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Caro Padre Angelo,
di recente ho avuto una discussione con delle persone. Loro sostengono che quando Gesù, parlando della Chiesa dice: “le potenze degli inferi non prevarranno su di essa” si stia riferendo alla Chiesa del Cielo non alla Chiesa come istituzione sulla Terra. Quindi secondo loro la Chiesa potrebbe scomparire assieme a tutta la Terra a causa di una possibile guerra nucleare (si era fatto questo esempio). Ma è veramente così? Io non credo e sono rimasto molto perplesso.
Poi loro hanno sostenuto che un sacerdote deve dare la Comunione anche alle persone che sono pubblicamente in peccato mortale.
Le chiedo un Suo parere e La ringrazio anticipatamente.
Con affetto.
Riccardo


Caro Riccardo,
1. il Signore sta parlando a Pietro e gli ha appena detto: “E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa” (Mt 16,18).
La Chiesa che il Signore sta edificando è quella sulla terra. E la fonda sulla pietra (kefa in ebraico) che è Pietro (kefa).
San Giovanni Crisostomo commenta: “Cioè sopra questa fede e sopra questa confessione edificherò la mia Chiesa.
Parole che fanno intendere che molti crederanno nella stessa cosa che Pietro ha confessato, e che eleva la sua mente e lo rende pastore” (Commento a Matteo 16,18).
Dunque il Signore sta parlando della Chiesa che vive sulla terra.
Tra l’altro nel momento in cui Gesù parlava non c’era ancora la Chiesa celeste, e cioè l’assemblea dei santi.

2. A proposito delle parole: “Le potenze degli inferi non prevarranno su di essa” San Cirillo di Alessandria, un padre della Chiesa del IV secolo, commenta: “Secondo la promessa di Cristo, la Chiesa apostolica di Pietro rimane pura da ogni seduzione e al coperto da ogni attacco eretico, e al di sopra di tutti i governatori e i Vescovi e sopra tutti i primati della Chiesa e i suoi pontefici, nella sua completissima fede e nell’autorità di Pietro.
E mentre alcune chiese sono state segnate dagli errori di qualcuno, solo essa regna assisa in maniera definitiva imponendo il silenzio e chiudendo la bocca di tutti gli eretici; e noi, se non siamo sviati da una folle presunzione della nostra salvezza, né inebriati dal vino dell’orgoglio, confessiamo e annunziamo insieme con essa la verità e la santa tradizione apostolica nella sua forma autentica” (Lib. Thesauri).

3. Alle persone che vivono in uno stato di pubblico peccato non si può dare la Santa Comunione.
Ecco che cosa dice il Codice di diritto canonico:
“Can. 915 – Non siano ammessi alla sacra comunione gli scomunicati e gli interdetti, dopo l’irrogazione o la dichiarazione della pena e gli altri che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto”.

4. Ed è quanto insegna anche San Tommaso:
“Riguardo ai peccatori bisogna distinguere.
Alcuni sono occulti; altri manifesti o per l’evidenza dei fatti, come i pubblici usurai e i rapinatori; oppure per la sentenza di un tribunale ecclesiastico o civile.
Ebbene, ai peccatori manifesti non si deve dare la santa comunione, neanche se la chiedono.
Scrive in proposito S. Cipriano: “Per la tua gentilezza hai creduto di dovermi chiedere il parere sugli istrioni e su quel mago che, stabilitosi in mezzo a voi, continua ancora nel suo vergognoso mestiere: se a costoro si debba dare la comunione come agli altri cristiani. Credo che disdica sia alla maestà divina sia alla disciplina evangelica il lasciar contaminare la santità e l’onore della Chiesa da contagi così turpi e infami” (Epist. 61).
Invece se i peccatori non sono notori ma occulti, non si può negare la santa comunione quando la chiedono.
Perché, essendo ogni cristiano ammesso alla mensa del Signore per il fatto che è battezzato, non gli si può togliere il suo diritto se non per una ragione manifesta. Per questo, commentando le parole di S. Paolo: “Se uno tra voi, chiamandosi fratello, ecc.” (1 Cor 5,11), S. Agostino afferma: “Noi non possiamo escludere nessuno dalla comunione, se non nel caso che abbia spontaneamente confessato la sua colpa, o sia stato processato e condannato da un tribunale ecclesiastico o civile” (Glossa P. Lombardo).
Tuttavia il sacerdote che è al corrente della colpa può ammonire privatamente il peccatore occulto, oppure avvertire genericamente tutti in pubblico di non accostarsi alla mensa del Signore prima di essersi pentiti dei propri peccati e riconciliati con la Chiesa.
Infatti dopo il pentimento e la riconciliazione non si può negare la comunione neppure ai peccatori pubblici, specialmente in punto di morte.
Tanto che in un Concilio di Cartagine si legge: “Agli uomini di teatro, agli istrioni e alle altre persone della stessa risma, come agli apostati, quando si convertono a Dio, non si neghi la riconciliazione” (Somma teologica, III, 80, 6).

Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo