definite come dogma di fede, prima di questa sentenza dogmatica, appartenevano alla dottrina definitiva della Chiesa. La nota dottrinale illustrativa della professione di fede menziona a titolo di esempio proprio la cosiddetta infallibilità del Papa.
Ecco che cosa dice: “Il primato del Successore di Pietro è stato sempre creduto come un dato rivelato, sebbene fino al Vaticano I fosse rimasta aperta la discussione se l’elaborazione concettuale sottesa ai termini di «giurisdizione» e «infallibilità» fosse da considerarsi parte intrinseca della rivelazione o soltanto conseguenza razionale. Comunque, anche se il suo carattere di verità divinamente rivelata fu definito nel Concilio Vaticano I, la dottrina sull’infallibilità e sul primato di giurisdizione del Romano Pontefice era riconosciuta come definitiva già nella fase precedente al concilio. La storia mostra pertanto con chiarezza che quanto fu assunto nella coscienza della Chiesa era considerato fin dagli inizi una dottrina vera e, successivamente, ritenuta come definitiva, ma solo nel passo finale della definizione del Vaticano I fu accolta anche come verità divinamente rivelata” (n. 11).

Ti ringrazio del quesito, ti auguro un fruttuoso cammino quaresimale, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo