Questo articolo è disponibile anche in: Italiano
Quesito
Caro Padre Angelo,
volevo chiederle:
Se una coppia sposata utilizza dei contraccettivi quando ha rapporti intimi (come il preservativo) commette un peccato? È un peccato mortale o veniale?
Se l’utilizzo è dovuto ad alcuni problemi di salute per la donna, che non può sostenere una gravidanza, è lecito?
Grazie mille per la disponibilità e un ricordo nella preghiera
Francesco
Risposta del sacerdote
Caro Francesco,
- ti rispondo riportando l’insegnamento della Chiesa senza aggiungere nulla di mio.
Ricordo soltanto che il giudizio che viene dato da parte del magistero è circa la materia, cioè il peccato in se stesso. È la cosiddetta valutazione oggettiva.
La valutazione concreta tiene conto anche della piena avvertenza della mente e del deliberato consenso della volontà. Questa è la valutazione soggettiva.
2. A proposito della contraccezione si legge nel Catechismo della Chiesa Cattolica: “Mediante l’unione degli sposi si realizza il duplice fine del matrimonio: il bene degli stessi sposi e la trasmissione della vita.
Non si possono disgiungere questi due significati o valori del matrimonio, senza alterare la vita spirituale della coppia e compromettere i beni del matrimonio e l’avvenire della famiglia.
L’amore coniugale dell’uomo e della donna è così posto sotto la duplice esigenza della fedeltà e della fecondità” (CCC 2363).
3. E ancora: “La fecondità è un dono, un fine del matrimonio; infatti l’amore coniugale tende per sua natura ad essere fecondo. Il figlio non viene ad aggiungersi dall’esterno al reciproco amore degli sposi; sboccia al cuore stesso del loro mutuo dono, di cui è frutto e compimento.
Perciò la Chiesa, che sta dalla parte della vita, insegna che qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere aperto per sé alla trasmissione della vita [Paolo VI, Humanae vitae, 11].
Tale dottrina, più volte esposta dal magistero della Chiesa, è fondata sulla connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l’uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo” [Humanae vitae, 11] (CCC 2366).
4. Nella mia edizione, oltre all’Humanae vitae, viene citata anche l’enciclica Casti connubi di Pio XI.
In ogni caso l’enciclica di Paolo VI ne fa rimando.
Ed ecco che cosa dice Pio XI: “Qualsivoglia uso del matrimonio, in cui per l’umana malizia l’atto sia destituito dalla sua naturale virtù procreatrice, va contro la legge di Dio e della natura e coloro che osino commettere tali azioni si rendono rei di colpa grave” (CC 20).
5. La dichiarazione Persona humana della Congregazione per la dottrina della fede (29.12.1975) dice con particolare riferimento ai peccati di ordine sessuale: “L’uomo pecca mortalmente non soltanto quando il suo atto procede dal disprezzo diretto di Dio e del prossimo, ma anche quando coscientemente e liberamente, per qualsiasi motivo, egli compie una scelta il cui oggetto è gravemente disordinato, in questa scelta, infatti, è già incluso il disprezzo del comandamento divino: l’uomo si allontana da Dio e perde la carità” (PH 10).
La carità è il principio vivificante della grazia perché porta Dio in noi e noi in Dio, come si evince da 1 Gv 4,16.
Perdendo la carità, si perde la grazia e ci si trova in peccato grave.
Pertanto da parte del magistero non vi è alcun dubbio che i vari disordini sessuali, contraccezione compresa, costituiscono oggettivamente un peccato grave e cioè mortale.
6. Circa la seconda domanda va tenuto presente ciò che insegna Giovanni Paolo II e cioè che “la contraccezione è da giudicare oggettivamente così profondamente illecita da non potere mai, per nessuna ragione, essere giustificata.
Pensare o dire il contrario, equivale a ritenere che nella vita umana si possano dare situazioni nelle quali sia lecito non riconoscere Dio come Dio” (17.9.1983).
La contraccezione altera il significato della sessualità rendendolo difforme dal progetto santo di Dio sull’amore umano e sul matrimonio.
7. Nel caso in cui la donna non possa sostenere una nuova gravidanza vi è oggettivamente la possibilità di osservare la legge morale facendo riferimento ai ritmi di fecondità e di infecondità del ciclo mensile della donna.
Il progetto legittimo di non accrescere il numero dei figli da parte dei coniugi non va accompagnato con la contraccezione ma con il ricorso ai ritmi di fecondità e di infecondità. È la cosiddetta continenza periodica o castità coniugale.
In proposito il Catechismo della Chiesa Cattolica dice: “La continenza periodica, i metodi di regolazione delle nascite basati sull’auto-osservazione e il ricorso ai periodi infecondi sono conformi ai criteri oggettivi della moralità.
Tali metodi rispettano il corpo degli sposi, incoraggiano tra loro la tenerezza e favoriscono l’educazione ad una libertà autentica.
Al contrario, è intrinsecamente cattiva “ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione” [Humanae vitae, 16].
Al linguaggio nativo che esprime la reciproca donazione totale dei coniugi, la contraccezione impone un linguaggio oggettivamente contradditorio, quello cioè del non donarsi all’altro in totalità: ne deriva non soltanto il positivo rifiuto all’apertura alla vita, ma anche una falsificazione dell’interiore verità dell’amore coniugale, chiamato a donarsi in totalità personale.
Tale differenza antropologica e morale tra la contraccezione e il ricorso ai ritmi periodici] coinvolge in ultima analisi due concezioni della persona e della sessualità umana tra loro irriducibili” (CCC 2370).
Ecco, caro Francesco, il pensiero della Chiesa sui problemi che hai presentato.
L’obiettivo supremo è quello della santificazione, dell’unione dell’uomo con Dio nel vincolo soprannaturale della carità.
Augurandoti ogni bene ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo