Questo articolo è disponibile anche in: Italiano

Quesito

Caro padre,
qualche giorno fa il cardinale Martini ha presentato a Parigi il libro "Gesù di Nazareth" del papa. Mi ha incuriosito questo rilievo del cardinale (cito dalla trascrizione della conferenza pubblicata sul Corriere):
"Penso che non tutti si riconosceranno nella sua descrizione dell’autore del quarto Vangelo quando egli [cioè Benedetto XVI] dice: «Lo stato attuale della ricerca ci consente perfettamente di vedere in Giovanni, il figlio di Zebedeo, il testimone che risponde con solennità della propria testimonianza oculare identificandosi anche come il vero autore del Vangelo» (p. 252).
La mia domanda è questa: che i quattro vangeli abbiano per autori coloro che la tradizione ricorda, che le lettere di Paolo siano state scritte da san Paolo etc. sono attribuzioni che possono essere negate, senza che la fede ne sia scossa?
Cordiali saluti, Luca.
PS: Complimenti per il sito e la rubrica! Buon lavoro a tutti.


Risposta del sacerdote

Caro Luca,
1. ti ringrazio anzitutto per i complimenti per il sito e la rubrica.
Venendo adesso al tuo quesito, va detto che la cosa più importante e intimamente legata alla fede è che questi testi sacri abbiano per autore principale Dio.
L’attribuzione dei testi sacri agli autori di cui parla la tradizione non è di per sé un argomento di fede.
Le argomentazioni contrarie vanno soppesate e valgono solo nella misura delle ragioni portate. L’importante è che non si dica che non sono testi ispirati o che non facciano parte del canone dei libri che compongono la Sacra Scrittura.

2. Venendo ora al passo citato del libro di J. Ratzinger – Benedetto XVI si vede subito che il papa stesso non si pone sul piano del Magistero, ma della ricerca scientifica: «Lo stato attuale della ricerca ci consente perfettamente di vedere in Giovanni, il figlio di Zebedeo, il testimone che risponde con solennità della propria testimonianza oculare identificandosi anche come il vero autore del Vangelo» (p. 252).
Martini sembra dubitare che la ricerca attuale consenta di vedere in Giovanni, figlio di Zebedeo, l’autore del quarto vangelo.

3. Tuttavia la prestigiosa Bibbia di Gerusalemme sul nostro argomento è a favore della tesi di J. Ratzinger. Scrive: “Un’ultima domanda resta da porre: chi è l’autore di questo vangelo, così ricco e così complesso? Quasi unanimemente, la tradizione risponde: l’apostolo Giovanni, il figlio di Zebedeo. Già nella prima metà del II sec. vediamo che il quarto vangelo è conosciuto e utilizzato da molti autori: sant’Ignazio d’Antiochia, l’autore delle Odi di Salomone, Papia, san Giustino, e forse già san Clemente di Roma…, prova che possedeva già un’autorità apostolica. La prima testimonianza esplicita è quella di sant’Ireneo, verso il 180: “In seguito anche Giovanni, il discepolo del Signore, lo stesso che riposò sul suo petto, ha pubblicato il vangelo durante il suo soggiorno a Efeso”. Quasi alla stessa epoca, anche Clemente d’Alessandria, Tertulliano, il canone di Muratori attribuiscono formalmente il quarto vangelo all’apostolo Giovanni”.

4. Del medesimo avviso è anche il noto biblista Giuseppe Segalla, che ha curato il Vangelo di Giovanni per la Bibbia Emmaus:
 “L’ultimo vangelo in ordine di tempo è quello che la tradizione attribuisce Giovanni apostolo, il discepolo che Gesù amava.
È diverso dagli altri tre, sia per il contenuto che per il modo di esposizione: si dilunga in discorsi, sempre elevati, molte volte polemici; narra pochi miracoli, sempre con fine chiaramente apologetico, che chiama segni; contiene parecchie autorivelazioni di Gesù; fa svolgere il ministero di Gesù specialmente in Giudea, invece che in Galilea, come gli altri tre evangelisti. Tutto ciò ha contribuito a far dubitare dell’autenticità e del valore storico del quarto vangelo.
Però le testimonianze non mancano: di Giovanni autore di un vangelo parla già il Canone muratoriano (170-200), il prologo antimarcionita (170), Clemente Alessandrino (200-210), specialmente sant’Ireneo (190). L’esistenza assai remota del resto è dimostrata incontrovertibilmente da alcuni papiri, trovati nelle sabbie d’Egitto, contenenti versetti del vangelo e risalenti all’inizio del II secolo. Non mancano poi le testimonianze interne allo stesso vangelo, di cui due esplicite, 19,35 e 21,24, altre implicite, che suppongono un testimone diretto, della cerchia di Gesù, buon conoscitore dei costumi, delle feste, della mentalità ebraica e della geografia palestinese, che viene indicato per ben sei volte come “il discepolo che Gesù amava”, 13,23-26; 19,25-27; 20,2; 21,7.20-23.24, con la specificazione, ripetuta due volte, che aveva posto il capo sul petto di Gesù, 13,23; 21,20. È difficile quindi dubitare che all’origine di questo vangelo ci sia Giovanni apostolo, figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo, anche se il vero estensore poté essere un suo discepolo, profondamente nutrito del suo pensiero”.

Ti ringrazio del quesito, ti accompagno con la preghiera e ti benedico.
Padre Angelo